In virtuale compagnia di 7.599.000 italiani (dati Auditel) ho guardato, la scorsa settimana, la prima puntata di Vieni via con me.
Ho atteso giorni per sedimentare le mie sensazioni e confrontarle con quelle degli altri. A partire da quelle dei “nobili” commentatori. Siano essi critici, giornalisti o politici.
Io non sono nobile e allora non mi avventuro in perifrasi e lo dico subito: sto (e starò) con Saviano. Senza se e senza ma. Con e senza le critiche (attenzione: critiche democratiche e civili, non melma in faccia) che gli si possono muovere. Con gli errori commessi: piccoli o grandi che essi siano stati nel suo esordio di autore tv.
La forza degli argomenti e il caleidoscopio dei valori e dei principi mandati in onda ha superato ogni cosa. Tutto si può migliorare nella vita ma per farlo bisogna avere radici che si alimentano di linfa vitale. Saviano le ha. I suoi detrattori post-televisivi no.
Alla vigilia della nuova puntata mi ritrovo dunque a riflettere con voi di una spaventosa, disgustosa, sfrontata e impunita campagna di delegittimazione contro Saviano che non attendeva null’altro che la sua faccia in tv per lanciare nuovi veleni.
SAVIANO VAI AVANTI TU CHE A ME VIEN DA RIDERE
Contro gli è stato – salvo poche e confuse eccezioni – sputato fuoco. Nemico e amico. Ma chi sono i suoi amici? Quelli di destra o quelli di sinistra? Dia retta a me Saviano: nessuno. Ma lui lo sa già, come sa che 7,6 milioni di telespettatori non sono 7,6 milioni di amici. Figuriamoci 7,6 milioni di potenziali elettori o simpatizzanti di un virtuale partito!
Volete la mia personalissima opinione? Saviano è sempre stato e sarà sempre assolutamente solo. Nessuna tra le migliaia di mani che stringe sarebbe disposta a condividere con lui forse neppure un giorno di prigionia tra sette guardie del corpo in una vera e propria vita pubblica di merda. Battergli le mani, comprare i suoi libri, testimoniargli solidarietà a parole è un conto. Essere disposti a declinare nella propria vita l’ortodossia morale di chi fa della battaglia alle mafie uno stile quotidiano, è tutt’altra cosa.
Ma la macchina del fango – attenzione – è partita da anni e anche questo Saviano lo sa bene ed infatti molti hanno interpretato la sua lezione storica su Giovanni Falcone come una lettura a futura memoria su se stesso.
Avrebbe fatto bene a dirlo senza passare attraverso messaggi subliminali? Può darsi ma la pudicizia, la delicatezza, la riservatezza e l’onore sano di un uomo (rectius: Uomo) di 30 anni che denuncia blindato ogni mafia mentre molti suoi coetanei (da Sud a Nord) vivono liberi e con pensieri diversi in testa (dalle moto alla figa passando per il calcio e un bicchiere di vino), non consentono sofismi.
LA MAIL IN CIRCUITO
Vi racconto un sofferto episodio che, credo, chiarirà come anche i migliori (a mio modesto avviso) possano sbagliare e lanciarsi nel più clamoroso degli autogol.
Martedì 26 ottobre alle 17.55, unitamente ad altri 103 destinatari (li ho contati uno per uno) ho ricevuto una mail del Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato.
Per chi non lo sapesse, questo Centro il cui motore è il vulcanico Umberto Santino, da 33 anni (leggo testualmente dal sito www.centroimpastato.it), “è attivo contro la mafia e per la pace, tra memoria, ricerca e impegno civile”.
E, si badi bene: è proprio così e chi tratta di mafie sa che il Centro palermitano è un punto di riferimento vitale.
La mail che ho ricevuto (abbiamo ricevuto) ha un oggetto inequivocabile: “Saviano sfugge al confronto con il presidente del Centro Umberto Santino su Peppino Impastato”
Il 4 ottobre il Centro, attraverso il suo avvocato, ha spedito all’editore Giulio Einaudi una lettera diffida in cui si chiede la rettifica ad alcune affermazioni, secondo il Centro non veritiere, contenute nel libro “La parola contro la camorra” di Roberto Saviano. Secondo il Centro, il libro “ignora l’attività dei familiari, del Centro e dei compagni e sostiene che il film “I cento passi” ha fatto riaprire il processo mentre c’erano già in corso due processi contro i mandanti del delitto e la Commissione parlamentare antimafia del 1998 indagava sui depistaggi”.
IL SILENZIO DELLA STAMPA
Lo stesso comunicato lamentava “il silenzio stampa di gran parte dei giornali, ad eccezione del Corriere della sera, di Liberazione, della Sicilia e di alcuni blog, il reiterato rifiuto di Saviano a confrontarsi, chiestogli, tra gli altri, da Radio Città aperta che ha mandato in onda un'intervista a Umberto Santino”.
