Indagine Mammasantissima/1 Il pentito nisseno Leonardo Messina parlò di “Commissione nazionale” delle 4 mafie

E’ imbarazzante (per la loro coscienza, che spesso hanno svenduto al servizio di quaquaraqua) vedere come molti pennivendoli che fino a qualche secondo prima si affannavano a osannare la lotta alle sole mafie militari e a bollare l’esistenza di livelli superiori impastati di massoneria deviata e servitori infedeli dello Stato come il capriccio di qualche pm “ragazzino”, pochi secondi dopo il disvelamento dell’indagine Mammasantissima della Dda di Reggio Calabria (capo Federico Cafiero De Raho e il sostituto Giuseppe Lombardo), si affrettino a tessere le lodi di quel certosino lavoro osteggiato e delegittimato negli anni in ogni modo. Tanto su alcuni miseri e miserandi “sitini” quanto su media o testate di ben altro (apparente) rilievo.

Intendiamoci bene: non che – manovrati come pupazzi da sistemi marci e torbidi che comunque agiranno anche in prima persona in modo sotterraneo – i pennivendoli, passata la sbornia da cronaca, non torneranno a “gettone” a prendere ordini per delegittimare il lavoro della Dda di Reggio Calabria: il lavoro fatto e – soprattutto – quello prossimo venturo, che sarà foriero di ben altre introspezioni nel mondo del “consorzio unico” delle mafie.

Già, perché il punto è proprio questo: mentre per decenni il mondo si è affannato a rincorrere le gesta di ogni singola tessera mafiosa, nessuno si è interessato a ricostruire il puzzle a incastro di quelle stesse tessere e la cornice, unica, che le tiene insieme (ne scrivo oggi sul Sole-24 Ore).

La Procura di Reggio Calabria – da qualche anno, in silenzio e sottotraccia, nonostante le imboscate e gli attacchi coincidenti con l’indagine Meta che mise a nudo nel 2010 una prima parte del mondo “riservato” e “invisibile” della ‘ndrangheta – sta costantemente portando alla luce le connessioni tra le mafie e il quadro che insieme le sostiene.

Per capire però da dove si parte bisogna riannodare il filo della storia e ripartire dal 4 dicembre 1992, con  una storica deposizione in Commissione parlamentare antimafia del pentito Leonardo Messina. E anche io da qui partirò con una serie di articoli che porteranno a farci conoscere alcuni tra i filoni investigativi più importanti della Procura di Reggio Calabria, attraverso l’indagine Mammasantissima.

Ebbene Messina, il 30 giugno 1992, appena 19 giorni prima della strage di Via D’Amelio, aveva cominciato a collaborare con il giudice Paolo Borsellino (e di questo scrivo oggi con un’inchiesta, sul Sole-24 Ore). La strage interruppe il filo della collaborazione ma Messina lo riprese il 4 dicembre 1992 davanti al presidente della Commissione bicamerale antimafia Luciano Violante.

In quell’audizione disse cose sconvolgenti che nessuno, nella magistratura, pensò per decenni di riprendere e approfondire (eccezion fatta per le Procure di Palermo e, appunto, Reggio Calabria).

Messina, nato a San Cataldo (Caltanissetta) il 22 settembre 1955, è uomo d’onore dal 21 aprile 1982. Ha fatto alcuni anni come soldato ed è stato sottocapo della famiglia mafiosa di San Cataldo. Aveva il compito di rappresentarla – il rappresentante era difatti anziano, aveva 84 anni – e di interagire con il mandamento più importante della provincia di Caltanissetta, quello di Vallelunga.

La sua famiglia apparteneva a Cosa nostra da sempre (sette generazioni dirà lui) e non c’era dunque necessità di affiliarlo. Sposò una donna del suo stesso ambiente, nipote del sotto capofamiglia di San Cataldo e quindi era un predestinato.

Ebbe rapporti con il Sisde (l’allora servizio segreto per le informazioni e la sicurezza democratica) dal 1986 e dirà di aver fornito indicazioni – mai seguite – per catturare la commissione mondiale di Cosa nostra riunita (su questo torneremo a fine settimana nei prossimi giorni, seguendo un ordine logico delle cose).

