Alle 17.05 del 23 febbraio, vale a dire poche settimane or sono, l’ex assessore all’energia e ai servizi di pubblica utilità della regione siciliana, Nicolò Marino, si siede davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.
Marino, già magistrato alla Dda di Caltanissetta, ha assunto l’incarico quando è stato autorizzato dal Consiglio superiore della magistratura, il 12 dicembre del 2012 e ha ultimato l’incarico di governo il 14 aprile 2014.
Dire che la sua relazione stordisce, è dire poco.
Una parte importante è sulla situazione di monopolio nella gestione delle quattro discariche private, che Marino cita espressamente: Catanzaro Costruzioni a Siculiana, Oikos a Catania, Sicula Trasporti a Catania, Mazzarrà Sant’Andrea a Messina. «Si voleva innanzitutto iniziare a bilanciare il monopolio dei privati nella gestione delle discariche – dirà Marino di fronte ai commissari lasciando fuori da questa parte di analisi la provincia di Palermo – perché era una situazione surreale: il gestore privato, dimentico di esercitare un servizio di interesse pubblico (intervenni poi con una circolare in materia), chiudeva la discarica al comune che non corrispondeva il prezzo alle condizioni talvolta dovute a richieste unilaterali di modifica contrattuale da parte del gestore. Avveniva il surreale che Monreale andava ad abbancare a Catania, quindi gli autocompattatori viaggiavano, con buona pace della tutela ambientale, per tutto il territorio siciliano proprio per questa ragione. Qualche sindaco nel messinese (non me ne vorranno se ci sono deputati del messinese) un po’ ci ha marciato a non pagare i prezzi di conferimento, però in gran parte il problema era serio e, come sapete, ha determinato l’indebitamento degli Ato e di tutti i comuni. Viene dichiarata l’emergenza, il 20 dicembre del 2013 riusciamo a pubblicare tre bandi per tre discariche. Sapevamo già la situazione di Mazzarrà Sant’Andrea, perché avevamo un monitoraggio e prescindendo dai lavori della Commissione sapevamo cosa sarebbe accaduto, quindi uno a Messina, Enna abbancava a Catania, quindi Enna, dovevamo creare una concorrenza su Siculiana e quindi ripotenziare Gela, non perché fosse la terra di provenienza del presidente della regione, ma perché logisticamente si imponeva di intervenire lì».
Marino va avanti con la sua relazione e ad un certo punto, dopo avere approfonditamente parlato della necessità avvertita di fare impianti, termovalorizzatori, riciclo dei rifiuti e via di questo passo, ricorda che nel frattempo doveva formalizzare lo stato dell’arte per le quattro discariche private.
Siculiana
Marino costituisce quindi una commissione composta dal suo vice capo gabinetto, tal Buceti, un vicequestore che era alla Dia a Caltanissetta con cui aveva collaborato quando era magistrato, da tal ingegnere Pace e da una dirigente dell’Arpa di Palermo, tal Di Franco. Il Nucleo operativo ecologico (Noe) dei Carabinieri di Palermo aveva già contattato Marino mesi prima (lo afferma lui alla Commissione) e formalizzerà successivamente una richiesta di supporto tecnico, una sorta di consulenza tecnica nelle fasi di preliminari investigazioni (chiaramente erano delegati dalla procura di Palermo, dice ancora Marino) per quanto riguarda la discarica di Siculiana. «Stavamo parlando della vicenda nota alla Commissione ambiente del vicepresidente di Confindustria – proseguirà il magistrato che se non erro esercita ora le sue funzioni a Roma –. Per quanto riguarda Catanzaro, anni prima, quando io ero in procura a Caltanissetta un collega si occupò di un’altra vicenda, perché il gruppo Catanzaro aveva chiesto di costruire ad Astro, un comune in provincia di Enna, una piattaforma privata. All’epoca era Ministro la Prestigiacomo, il dottor Lupo era direttore generale, ci fu una levata di scudi della popolazione perché era una zona agricola coltivata.
Ci fu un sopralluogo del ministro, del colonnello Di Caprio, vice comandante del Noe, e del dottor Lupo per capire cosa stesse accadendo. Questo sopralluogo fu fatto di venerdì o di sabato, il lunedì successivo (sto parlando di 4-5 anni fa) chiesero gli atti e poi Catanzaro ritirò ogni richiesta. Ci fu però una vicenda giudiziaria che io non conosco bene, ma mi ricordavo di Catanzaro anche sotto questo profilo e lo abbinavo al discorso che il Noe lo attenzionava da tempo anche per questa vicenda che aveva visto la presenza di Di Caprio.
