Terra dei fuochi/1 Per il Viminale nei primi sei mesi 2016 il fenomeno cala a Napoli, meno a Caserta

Ci sono – spesso – temi che i media affrontano solo in tempo di emergenza. Vai poi a capire se quell’emergenza – in realtà – tale non è ma rappresenta – e magari da anni – un elemento strutturale del territorio e non congiunturale.

Uno di questi temi è la cosiddetta “emergenza” nella terra dei fuochi vale a dire quella popolatissima fetta di territorio campano – compreso principalmente tra la provincia di Napoli e quella di Caserta – nella quale nel corso dei decenni si è compiuto ogni tipo di scempio ambientale con devastazione permanente del suolo e del sottosuolo.

Ebbene (anzi: male), nel silenzio generale dei media nazionali pronti a tuffarsi sul boccone solo quando intorno schizza il sangue, il 3 agosto 2016 il sottosegretario all’Interno Gianpiero Bocci ha svolto un’interessantissima audizione presso la Commissione parlamentare sul ciclo illecito dei rifiuti, presieduta dal Pd Alessandro Bratti, di cui da oggi vi darò conto su questo umile e umido blog con alcuni servizi.

Una prima notizia incoraggiante è che si assiste ad un regresso del fenomeno iniziato nel 2013, allorché lo Stato, attraverso il Viminale, a luglio sottoscrisse un Patto con tutte le istituzioni pubbliche e private interessate e con diverse forme di associazionismo che, insieme alle istituzioni locali, vi hanno contribuito.
A cavallo tra il 2013 e il 2014, sull’onda del clamore che si era venuto a creare nell’opinione pubblica intorno alla Terra dei fuochi, il Parlamento approvò un provvedimento di urgenza (il decreto n. 136), con un ricco strumentario di misure volto ad affrontare le criticità ambientali, agricole, socioeconomiche e sanitarie, legate proprio all’illecito smaltimento dei rifiuti in Campania. Tra tali misure, l’introduzione del delitto di illecita combustione dei rifiuti e l’autorizzazione a impiegare i militari delle forze armate in affiancamento alle forze di polizia nell’attività di controllo hanno dato risultati molto importanti sul versante della prevenzione.
I dati relativi al 2015 hanno confermato e ampliato il calo del fenomeno, con un 36% in meno in provincia di Caserta e un 42% in meno nell’area metropolitana di Napoli rispetto al 2012, anno preso come punto di riferimento.
Più recentemente, i dati riguardanti i primi 6 mesi dell’anno in corso evidenziano che la flessione prosegue per la città metropolitana di Napoli con un ulteriore 10% in meno rispetto allo scorso anno e il 55% in meno rispetto allo stesso periodo del 2012.
Diversamente, in provincia di Caserta, dove maggiore era stata finora la contrazione del fenomeno, negli ultimi sei mesi si è registrato un dato in aumento del 10% rispetto allo scorso anno, ma comunque in netta diminuzione rispetto al 2012 (meno 60%).
«Il dato al rialzo nel casertano – ha spiegato Boccisi spiega essenzialmente con le difficoltà amministrative, organizzative e finanziarie che alcuni comuni stanno incontrando nell’esercitare le proprie competenze, tra le quali la raccolta dei rifiuti urbani e assimilati».

Tradotto in altri termini, vuol dire che quando la pubblica amministrazione – per un motivo o per l’altro – non può garantire il ciclo lecito dei rifiuti, allora torna con forza il fenomeno del selvaggio smaltimento dovunque e comunque.
Rispetto alla tipologia dei rifiuti incendiati, la riduzione più significativa si è registrata per gli pneumatici, che sono stati tra i materiali più pericolosi per fumi che si sprigionano dalla combustione. Continuano, però, a essere numericamente più consistenti gli incendi di tessuti (58 in provincia di Napoli e 12 in provincia di Caserta nel primo semestre 2016). Il primato spetta all’area vesuviana, dove si concentra un numero consistente di aziende tessili abusive o borderline. Tuttavia, nessuna zona ne è completamente esente.

Bene (si fa sempre per dire). Per il momento mi fermo ma a breve torno con un nuovo approfondimento.

r.galullo@ilsole24ore.com

1 – to be continued