Il 25 agosto 1990 Licio Gelli, morto ad Arezzo il 15 dicembre 2015 ed ex Maestro Venerabile, scrive a Giuliano Di Bernardo, all’epoca Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia (Goi) poi, dal ’93, Gran Maestro della Gran Loggia regolare d’Italia e dal 2001 a capo di Dignity Order, un ordine internazionale con sede a Vienna.
Di alcuni brani di questa lettera ho dato conto sul Sole-24 Ore in un articolo scritto il 18 dicembre 2015. La scorsa settimana – su questo umile e umido blog – ho fornito altri approfondimenti (rimando al link a fondo pagina).
Oggi do conto di un ultimo, interessante paragrafo, che Gelli dedica all’opinione pubblica, a suo avviso più saggia dei tre saggi ai quali l’allora presidente del Consiglio Arnaldo Forlani diede incarico di pronunciarsi sulla segretezza della loggia P2. Ecco cosa scriverà Gelli nella lettera del ‘90: «La popolazione italiana diede in quei giorni una sonora lezione ai tracotanti accusatori della Massoneria. Nella tornata elettorale amministrativa di giugno, infatti, (tornata di grande valore perché comprendeva l’intera Sicilia (21 giugno 1981, ndr), Roma, Genova, Bari e altri comuni e province di molte regioni), gli elettori riversarono i loro suffragi proprio sui partiti più “compromessi” con la Massoneria (vedi il Psi e il Psdi), penalizzando invece i comunisti. Essi si erano presentati al corpo elettorale con lo slogan: “Noi non siamo della Massoneria e della P2”, significando di essere i soli non contagiati da un’organizzazione segreta, quintessenza di quanto più torbido, criminale (si parlava già del delitto Occorsio), antidemocratico si potesse immaginare. Solo i comunisti, insomma, sarebbero stati degni del voto popolare. Ed è inutile dire quale svolta avrebbe subito il quadro politico italiano, e quali ne sarebbero state le conseguenze, se l’impostura avesse trovato credito».
Sarà anche vero ma a Roma il Pci ottenne 619.049 voti (36,06% dei voti e primo partito) e 31 seggi. Luigi Petroselli (Pci) venne rieletto sindaco ed ebbe 130mila voti di preferenza.
A Genova il Pci prese 197.914 voti, pari al 39,63% dei voti (primo partito anche qui) e 33 seggi. Il partigiano Fulvio Cerofolini (Psi) governò la città dal 2 aprile 1975 al 13 ottobre 1985.
A Bari – tradizionalmente all’epoca feudo della Dc – il Pci si difese con 34.382 voti (il 15.95% risultando il terzo partito) con 10 seggi ottenuti.
In Sicilia, infine, il Pci prese 552.399 (20,7%) e strappò 20 seggi. Si piazzò dietro la Dc (che lì regnava) che ne prese 38.
r.galullo@ilsole24ore.com
3 – the end (per le precedenti puntate si leggano