Cosa era accaduto per la creazione di questa benedetta discarica? Lo troverete anche nella relazione della commissione che vi posso mettere a disposizione, ma sicuramente il dottor Lupo ve ne potrà dare ulteriori copie. Erano sorti dei problemi fra l’allora sindaco del comune di Siculiana e il gruppo Catanzaro, perché questa discarica su terreni di proprietà del comune (alcuni in corso di espropriazione) la voleva fare il comune di Siculiana.
Lì nacque una delle tante surreali vicende antimafia siciliane, perché il sindaco venne arrestato insieme al capo dell’ufficio tecnico e del comandante dei vigili urbani perché accusato da Catanzaro di voler costruire e gestire questa discarica per favorire dei mafiosi. Il sindaco verrà poi assolto, quindi l’antimafia nasce con questo passaggio drammatico e surreale. Ebbi poi modo di incontrare il sindaco, che credo sia tutt’oggi molto colpito da quella vicenda giudiziaria.
Vengono assolti e il Noe ci chiede di svolgere degli accertamenti anche sulle particelle perché il giudice è molto duro in questi passaggi. Vi consegno la nota del Noe… Questa parte dovremmo segretarla».
Secretazione dopo secretazione
Marino dunque, per gli aspetti più delicati, che ci piacerebbe tanto conoscere, chiede e ottiene di secretare la seduta. Capiamo però, dalle stesse parole del magistrato quando i microfoni vengono riaperti e le telecamere riaccese, almeno che il Noe fare una disamina completa di tutte le autorizzazioni di cui aveva beneficiato la Catanzaro costruzioni.
Poi Marino riprende a battere il tasto della discarica privata di Catanzaro Costruzioni, sembra quasi un duello personale e i precedenti di anni di querele, denunce e controdenunce tra i due sembrano suggerirlo e dunque c’è da attendersi che lo scontro continuerà quando la Commissione si recherà in Sicilia e non potrà non ascoltare Catanzaro e gli altri proprietari o gestori delle discariche private.
«Ironia della sorte, chi voleva criticare il Governo della Regione siciliana e chiedeva l’emergenza grazie solo all’emergenza aveva avuto la possibilità di costruire e gestire questa discarica – dirà infatti Marino –: tutta la storia della discarica di Siculiana passa per l’emergenza, anche con alcuni atti prefettizi in cui probabilmente ci sono degli errori. Non voglio però dilungarmi sul contenuto tecnico, che potrete valutare autonomamente. Poniamoci sul problema autorizzativo a monte con cui appunto avevo iniziato il mio intervento. Qui ci sono dei casi di scuola di palesi violazioni della normativa, gravissime violazioni di leggi poste in essere dal territorio e ambiente a favore della Catanzaro costruzioni. Farò due passaggi di cui forse uno bisogna segretare. In una delle tante autorizzazioni per ampiamento sia Via che Aia 2006, 2007 e 2008 trovate che a un certo punto l’assessorato al territorio e ambiente correttamente impone per l’ampliamento della vasca V3 gli impone di fare l’impianto di biostabilizzazione, che non verrà mai fatto. A distanza di un anno Catanzaro chiede un altro ampliamento, e lo chiede dove doveva sorgere l’impianto di biostabilizzazione, la Regione siciliana se lo dimentica e gli dà l’ulteriore ampliamento. Arriviamo al 2009. Se il Governo Lombardo fu lungimirante sulla vicenda dei termovalorizzatori, perché la Sicilia sarebbe diventata per la potenzialità di quei termovalorizzatori, così come erano stati impostati, la discarica di Europa, fu responsabile in maniera preponderante di queste violazioni amministrative. Nel 2009 si hanno i più grossi ampliamenti, che noi paghiamo oggi, delle discariche, con particolar riferimento a Siculiana e Oikos, 2,7 milioni di metri cubi per Oikos, 3 milioni di metri cubi per Catanzaro costruzioni. Gli istruttori della pratica correttamente si chiedono perché dare questa volumetria così ampia in quel territorio, perché Trapani debba avvalersi di questo, perché a Siculiana e non a Enna o in qualsiasi altro posto della regione siciliana, in quanto non era motivato, perché questa volumetria spaventosa, perché non ci fosse nulla sull’impianto di biostabilizzazione, che nel 2003 era un obbligo di legge. Purtroppo la storia italiana è fatta anche di deroghe, e di anno in anno si andò avanti con deroghe all’applicabilità della normativa europea sulla biostabilizzazione. Nel 2008 la Comunità europea si arrabbia e dice basta all’Italia, quindi il dottor Lupo come direttore del Ministero dell’ambiente emana una circolare in cui impone che non possa essere rilasciata alcuna autorizzazione senza l’impianto di biostabilizzazione, a meno che non si tratti soltanto di discariche in corso di gestione.
