La mafia a Fondi, provincia di Latina, esiste. Molti di voi penseranno: bella scoperta. Altri invece: ma pensa ai fatti tuoi. I giudici infine: non solo c’è ma si merita 110. Si proprio come alla laurea, solo che qui non si tratta di un bel voto ma degli anni di carcere complessivamente disposti dal Tribunale di Latina in primo grado, il 19 dicembre, per 23 dei 32 imputati. “La legalità presenta il conto” titolerà l’indomani “Latina Oggi”, quotidiano della provincia di cui un tempo (non so ora) il senatore del Pdl Giuseppe Ciarrapico risultava essere l’editore. Di questi sette sono stati condannati per associazione di tipo mafioso e due per concorso nel 416 bis. Su di loro l’accusa di aver condizionato, pesantemente, non solo il Comune m anche il Mercato ortofrutticolo (Mof), tra i più grandi d’Italia.
Dopo 49 udienze e 4 anni di indagine, ci sono volute otto ore di camera di consiglio per i giudici del collegio penale presieduto da Lucia Aielli, per emettere in tempi quasi record (per la Giustizia italiana) la sentenza di un processo che fa seguito all’operazione della Dia di Roma denominata Damasco 2. Il colpo che fa clamore è senza dubbio la condanna a 15 anni di carcere per Carmelo e Venanzio Tripodo, calabresi, di cui tre anni in regime vigilato.
La mafia a Fondi, dunque, esiste ma solo in primo grado. Per il momento.
Di Fondi mi sono occupato spessissimo non solo su questo blog (rimando all’archivio) ma anche per Radio 24, con diverse inchieste su Sole-24 Ore, oltre che nel mio ultimo libro “Vicini di mafia (www.shopping24.ilsole24ore.com) ”.
Sono stato – e posso dirlo senza sorta di smentita – tra i pochi giornalisti dei media nazionali a seguire costantemente la vicenda.
Per questo mi sono meritato anche le particolari attenzioni dell’ex Giunta di Fondi che ha pubblicato una serie di infamanti comunicati stampa su quanto regolarmente scrivevo. Uno di questi infamanti comunicati stampa giunse persino ad accusarmi di essere al soldo di tal Ciarrapico che, lo (ri)dico chiaro e tondo, ammesso e non concesso che sia il senatore di cui sopra, ho l’onore di non conoscere. E – sia ben chiaro – non lo voglio neppure conoscere. Sapete com è: a me certi passati (anche ideologici) repellono. Detto questo non solo non sono e mai sarò al soldo di nessuno se non della mia coscienza ma ho l’onore di non frequentare politici, salotti o poteri forti. E ne vado fiero.
Ma ripercorriamo, oggi, almeno un fantasmagorico comunicato stampa del sindaco dell’epoca e oggi consigliere provinciale, Luigi Parisella. E’ datato 17 aprile 2009, giorno in cui ero tornato, con le mie inchieste, a occuparmi di mafia a Fondi e provincia di Latina. Leggete bene: “Risultava singolare l'assenza ormai da tempo sulla scena mediatica di Roberto Galullo, giornalista del quotato Sole 24 ore. Oggi riappare a raccontarci di vicende di mafia a Fondi, nientemeno su input di tal Ciarrapico, così rendendo conto ai lettori di quale credibilità possa fregiarsi questa sua ulteriore uscita giornalistica.
Su suggerimenti interessati di questo o quel personaggio dell'ora, Galullo esercita la professione di giornalista discettando addirittura di mafia, scopiazzando da indagini, dichiarazioni e fatti da accertare o addirittura non coerenti con ipotesi e strategie concretamente in atto. A costui , e a colleghi della sua stessa fatta, le cui medesime notizie si rimbalzano nei loro "pezzi", poco importa se la loro attività di incauta informazione procuri danni rilevanti alle comunità locali di riferimento, in termini di sfiguramento della loro immagine, di accuse infamanti associando la città di Fondi alle peggiori realtà malavitose (come affermato nella sua prima uscita), lanciando sospetti ingiustificati sul Mercato ortofrutticolo di Fondi (Mof),"influenzato da famiglie e clan malavitosi". E' questa una sorta di "storiella" raccontata e ripetuta da parte delle annuali "relazioni antimafia" che da circa un trentennio descrivono la città di Fondi e il Mof in preda a famiglie malavitose”.
E’ o non è fantastico ciò che ha scritto Parisella nei miei confronti e nei confronti dell’intelligenza degli italiani?
