Per i magistrati della sezione del Riesame del tribunale di Reggio Calabria – tutte donne, la presidente Tiziana Drago, Erica Passalalpi e il giudice relatore Angela Giunta – non ci sono dubbi. Per l’avvocato Paolo Romeo «…anche alla luce delle più recenti acquisizioni investigative, deve ritenersi confermato il suo attuale ruolo di componente apicale della direzione strategica della ‘ndrangheta, chiamata ad operare ad un livello superiore rispetto alle sue singole articolazioni territoriali e ad intervenire in situazioni in grado di coinvolgere interessi criminali più elevati».
Il collegio lo scrive a pagina 87 delle 91 pagine con le quali il 7 agosto, nel confermare l’ordinanza emessa a carico di Romeo (già condannato con sentenza passato in giudicato per concorso esterno in associazione mafiosa e, forse per questo, servito e riverito dai cosiddetti salotti della Reggio bene) dopo il rinvio disposto dalla Cassazione, ha stabilito che ci sono tutti gli elementi per «affermare l’esistenza dell’autonomo organismo associativo posto in posizione di vertice e costituito dalla cupola riservata della ‘ndrangheta».
Ne ho già scritto lunedì per alcuni aspetti (e al link rimando) ma oggi e nei prossimi giorni continuerò a sviscerare i motivi di questa decisione collegiale di ben tre giudici perché, a quanto pare – e pur in attesa di una eventuale sentenza di condanna passata in giudicato fino alla quale ciascun indagato è sacrosantamente non colpevole – i giudici calabresi (quindi terzi per logica e legge rispetto alla pubblica accusa) sembrano ancora seguire l’evoluzione della specie mafiosa dipinta dalla Dda di Reggio Calabria che vede una cupola superiore, invisibile e riservata rispetto all’esercito di putridi ‘ndranghetisti (per me è sempre stato così ma le opinioni di un giornalista non entrano per fortuna in un consesso giudiziario).
Non passi sotto silenzio quel passaggio dei giudici «…anche alla luce delle più recenti acquisizioni investigative…» perché la difesa di Romeo, facendo il proprio mestiere, nelle memorie difensive aveva puntato molte carte sul fatto che le nuove indagini della Dda reggina sul loro assistito, in realtà, fossero una mera ripetizione dei capi di imputazione già mossigli nei processi Olimpia (dove venne condannato con sentenza poi passata in giudicato) e Caso Reggio (dove venne invece assolto). Insomma una clamorosa riproposizione del medesimo fatto storico-naturalistico, un bis in idem palese alla luce del sole.
E invece, per un collegio giudicante, nossignori. Perché nel prendere in considerazione le condotte associative del nostro, che sono state realizzate dal 2005 in avanti, il collegio ritiene che il procedimento che vede Romeo ora imputato non si fonda sulle stesse fonti di prova e sulle stesse prove già vagliate nel processo Olimpia. Insomma non è «un’unica storia evolutiva, un unico ruolo verticistico, un idem storico legale come reclamava la difesa».
Che non ci si trovi di fronte alla riproposizione della stessa frittata, i giudici lo confermano anche dopo, analizzando l’imputazione provvisoria a carico di Romeo nel procedimento Fata Morgana (altra cosa rispetto a quello denominato Mammasantissima), secondo il quale avrebbe promosso e diretto un’associazione segreta finalizzata ad interferire sulle funzioni amministrative pubbliche locali allo scopo di agevolare l’infiltrazione negli apparati istituzionali della ‘ndrangheta.
Il collegio sul punto è chiarissimo e fa luce ancor più piena sul profilo di Romeo. Da una parte (indagine Mammasantissima) Romeo è accusato di avere stretto un patto scellerato con Giorgio De Stefano, Alberto Sarra e Antonio Stefano Caridi. Dall’altra invece (indagine Fata Morgana) la compagine associativa è del tutto diversa ed entrano in campo i vari Antonio Marra, Antonio Idone, Giuseppe Tuccio, don Giuseppe Strangio e via di questo passo.
Non solo. E’ diverso anche l’ambito territoriale di operatività. Nel caso dell’associazione segreta (violazione della legge Anselmi) è limitata a Reggio Calabria, mentre il fatto di far parte della struttura associativa di vertice della ‘ndrangheta riguarda Reggio, provincia e su per li rami altre aree dell’intero territorio nazionale.
Basta? No, per i giudici non basta perché diverso è anche il profilo cronologico. L’associazione segreta è contestata a Romeo a partire dal 31 dicembre 2008 (forse allo scoccar del brindisi di mezzanotte?) mentre la struttura associativa di vertice della ‘ndrangheta è contestata fino al 15 luglio 2016.
Insomma, se possibile, i giudici sono stati ancor più chiari di Federico Cafiero De Raho, Giuseppe Lombardo, Stefano Musolino, Antonio De Bernardo e chiedo venia se dimentico qualche pm.
A presto guagliò.
2 – to be continued
(per la precedente puntata si legga