Come interpreta la regione siciliana questa cosa ? Che quello è un ampliamento. Fra l’altro, questa vasca V4 è anche fisicamente distinta dalle altre vasche, da cui è divisa da una strada pubblica, e 3 milioni di metri cubi non possono mai essere un ampliamento di discarica, come neanche i 2,7 milioni di Oikos. Nonostante quanto rilevato, inoltre, ritiene di non imporre l’impianto di biostabilizzazione. Vi consegno la relazione».
Ma sul più bello riparte la secretazione e dunque perdiamo ancora passaggi di una storia che sembra molto interessante, anche se da quello che si capisce Marino denuncia una serie inaudita di, come vogliamo chiamarli…presunti favoritismi e presunte concessioni benevole. Non possiamo chiamarli diversamente perché, da quel che si capisce dalla parole del magistrato, il Noe è sceso in campo ma non ci sarebbero stati esiti giudiziari (a meno che non ci siano ancora indagini o nuove indagini in corso e allora la lasciamo che sia eventualmente la Giustizia a pronunciarsi su quei fatti denunciati da Marino). Ma non possiamo chiamarli diversamente perché abbiamo la versione di Marino e attendiamo quella, si presume rovente, di Catanzaro. Quel che sappiamo per certo è che Marino si è già espresso in un suo giudizio, parlando di «casi di scuola di palesi violazioni della normativa, gravissime violazioni di leggi poste in essere dal territorio e ambiente a favore della Catanzaro costruzioni».
Ma tanti altri passaggi scottanti, nella relazione di Marino, certo non mancano, soprattutto quando passa a parlare di Oikos. «Almeno Catanzaro gestiva la discarica in maniera corretta nel rispetto della normativa ambientale – proseguirà in audizione Marino – invece Oikos era un disastro, tanto che trasmisi gli atti, perché se ne occupava la procura di Palermo perché le autorizzazioni erano state rilasciate a Palermo, quindi la competenza territoriale era di quella procura, ma per eventuali reati ambientali la competenza è di Catania e infatti sia per Mazzarrà che per Oikos furono trasmessi alla rispettiva autorità giudiziaria anche agli atti della relazione. Credo ci siano dei procedimenti, però non posso aggiungere altro.
Per quanto riguarda Oikos furono revocate tutte le autorizzazioni precedenti, c’è un problema di post mortem, una situazione gravissima anche sotto il profilo della tutela ambientale. La Regione siciliana avrebbe dovuto esercitare (questo vale anche per le vasche esaurite della Catanzaro costruzioni nella discariche Siculiana) le azioni di risarcimento danni. Anche se non ci sono responsabilità penali, non devi valutarle tu, in quanto non sei estraneo a quei princìpi di terzietà e indipendenza, che appartengono non soltanto alla magistratura, ma anche all’alta amministrazione, come cercavamo di far capire ai dirigenti della Regione siciliana e anche ai politici, che pressano troppo sui dirigenti. Alcuni dirigenti hanno avuto purtroppo la debolezza di cedere alle richieste della politica e ne hanno anche pagato le spese.
La regione aveva il dovere di intraprendere azioni di risarcimento danni perché, ad esempio, l’impianto di biostabilizzazione è una condizione essenziale del contratto. Nessuno si è accorto nel 2007 che è stato violato il contratto e manca l’impianto di biostabilizzazione ? Ci sarebbe un problema di autorizzare ampliamenti alle discariche, come sono stati dati nel 2008 e nel 2009 ? No».
Insomma, per essere oxfordiani, la situazione della gestione ambientale vista dall’ex assessore all’energia è un verminaio, con evidenti, come vogliamo chiamarle di nuovo,…stranezze.
Ed infatti Marino poco dopo sarà chiaro e tondo: «Quello che noi viviamo oggi, compreso l’esaurimento delle discariche, è il frutto di una palese gestione illecita dell’amministrazione pubblica e, leggendo tutte le relazioni, potrete verificarlo. I prezzi di conferimento in discarica chiaramente si riversano sulla tariffa, ma nessuno aveva mai accertato e (non ci arriverò neanch’io perché sono costretto ad andar via) nessuno ha mai accertato se l’investimento dell’imprenditore in 100 autisti e 100 autobotti fosse gonfiato. Nessuno l’ha mai verificato, e tutto questo modificava, unitamente ai prezzi di trasporto, i prezzi di conferimento in discarica. Questo è uno dei lavori della Commissione, non so se i miei successori abbiano spinto per questo accertamento, ma è essenziale compierlo e nessuno l’ha mai fatto.