Ma, devo confessarlo, a me è andata di lusso. Al bravissimo ex prefetto di Latina, Bruno Frattasi andò peggio. Nonostante una relazione esauriente di ben 500 pagine con le quali metteva nero su bianco al Viminale la logicità che avrebbe dovuto portare allo scioglimento del consiglio comunale, fu infamato e sbeffeggiato in ogni modo dai paladini dell’illegalità che a Fondi e provincia di Latina crescono come funghi. Fu rimosso (ah scusate: fu promosso) e ovviamente il ministro-sassofonista Roberto Maroni non ci pensò neppure a sciogliere il Comune cassaforte di voti per il Pdl e oggi – Dio esiste – Frattasi è capo di gabinetto del ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. Nomina migliore non poteva essere fatta.
PAROLA AL COMUNE
Due anni dopo e una condanna in primo grado passata alla storia – e pur ribadendo che nessuno è colpevole fino a sentenza passata in giudicato, ergo nulla è stato ancora scritto per sempre – il Comune di Fondi torna di nuovo protagonista del dibattito.
Tra i condannati in primo grado, ci sono infatti anche tre dipendenti del Comune: l’ex dirigente al Lavori Pubblici, condannato a 1 anno di reclusione, l’ex comandante della Polizia locale, 9 mesi di condanna, e l’ex vice comandante della stessa Polizia municipale, anch’esso condannato a 9 mesi.
Ho volontariamente omesso i loro nomi e cognomi perché sono superflui nelle riflessioni che sto svolgendo. Nomi e cognomi che oltretutto – per i morbosi – è semplicissimo reperire su Internet.
Sono rimasti tutti e tre al lavoro, anche se in settori diversi da quelli precedenti.
Ecco cosa ha dichiarato letteralmente l’attuale sindaco di Fondi Salvatore De Meo: «Con la sentenza emessa nella giornata di ieri dai giudici del collegio penale di Latina si chiude la prima fase del processo Damasco 2, che in questi anni ha turbato non poco la città di Fondi ed il cui attuale esito non deve e non può certamente essere sottovalutato. Si tratta di una sentenza di primo grado di cui si attendono le motivazioni, che tra novanta giorni daranno a tutti maggiori elementi di lettura della stessa nel suo complesso. In merito ai dipendenti comunali coinvolti a vario titolo nel processo, nel compiacermi per la piena assoluzione della dott.ssa Tommasina Biondino perché "il fatto non sussiste" e "non aver commesso il fatto", non credo che l'Amministrazione comunale debba adottare nell'immediato alcun provvedimento, proprio in ragione del fatto che l'iter giudiziario non è ancora concluso. Giova evidenziare che nei confronti degli stessi risultano
già in essere procedimenti disciplinari di natura amministrativa, per i quali il segretario generale, titolare del potere disciplinare, ha ritenuto a suo tempo di sospenderne la definizione in attesa che il procedimento penale si concluda definitivamente. Nel prendere atto di quanto deciso ieri dal giudice, l'amministrazione comunale continuerà a svolgere la sua azione con la consueta attenzione e serenità».
Una scelta opinabile ma legittima in una nazione, quale la nostra, in cui è solo il terzo grado di giudizio che fa passare in giudicato una condanna e rende dunque possibile questa scelta della pubblica amministrazione.
Ci sono decine di sentenze della Cassazione che avallano questo comportamento e, per tutte, ricordo la sentenza della Consulta 26 settembre 2007, n. 20159, che ha evidenziato come il licenziamento di un dipendente in seguito a sentenza di condanna del tribunale penale, che può essere appellata, non è giustificato. In altri termini, un datore di lavoro non può legittimamente licenziare un dipendente fino a quando la sentenza penale che lo riconosce colpevole di un reato e, conseguentemente, lo condanna non passa in giudicato, ovvero non è più impugnabile con i mezzi di impugnazione ordinari (ricorso in appello, ricorso per Cassazione).
Ma la decisione del sindaco De Meo è, ovviamente, anche la più criticabile. Attenzione, è una situazione simile a decine e decine di altre in giro per l’Italia (non esiste una casistica omologata ma mi spingerei a dire anche centinaia, in questo momento storico, e migliaia nel corso degli ultimi ani). Una situazione di equilibrio forse impossibile, tra il rispetto della legge e la decisione di una sentenza che, seppur in primo grado, è pur sempre una sentenza. Un equilibrio, forse impossibile, tra la ragione e l’impulso. Una situazione di equilibrio, questa deprecabile, tra la ragion politica e la ragione della cosa pubblica.
