La Prefettura di Napoli fa quadrato con le altre Istituzioni dello Stato e mette le conoscenze a fattor comune

Sono appena tornato da Napoli dove ieri sera ho avuto il piacere di moderare la tavola rotonda “Azione e strumenti di contrasto a tutela delle Istituzioni e dell’economia nella lotta alle mafie” organizzato dalla prefettura del capoluogo campano.

Sapete che la schiettezza non mi fa difetto e dunque non uso a caso il termine piacere. Il prefetto di Napoli, Maria Gerarda Pantalone, infatti, è riuscita in un’operazione che facile non è mai: far incontrare le Istituzioni (e vabbè, fin qui qualcuno ci riesce pure) ma, soprattutto, farlo alla luce del sole (e qui è già molto più difficile).

Tutti i prefetti della regione, infatti, sedevano sullo stesso palco e, di fronte, il pubblico e quei pezzi fondamentali dello Stato nella lotta alle mafie e ai sistemi criminali: Carabinieri, Dia, Polizia, Guardia di finanza, magistrati, giudici, con la stampa, gente comune e via di questo passo.

Sono solo 30 anni che faccio questo mestiere e se una cosa ho imparato è che lo Stato (le sue varie articolazioni) fanno spesso di tutto per rendere onore al principio “l’informazione e la conoscenza sono potere” e, dunque, meno circolano e meglio è.

Al contrario, con questa iniziativa che non è certo la prima perché è stata solo un anello di una catena molto più lunga, fruttuosa e redditizia (come potrete leggere la prossima settimana su questo blog) la prefettura di Napoli ha cercato, cerca e cercherà di mettere a fattor comune (come dicono i dotti ai quali non appartengo perché l’ignoranza è l’anima del giornalismo) un patrimonio di conoscenze e informazioni.

Ma andiamo per gradi e, su questa falsariga, vale la pena di iniziare con il sigillo a questo principio di trasparenza e condivisione che è stato posto dal procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti che ha aperto e chiuso i lavori, a testimonianza che la coralità dello Stato non è una parola vuota.

Roberti ha infatti ricordato una recente circolare del ministro dell’Interno Angelino Alfano che punta inequivocabilmente alla circolarità delle informazioni e che fa seguito all’istituzione di quella Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia prevista dal codice antimafia in funzione dal  22 gennaio 2015 e che sarà connessa con le altre costituite presso il Ministero dell’Interno, la Dia (per i dati acquisiti nel corso di accessi ai cantieri) e quelle detenute da soggetti pubblici contenenti dati necessari per il rilascio della documentazione antimafia.

Sulla base dei dati immessi dall’operatore che effettua la consultazione, il sistema informativo, se l’impresa è censita, verifica le informazioni esistenti negli archivi della stessa banca dati, nonché nelle altre banche dati collegate. Se non risultano a carico degli interessati le cause di divieto, sospensione e decadenza di cui all’articolo 67 del codice antimafia, la Banca dati nazionale rilascia immediatamente, per via telematica, al soggetto richiedente, la comunicazione antimafia liberatoria.

Dal gennaio 2016 la banca dati unica dovrebbe entrare a regime.

Bene. Mi fermo qui ma solo per oggi perché, come ho scritto sopra, questo è solo il primo servizio che dedicherò all’incontro di Napoli. La prossima settimana proseguirò con altri approfondimenti e spunti suggeriti dalle esperienze (e non, dunque, dalle parole) dei prefetti di Caserta (Arturo De Felice, ex direttore della Dia), di Benevento (Paola Galeone), di Salerno (Giuseppe Forlenza) e di Avellino (Carlo Sessa), oltre che della stessa prefettura di Napoli guidata da Pantalone.

r.galullo@ilsole24ore.com

1 – to be continued