Mi hanno chiesto a volte se potremmo avere in Sicilia problemi come nella Terra dei fuochi, ma non lo sappiamo perché sono mancati in Sicilia (e questa è un’altra grande responsabilità) i veri controlli di Arpa e provincia. Non sono i 3 carabinieri del Noe a Palermo e i 3-4 a Catania, anche perché il processo penale deve essere residuale, ci deve essere la capacità della pubblica amministrazione di ripristinare la legalità, non possiamo delegare sempre al processo penale, alle indagini, perché il processo penale può anche non raggiungere i suoi effetti per ragioni varie, ma c’è una responsabilità morale, amministrativa, politica, penale, e sono concetti assolutamente diversi, come si cercò di dimostrare.
Sono convinto che, se l’ipotesi investigativa che i colleghi di Palermo seguono è quella di un pagamento di tangenti a monte e poi per l’intervento della Corte di giustizia e per la gara deserta nel 2009 non fu possibile per i privati che si aggiudicarono e furono i firmatari delle convenzioni rientrare in un’ipotesi investigativa di quel denaro, anche perché la Catanzaro costruzioni faceva parte di una delle Ati che si aggiudicò, l’ampliamento delle discariche è sospetto.
Mi sono chiesto perché Lombardo facesse due cose contrapposte, ma la verità è che quella dei termovalorizzatori dal mio punto di vista fu una guerra politica vera e propria con il senatore Firrarello che spingeva per il discorso dei termovalorizzatori. La guerra sui termovalorizzatori, più che essere una guerra di giustizia (poi magari i fini di giustizia coincidono casualmente con altri fini, come sempre capita), mi è sembrata una guerra politica, perché non si giustifica assolutamente l’ampliamento a dismisura delle discariche del 2009 proprio sotto la gestione Lombardo».
E così scopriamo, dalla viva voce di Marino e della sua versione dei fatti, che l’antimafia vive di vicende surreali, che i termovalorizzatori erano terreno di una guerra politica personale, nessuno in Regione verificava o controllava nulla, dai tariffari alla necessità di assumere, che i controlli sanitari erano zero (sono ancora zero?), che i Carabinieri erano (sono ancora?) quattro di numero e poco potevano e ad un certo punto volarono tangenti o quantomeno era (o è) questa un’ipotesi investigativa della Procura di Palermo anche se non ho capito bene per cosa siano volate, forse per l’ampliamento delle discariche (tutte, una, alcune? Boh?).
Insomma, come riassumerà al termine dell’audizione il presidente della Commissione parlamentare Alessandro Bratti (Pd) «sono passati cinque anni ma sembra che non sia successo assolutamente nulla, anzi alcune questioni sono peggiorate. Questa come legislatori e uomini delle istituzioni è una triste e amarissima constatazione».
Sarebbe però il caso di mettere un punto fermo almeno in Commissione (si tratta di una Commissione d’inchiesta), anche perché la guerra, pure a colpi di querele milionarie tra Marino e Catanzaro e di denunce in varie procure e alle Commissioni parlamentari sui rifiuti e antimafia, prosegue come detto da anni e anche perché non solo Giuseppe Catanzaro è vicepresidente di Confindustria Sicilia ma anche perché la “ggente” vuole capire.
Nell’occasione del comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza nazionale riunitosi a Caltanissetta il 22 ottobre 2013 e dunque in periodo se non sbaglio immediatamente precedente alla contesa sulla gestione dell’ambiente in Sicilia di cui ho scritto, fu proprio la Dia, ad esempio, all’epoca guidata dal colonnello Gaetano Scillia, a citare, ma in ben altro e lusinghiero modo, Giuseppe Catanzaro (il quale, ricordiamo anche, è tra i protagonisti, con le sue accuse formalizzate con coraggiose denunce, di processi contro la mafia agrigentina e quindi, capirete, cari lettori di questo umile e umido blog, la bussola si perde e si confonde).
La Dia consegnò al ministro dell’Interno Angelino Alfano una relazione in cui si legge: «Da un pò di tempo a questa parte, invece, si assiste, sempre di più, ad una crescente reazione delle organizzazioni mafiose e dei suoi poteri collegati (come ad esempio quello dei “colletti bianchi”) contro l’azione di contrasto alla criminalità organizzata, nonché contro l’opera di legalità posta in essere in questi anni dall’associazione confindustriale di Caltanissetta e, in generale, da quella regionale. Appare ormai evidente, infatti, l’incessante azione denigratoria e di intimidazione che viene condotta (con varie modalità e diversificati strumenti) nei confronti della nuova classe dirigente confindustriale siciliana, costituita dal Cav. Lav. Antonello Montante, dal dr. Ivan Lo Bello, da Giuseppe Catanzaro, Marco Venturi e altri dirigenti), frequentemente aggredita anche attraverso il metodo della diffamazione e del discredito mediatico».
Per ora mi fermo ma domani torno con un nuovo e incredibile approfondimento, sempre sulla gestione ambientale in Sicilia.
1 -to be continued