LE REAZIONI DI BRUNO FIORE
Bruno Fiore, consigliere comunale del Pd di Fondi, più volte minacciato per la sua opera di continua denuncia di infiltrazioni mafiose, politico che ha subito azioni intimidatorie e altro soggetto che ha subito una dura campagna di diffamazione non essendoci per i suoi denigratori altri argomenti, il giorno dell’Epifania ha sparato a zero sul sindaco: “Dichiarazione grave e pilatesca, che nasconde una mancanza di volontà di riportare all’interno della macchina amministrativa del nostro Comune il senso della trasparenza e della legalità. Nascondersi dietro un falso garantismo, portato avanti per non prendere gli opportuni provvedimenti contro coloro che sono stati riconosciuti responsabili di reati legati alla loro attività di dirigenti comunali, fosse solo per una “culpa in vigilando”, denota una mancanza totale di rispetto dovuto all’intera cittadinanza del senso della legalità.
Questi tre dipendenti comunali non solo ricoprono tutt’ora incarichi di rilievo nell’organico amministrativo: l’Ing… è attualmente titolare del Settore Urbanistica, il Dott. … è responsabile della Protezione civile e il Sig. …. del Demanio, ma questi ultimi due sono stati “cautelati” dalla Amministrazione De Meo garantendo loro gli stessi stipendi che avevano prima nei loro incarichi dirigenziali.
Si capisce bene che i ruoli ricoperti dai tre dipendenti nei rispettivi settori: urbanistica, protezione civile e demanio; non sono ruoli in ambiti amministrativi secondari, ma estremamente delicati.
Si pone, quindi, una questione morale grave all’interno della macchina amministrativa, se si vuole dare un segnale forte di discontinuità rispetto ad recentissimo passato, fatto di sottovalutazione e di omertosa complicità rispetto a comportamenti non trasparenti, bisogna avere il coraggio di fare scelte decise.
Come vice Presidente della Commissione Trasparenza ho sollecitato la convocazione della stessa per discutere in ordine a questo grave vulnus morale e di legalità rappresentato dalla presenza di questi tre dipendenti condannati. Ci auguriamo che la mia richiesta venga al più presto presa in considerazione dalla Presidente della Commissione consigliere Maria Civita Paparello”.
Ricordo che proprio a Fiore, all’altro consigliere Vincenzo Trani e alla Regione Lazio era stato riconosciuto il diritto a costituirsi parte civile nel processo.
QUALCOSA DI PIU’
Filiberto Zaratti (Sel) e presidente della Commissione regionale sicurezza e lotta alla criminalità, è intervenuto anche a proposito della costituzione di parte civile. “Da oggi è chiaro, anche a chi prima voleva negare l’evidenza dei fatti, che nella provincia di Latina le mafie esistono e interagiscono strutturalmente con segmenti della politica. Per questo la sentenza del processo Damasco 2 acquista un significato di elevato valore. E’ la vittoria della legalità, delle istituzioni e della parte sana della comunità pontina. Bene ha fatto la Regione Lazio a costituirsi parte civile nel processo, stando al fianco della Procura e delle comunità danneggiate dalle mafie. Risulta invece incomprensibile la posizione del Comune di Fondi e della Provincia di Latina di non essere presenti al processo. In questo contesto la commissione che presiedo intende proseguire nel lavoro avviato da tempo. E’ mia ferma intenzione concentrare ulteriormente i lavori della commissione sui rapporti stretti tra mafia e politica, non solo nel territorio pontino, per troppo tempo sottovalutati e negati. Chi in questi anni ha sempre sostenuto che le indagini sul Mof e sul Comune di Fondi fossero soltanto frutto di un complotto mediatico e politico oggi si trova a fare i conti con la verità processuale”.
Ed allora – visto che non deve e non può competere a nessuno andare contro legge e dunque pretendere licenziamenti ingiustificati dalla sfera pubblica ma può e deve competere a ogni spirito libero riflettere sui comportamenti e sulle scelte amministrative nel loro complesso – mi piace concludere con la riflessione di Stefano Rodotà (“Elogio del moralismo”, Editori Glf Laterza, ottobre 2011) che lo stesso Fiore ha ricordato. Si riferisce alla politica ma può e deve essere estesa a chiunque abbia responsabilità “nella” e della “cosa” pubblica.
Scrive Rodotà: “La responsabilità politica riguarda il modo in cui la persona ha esercitato un potere che gli è stato attribuito. Può scattare, deve scattare, anche quando non vi sia una responsabilità penale, per il solo fatto di essersi comportati in maniera contrastante con la correttezza legata all’esercizio di una carica, alla gestione di un affare di Stato, al maneggio di denaro pubblico. E’ per questo che l’articolo 54 ( Costituzione Italiana) parla di “disciplina” e, soprattutto, di “onore”, dunque di etica pubblica, non di codice penale. Per questo è inaccettabile l’assoluzione politica fondata sulla formula “nulla di penalmente rilevante”.
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