La ragione di tale rifiuto? E’ secondo il Centro palermitano evidente: “è una fuga dalla verità, che dimostra quanto il giovane Saviano tiene a quella affermazione non veritiera, che a suo avviso sarebbe la prova più significativa dalla potenza della parola, considerata come una sorta di Logos neoplatonico e di Verbo del vangelo di Giovanni”.
“Non possiamo che prendere atto del silenzio della stampa italiana, anche di quella democratica e di sinistra, che ha creato o avallato il mito di Saviano – prosegue il comunicato stampa del Centro – e della scarsa considerazione per la verità dei fatti del giovane scrittore ormai assurto a personaggio mediatico internazionale e predicatore televisivo”.
AFFOSSATO ANCHE GOMORRA
“Abbiamo espresso solidarietà al giovane scrittore per le minacce ricevute ma già prima del successo avevamo rilevato che Gomorra – prosegue il comunicato stampa – è un romanzo che confonde fiction e realtà, molto meno utile per la comprensione della camorra di altri testi più documentati e attendibili. Avevamo anche fatto notare che nel volume “La bellezza e l'inferno” si parla di una telefonata della madre di Peppino allo scrittore, che, da quello che ci dice Felicia, la cognata di Peppino, non risulta essere stata effettuata. Nello stesso testo si parlava del funerale della madre di Peppino in termini inesatti (c'erano "molti ragazzi", non c'era il sindaco ecc.). Al funerale hanno partecipato centinaia di persone, purtroppo poche di Cinisi, non solo "ragazzi", c'erano magistrati, giornalisti, protagonisti del movimento antimafia degli ultimi decenni, il sindaco c'era e aveva proclamato, su nostra richiesta, il lutto cittadino, e il saluto laico è stato tenuto dal presidente del Centro Umberto Santino.
Anche questo, assieme a varie imprecisioni, rilevate da più d'uno, che costellano Gomorra, dimostra la superficialità di Saviano e il pochissimo conto in cui tiene l'informazione e la documentazione. Tanto, bisogna credergli sulla Parola!”
LA MEMORIA TORNA A LIVATINO
Debbo dire che ho letto con sgomento ed enorme sofferenza questa mail, della quale, alcuni giorni fa, ho anche parlato con il mio direttore Gianni Riotta.
Ma come! Parlare del “giovane Saviano” mi ha riportato immediatamente alla mente le parole dell’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga sui “giudici ragazzini”, che avevano il loro capostipite in Rosario Livatino, il cui assassinio per mano della mafia, il 21 settembre 1990, segnò per sem
pre la mia esistenza. In quel “ragazzino” c’era tutto il disprezzo nei confronti dei giovani.
Darti del “giovane” è spesso un modo per "ammazzarti" (lo dico ovviamente con riferimento paradossale, iperbolico, verbale) con le parole, in questo Paese che non contempla null’altro che il vecchio marciume politico e ideologico.
Ma come! Dargli poi del “predicatore televisivo”, ben sapendo che di lì a poco avrebbe esordito proprio come autore tv.
Il resto della durissima lettera non lo commento neppure perché scenderei di livello.
Ora, badate bene, non voglio dire che non ci possano essere delle affermazioni corrette da parte del Centro palermitano ma attraverso questo blog chiedo a Umberto Santino che conosco da anni: non ti rendi conto che stai delegittimando una persona che seppur criticabile (e chi non lo e?) mette la sua vita sul piatto dell’informazione, della conoscenza e della coscienza antimafia?
Non ti rendi conto che tu, con il tuo prestigio costruito finora e con il prestigio di un Centro che porta il nome di una vittima di mafia limpida, stai legittimando attraverso parole sconvenienti, durissime, magari paradossalmente contenenti elementi di ragione, chi non aspetta altro che annoverarti tra le fila dei detrattori di Saviano? Uno come te, capisci, che è invece indubitabilmente dalla parte della legalità?
Non ti rendi conto Umberto che una cosa è commettere errori di costruzione e ricostruzione all’interno di uno o più libri (quanti ne avrò commessi anche io ma sempre in buona fede) e un’altra cosa è trovarsi, per quegli errori, esposto al ludibrio e agli attacchi di chi nel frullatore mescola tutto?
Un’ultima domanda vorrei farti: ma tanti bersagli che potevi scegliere, perché Saviano? Perché?
LA PROVA DEL NOVE
Dopo quel comunicato stampa è partita una improvvisata girandola di risposte. Alcune sono giunte a tutti. Altre, suppongo, solo a Umberto Santino.
