Cari amici di blog in questo periodo di vacanze fittizie (sto ultimando il libro che uscirà a novembre) mi diverto a leggere alcuni documenti che ho lasciato, colpevolmente, indietro.
Tra questi l’ordinanza cosiddetta “Scacco matto” con la quale il 15 marzo di quest’anno la Polizia di Stato ha inferto un duro colpo alle cosche di Polistena, arrestando oltre 30 persone e sequestrando beni per un valore superiore a 30 milioni. A partire dalla famiglia Longo che domina in lungo e in largo il suo territorio. E non permette a nessuno di entrare.
Per averne contezza basta leggere le sommarie informazioni testimoniali rilasciate dal mio amico Gaetano Saffioti, l’imprenditore di Palmi che in Calabria ha forse il miglior calcestruzzo ed è in grado di assicurare il miglior ciclo completo nel ciclo del cemento: dal movimento terra in avanti.
Per questo, in Calabria, difficilmente lavora. E visto che è una persona onesta – in una terra sempre più devastata da cosche, politica, massoneria e servizi segreti deviati – ecco che dopo aver denunciato aguzzini e cosche mafiose ed essere stato messo ai margini anche dal proprio nucleo familiare, è costretto a vivere da anni sotto scorta e cercare lavoro fuori regione.
SCACCO MATTO
Saffioti viene, tra settembre e ottobre 2009, contattato da alcuni costruttori al lavoro a Polistena. Lo tirano pazzo per lavoretti di poco conto – sbancamento terra per alcune ore – ma poi non si fanno più vivi. Fino a che la Polizia, con ricostruzioni certosine, intercettazioni telefoniche e ambientali, capisce che il tira-e-molla con Saffioti, che da anni è un apprezzatissimo collaboratore di giustizia, serve solo per dare una copertura di legalità a imprese che nel frattempo si erano gettate anema e core nelle mani della cosca Longo. Ci sono intercettazioni in cui un geometra, pur intuendo di essere intercettato, se ne fotte tre quarti di avere le forze dell’ordine e la magistratura alle calcagna e prosegue imperterrito i suoi contatti e suoi sporchi affari.
IL LAVORO TELECOM
La circostanza dell’illecita ingerenza della cosca Longo nei lavori pubblici ha il valore del dogma assoluto per Saffioti che, per spiegarsi, racconta un episodio che vi prego di leggere attentamente nelle sue parole, visto che rappresenta la filosofia della ‘ndrangheta nella pura essenza. Il controllo del territorio deve essere assoluto, indipendentemente dalle cifre degli affari in gioco.
“Il riferimento ai Longo – fa mettere nero su bianco Gaetano – è dipeso dal fatto che ho avuto a che fare diversi anni fa con uno di questi soggetti, in particolare Giovanni Longo, successivamente ucciso presso un distributore di benzina.
Accadde che una squadra di miei operai, inviata a Polistena-città per fare lavori per la Telecom, di minimo importo, ritengo massimo £.400.000 di allora, fu bloccata da questo signore che pretese di incontrarmi; recatomi sul posto, il predetto mi disse che gli avevo mancato di ‘rispetto’ dal momento in cui, provenendo da Palmi, prima di fare un lavoro a Polistena non avevo ‘bussato alla porta’ come avrei dovuto; a quel punto provai a giustificarmi sulla base della scarsa entità dei lavori, per i quali mai avrei pensato di poter ‘offendere’ qualcuno, ma lui replicò che ciò non voleva dire niente, innanzi all’obbligo del ‘rispetto’ dovuto.
Tale vicenda si concluse con la perdita del pur misero lavoro che fu continuato dal Longo e dal pagamento di una somma di £.1.000.000 circa, per il fastidio arrecato, della quale peraltro forse conservo pure la fattura”.
FORSE NON E’ CHIARO
Letta così la testimonianza ha già dell’incredibile: Saffioti avrebbe dovuto pagare un milione di vecchie lire per il disturbo alla cosca.
Ma andando in profondità la storia è ancora più incredibile.
Il 24 novembre 2010 la Polizia giudiziaria acquisisce dalla ditta Saffioti srl di Palmi la documentazione menzionata dall’imprenditore. Lo stesso Saffioti consegnò una fattura emessa su carta intestata della ditta Cogeal srl, nella cui compagine societaria, come da misura camerale, figura, quale titolare nella misura del 50% Concetta Galluccio, moglie del defunto boss Giovanni Longo, alias “u signurinu”. Lo stesso Saffioti, all’atto della consegna, precisò che per mero errore aveva dichiarato che la fattura fosse di un milione di lire, mentre invece l’importo complessivo è di 2.868.000 (pari a 1481,20 euro).
Morale della favola: Gaetano riceve dalla Telecom 400mila lire (vale a dire 206,58 euro) più Iva per lavori che non ha mai eseguito perché effettuati dalla famiglia Longo che, oltre al danno, tenta di imporre anche la beffa: una fattura a Saffioti che avrebbe dovuto corrispondergli 2.868.000 per il “disturbo”.
Vi chiederete, a questo punto della storia, se Saffioti ha pagato e dunque si è piegato ai diktat della malapianta. Vi rispondo come mi ha risposto Gaetano, al quale, nonostante l’amicizia, questa domanda ho dovuto porre alla vigilia di Ferragosto: “…ma Roberto allora mi vuoi offendere…”.
Alla prossima amigos.
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