Cari amici di blog se non avete lo stomaco forte non leggete questo post.
Racconto una storia di capretti e caciotte in cambio di pensioni per invalidità inesistenti e di feti buttati nel cassonetto dell’immondizia.
Se non avessi letto – per un’intera notte, sollecitato da un lettore del blog, che colgo l’occasione per ringraziare di cuore – le carte di conclusione delle indagini firmate il 6 novembre 2008 dal procuratore capo della Repubblica di Larino (Campobasso), Nicola Magrone, non avrei creduto neppure io a quanto leggerete.
Anzi – se qualcuno avesse dei dubbi, vi consiglio due siti molisani dove scaricare l’intero documento e allora sì che avrete la riprova che non invento nulla: www.altromolise.it e www.primonumero.it.
Un documento di eccezionale forza sociale che torna di attualità in queste ore perché Vincenzo Greco, sindaco di Termoli – Comune che vede coinvolti nell’inchiesta “Black hole” l’ex sindaco ed ex parlamentare di Forza Italia Remo Di Giandomenico oltre ad alcuni dipendenti – avrebbe deciso di costituirsi parte civile nel processo penale (ho tentato di mettermi in contatto con il sindaco ma è più facile parlare con la Nasa).
Ma andiamo con ordine, in un crescendo di raccapriccio di un’inchiesta che vede coinvolti – appunto – in primis l’ex sindaco di Termoli e sua moglie, il medico Patrizia De Palma, oltre ad altri 110 indagati. Una decina sono persone normali, gente comune, di quelli che ci abitano vicino o che incontriamo al mercato. Sono loro che in cambio di una caciotta, di un capretto o anche del pietrame magari per edificare, chiedevano a medici compiacenti e ottenevano il certificato di invalidità per malattie o menomazioni psicofisiche inesistenti, che permettevano di ottenere l’agognata (e striminzita) pensione.
Gente meschina, come se ne incontra a manciate soprattutto nel Sud (spiace dirlo ma è così), dove la corruzione per questo genere di truffe è routine e rappresenta spesso un camera di compensazione – a spese dei contribuenti italiani – per la mancanza di lavoro. Un ammortizzatore sociale insomma, pagato da noi tutti a caro prezzo.
Gli altri 100 chiamati in causa dalla Procura di Larino no, non sono persone comuni. Ci sono politici: chiamata in causa, ma anch’essa respinge ogni accusa, è ad esempio l’attuale parlamentare di Forza Italia, Sabrina De Camillis, quella che si è fatta eleggere con lo slogan “Nei valori di sempre”. Intanto la Procura gli contesta i “valori” di “abuso d’ufficio” aggravato in concorso con altri.
C’è però un altro politico di peso (oltre ai tanti volti noti solo in loco, tra i quali assessori regionali) coinvolto nell’indagine, che vanta da alcuni anni un discreto contenzioso con la giustizia: Michele Iorio, dal 2001 ininterrottamente Governatore del Molise, ex senatore di Forza Italia. Medico, sul sito ufficiale della Regione si legge che è entrato in politica “mosso dalla passione civile e dagli ideali democratici”. La Procura di Campobasso, il 17 gennaio 2008, gli ha contestato di essersi mosso per “concussione e abuso d’ufficio” nell’ambito di un’inchiesta sui rapporti tra la stessa Regione e una multinazionale che opera nella consulenza (in quel caso prestata al Piano sanitario regionale), nella quale lavorerebbe (così scriveva il “Corriere della Sera” il 18 gennaio 2008) anche il figlio.
Neppure 11 mesi dopo la Procura di Larino gli invierà un’informazione di garanzia ancora per abuso d’ufficio nell’ambito di questa inchiesta denominata “Black hole”.
Black hole – traducendo dall’inglese – vuol dire “buco nero” e in questa voragine di malapolitica (accontento doverosamente i garantisti del diritto: tutta da provare) sono stati in molti a cadere.
Una rete delinquenziale – ripeto: tutta da provare – nella quale la Procura di Larino ha chiamato in causa personaggi dai quali mai ti aspetteresti che siano pronti a tradire ideali, valori e principi alla base di una democrazia.
La Procura annovera tra gli indagati l’ex Comandante provinciale dei Carabinieri Maurizio Coppola, ufficiali di Polizia giudiziaria, oltre a un pugno di marescialli, ispettori capo, vicebrigadieri, tenenti e chi più ne ha più ne metta. Una rete che si sosteneva a scopi criminali anche di piccolo cabotaggio, anche se complessivamente i reati ipotizzati dalla Procura sono associazione a delinquere, concussione, truffa, peculato, assunzioni truccate, false invalidità, favoreggiamento all’immigrazione clandestina, fi
nanziamenti pubblici illeciti ad associazioni private. E pratica illegale di aborti.