Di una organizzazione criminale come Cosa nostra, che nasce segreta per definizione, Messina dirà che i vecchi uomini d’onore tradizionale stavano diventando un  impaccio per i corleonesi, sicché era necessario creare una struttura parallela che sostituisse Cosa nostra, una struttura parallela e ancora più segreta.

Per la prima volta, con dovizia di particolari, Messina parlerà della “Commissione nazionale”, spiegando che non esistono altre organizzazioni in Italia al di fuori di Cosa nostra. Insomma, mentre l’Italia rincorreva (e rincorre) nei decenni lo sviluppo della Commissione regionale siciliana di Cosa nostra sotto Totò Riina o la ‘ndrangheta unitaria sotto il peso del cultore delle sacre regole di Polsi Mico Oppedisano, Messina nel ‘92 spiegava inascoltato da tutti (o quasi) che «tutte le altre sono diciture ma la struttura è sempre quella di Cosa nostra; si chiamino Sacra corona unita, ‘ndrangheta, camorra e così via, ma la struttura è Cosa nostra…La ‘ndrangheta è solo un nome…Cosa nostra è la stessa in Calabria come in Sicilia…» E poi via con un esempio: «A Messina ci sono pochi uomini d’onore, si erano spostati dei catanesi ma la realtà ufficiale è ‘ndrangheta. Lei capisce – dice rivolgendosi a Violante – che sarebbe impossibile che Cosa nostra si faccia rubare il territorio dalla ‘ndrangheta: è una sola struttura ».

Lo è ancora ma delle due l’una: o si comincia a vedere finalmente la luce del tunnel mafioso se lo Stato sarà presente a se stesso magari anche con uomini e strutture degne in Calabria e in Sicilia o Lombardo salterà per aria e con lui chi avrà toccato – ovunque esso operi – i fili della “Cosa unica” mafiosa, che albeggia al riparo di logge deviate zeppe di servitori infedeli dello Stato (lo scrivo da tantissimi anni e chissà che il tempo non sia galantuomo e abbia il tempo e la possibilità di vederlo messo nero su bianco in una sentenza passata in giudicato).

r.galullo@ilsole24ore.com

1 – to be continued (si vedano anche

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/11/con-lindagine-fata-morgana-la-dda-continua-la-caccia-alle-logge-selvagge-che-governano-la-calabria/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/12/il-ricatto-per-la-dda-in-calabria-diventa-arte-e-reggio-e-governata-da-un-circolo-di-pescatori/)

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/13/le-mire-delle-logge-occulte-sui-finanziamenti-miliardari-nellarea-metropolitana-dello-stretto-di-messina/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/19/i-comitati-daffari-riservati-in-calabria-lindagine-meta-apre-la-strada-fata-morgana-ne-segue-la-scia/)

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/20/i-riservati-in-calabria-per-la-dda-ce-chi-galleggia-al-di-sopra-della-triade-mortale-de-stefano-tegano-condello/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/06/28/dio-quanto-piace-il-ponte-sullo-stretto-al-network-scoperto-dalla-dda-di-reggio-calabria/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/06/29/indagine-fata-morgana7-ecco-la-fusione-della-ndrangheta-con-la-massoneria-in-calabria/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/06/30/il-pentito-cosimo-virgiglio-i-clan-indicano-i-signori-della-reggio-bene-autorizzati-a-vestire-il-grembiule/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/?from=13/07/2016&to=13/07/2016

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/?from=14/07/2016&to=14/07/2016)

  • paolo |

    Sempre in quella audizione, per esempio, dice papale papale che
    “Negli anni ’80 le famiglie palermitane creano la sacra corona unita per gestire il traffico di droga coi paesi dell’Est. La Puglia aveva coste meno controllate e più vicine”
    Dice che la ‘ndrangheta è presente in Sicilia nella città di Messina (dove c’era anche un certo Rosario Cattafi).
    E afferma anche che
    “Dai centri NATO escono armi, giubbotti, cartucce. Tutto quello che si vuole… Avete visto come sono attrezzati!”
    E spero sia superfluo ricordare che in tali centri, così come nelle ambasciate e nei consolati, ci fossero le logge massoniche di riferimento.

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