Ebbene, a leggerne una mi sono venuti i brividi. Ometto il nome per evitargli di godere nel leggersi ma costui fa espressamente riferimento alle asserite frequentazioni di Saviano con personaggi poco raccomandabili e di sue ambiguità sconcertanti.
Sono senza parole! Senza parole!
Altri hanno disapprovato. Altri, per carità di patria, hanno preferito chiudere la vicenda e non dare spazio a commenti, invitando tutti a vedersela all’interno. Ma all’interno di che? Cos’è, un processo a Saviano? Ma per quali delitti, di grazia? E’ accusato di cosa? Quali sono le ipotesi di reato? Avere commesso qualche errore di ricostruzione nei libri? E’un Tribunale autoproclamatosi o cosa?
Vedi caro Umberto il tuo intento sarà stato anche nobile (la sete di verità su passaggi della vita di Peppino Impastato) ma come pretendi che la stampa ti segua in una denuncia la cui notizia, semmai, non sono gli eventuali errori di Saviano ma il tuo attacco frontale a un intellettuale che commetterà pure sbagli ma che è un patrimonio di valori per questa povera Italia alle prese con il bunga-bunga?
A PROPOSITO DI STAMPA
Non sto qui a tediarvi con la summa degli articoli che si sono interessati più di Saviano che dell’intera trasmissione di Fabio Fazio. (si contano sulle dita di una mano quelli positivi e del resto ricordiamo che già il 20 aprile Libero sbatteva in prima pagina “Anche per Saviano meno male che Silvio c’è”)
Con un’eccezione. La Gazzetta del Sud, voce ufficiale della Calabria e della Sicilia che non si scompongo mai, mercoledì 10 novembre a pagina 16 ha così titolato: “Torna Benigni ed è record di ascolti”.
Saviano non viene neppure nominato nel sommario, che recita: “Ma sfuma, per problemi di budget, l’ipotesi di rivederlo a Natale su Raiuno con il suo Dante”.
La foto almeno direte voi! Quella ci sara! No, la foto su due colonne è di Benigni.
L’incipit del pezzo è tutto per Benigni e il pezzo verte sulla trasmissione e sull’intervento dell’attore-intellettuale ma Saviano e il suo discorso di resistenza, impegno e valore civile appaiono un’appendice e vengono citati solo perché altrimenti non si poteva.
Insomma è palese: Saviano non interessa. Per carità, scelta legittima. O non deve interessare. Se non nell’occhiello dove viene confuso con altri e dove comunque il protagonista è Benigni: “Durante il suo show a “Vieni via con me” su Raitre con Fazio, Saviano e Abbado ha toccato picchi di 9 milioni di spettatori”.
Si spiega anche con questi distacchi se il Sud è mitridatizzato di fronte alle mafie e se la trasmissione Vieni via con me lunedì scorso ha sfondato al Nord mentre al Sud ha toccato percentuali imbarazzanti. Percentuali che si sono ribaltate analizzando i dati Auditel del Grande Fratello, in onda lo stesso giorno alla stessa ora. In questo caso calabresi, siciliani, pugliesi, campani e lucani sono stati affascinati e hanno seguito con la bava alla bocca tette, culi e siliconi.
Del resto il problema del Sud è il “ciaffico” come lo stesso Benigni mirabilmente ci spiegava nel film “Johnny Stecchino”.
Al Nord la consapevolezza e gli anticorpi antimafia hanno sempre più bisogno di essere corroborati e queste trasmissioni aiutano. In Veneto Il Gazzettino, a pagina 8 ha pensato (male) di non dedicare l’apertura di pagina alla trasmissione ma ha comunque titolato “Saviano: democrazia a rischio” (e io sono perfettamente d’accordo). Forse avrebbe dovuto osare un po’ di più l’ottimo Gazzettino, visto che a pagina III dell’edizione di Venezia titolava: “Mala del Brenta – Il Pg vuole in carcere i soci di Maniero”. Insomma, quasi 25 anni dopo la mafia del Brenta non è più un ricordo ma ancora una drammatica realtà.
IO NON MI SENTO SAVIANO MA PER FORTUNA…
Concludendo, quanto avrei desiderato che tutti i commenti, le analisi, le critiche e persino i furibondi attacchi rivolti all’autore di Gomorra si fossero comunque conclusi, parafrasando la splendida canzone di Giorgio Gaber portata martedì scorso sul palco da un ispirato Daniele Silvestri, così: “io non mi sento Saviano ma per fortuna o purtroppo lo sono”.
Nobili commentatori fate ancora in tempo a rimediare. Da domani i giornali e i media vi riospiteranno. E molti di voi faranno a gara per infangare ancora Saviano, patrimonio di valori, principi e regole in un’Italia a vostra misura, che balla il bunga-bunga.
p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia nuova trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica poco dopo le 21.05. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.
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