E su quest’ultima ipotesi di reato mi fermo. E sì, perché – ovviamente lo avrete capito – tutto ruota intorno al mondo sanitario. E non c’è da sorprendersi, visto che oramai i bilanci regionali sono assorbiti, in media, per il 70% da spese riconducibili ai servizi sanitari.
Di questa storia – però – non colpiscono le solite (e disgustose) vicende di complicità all’interno delle Usl per comprare apparecchiature sulle quali fare la “cresta” o costruire carriere.
Non colpisce neppure che Patrizia De Palma, moglie dell’ex sindaco e parlamentare Di Giandomenico, sia stata nel passato condannata con sentenza passata in giudicato per alterazione di stato di concorso (le furono comminati 2 anni e 20 giorni di reclusione e interdizione dai pubblici uffici per 5 anni) e ciononostante “imponeva – cito testualmente il provvedimento – la sua egemonia sul reparto di ginecologia e ostetricia dell’Ospedale di Termoli, dopo aver per giunta illegittimamente sottratto il posto al primario…”.
Non colpisce neppure che il mondo sanitario fosse diventato – secondo l’accusa – un fantastico terreno clientelare e di scambio affaristico.
Quello che colpisce è la spregiudicatezza e il disprezzo di valori su cui una comunità civile deve fondarsi.
La spregiudicatezza emerge nelle intercettazioni telefoniche e ambientali allegate al documento della Procura in cui si chiamano in causa personaggi millantandone la conoscenza (come a esempio l’ex presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo che, come appureranno i magistrati, in realtà non aveva mai messo piedi in vita sua a Termoli), emerge ancora dai i ricatti, i regali pretesi per sé e per i familiari in cambio di agevolazioni negli appalti, le violenze verbali, i pagamenti ricevuti in cambio di prestazioni che avrebbero dovuto essere gratuite o da esercitare presso le Usl, le congiure e le architetture politico- amministrative per distrarre apparecchiature sanitarie da strutture pubbliche a quelle private.
Tutto questo – a mio parere – si chiama impunità, certezza dell’impunità, oggi e sempre più agevolata da un sistema di norme, leggi e procedimenti che sembrano fatti apposta per garantire chi delinque e offendere chi denuncia.
Il disprezzo della vita umana il provvedimento della Procura di Larino lo evidenzia in più parti ma quello di cui vorrei farvi partecipi – e mi rivolgo soprattutto ai lettori più giovani di questo blog, che so essere numerosi – è ciò che si legge nelle pagine 30, 31 e 32.
A pagina 30 e riporto testualmente, provando un totale disgusto anche solo a schiacciare i tasti del pc, si legge che “il reparto di De Palma era di autentica macelleria sanitaria, conosciuto, tollerato, favorito e sostenuto da un grappolo di operatori senza scrupoli e da una dirigenza aziendale asservita al potere della coppia Di Palma/Di Giandomenico; attività spintasi a gesti sanitari estremi e propriamente criminali su pazienti che venivano sottoposte a raschiamento ancor prima dell’arrivo dell’esame e dell’immagine ecografica di embrione vivo…”
Se le leggerete queste righe messe nero su bianco dai magistrati e vincerete il raccapriccio senza vomitare, andate a pagina 32, in cui i magistrati scrivono che l’ospedale di Termoli da tempo si è segnalato come “particolarissimamente disattento finanche nella raccolta di rifiuti speciali in comuni pattumiere per i rifiuti, compresi feti provenienti dal reparto di ostetricia, a testimonianza della pratica anche antica di aborti avventurosi, praticati e tollerati…”. E tutto ciò per i responsabili era “una sbadataggine, immeritevole anche di una sanzione disciplinare…”.
Chiaro? Per i vertici dell’ospedale, per distrazione, poteva capitare di gettare un feto nell’immondizia. Più o meno come gettare un torsolo di mela nella pattumiera dopo averne rosicchiato la polpa. In fin dei conti, che differenza c’è? Per me molta e per voi?
roberto.galullo@ilsole24ore.com
p.s. Qualche lettore molisano può togliermi due curiosità: 1) Di Giandomenico e la moglie sono ancora lì a fare politica e a lavorare nell’ospedale di Termoli?; 2) che fine ha fatto Coppola ex comandante provinciale dei Carabinieri di Campobasso?