Navi dei veleni/ Roberto Pennisi (Dna): «Gli affondamenti della ‘ndrangheta a largo delle coste calabresi? Favole»

Ai media è sfuggito che il 4 novembre 2014 il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti e il sostituto procuratore Roberto Pennisi si sono recati in audizione presso la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, costituita dopo molte tribolazioni, nell’autunno dello scorso anno.

Come sempre le loro risposte sono state degne di interesse ed è per questo che ho deciso di porvi attenzione con una serie di articoli su questo umile e umido blog, partendo da quella che, giornalisticamente, fa più notizia.

In Commissione, prendendo la parola dopo alcune riflessioni del presidente della Commissione Alessandro Bratti (Pd), Pennisi affronterà la vicenda (non si capisce se mito o realtà) delle navi dei veleni che sarebbero state fatte affondare dalla ‘ndrangheta a largo (anche) delle coste calabresi.

Pennisi sarà, come suo solito, netto e senza alcuno spiraglio aperto al dubbio (cosa che, come lo stesso Pennisi, intelligentemente riconosce, essere proprietà innata del giornalismo e delle sue inchieste, cosa molto diversa dalle indagini giudiziarie). «Consentitemi di dire che io ho lavorato tredici anni a Reggio Calabria – dirà il sostituto procuratore antimafia – e che nacque quasi tra le mie mani il soggetto che ha parlato degli sversamenti in mare di rifiuti tossici attraverso l’affondamento di navi. Si chiamava Fonti Francesco. Fonti iniziò a collaborare con me e con qualche altro collega, ma parlava di tutt’altro. Parlava dell’Anonima sequestri dell’Aspromonte e dei traffici di stupefacenti. Da un dato momento in poi ha cominciato a parlare di quelle questioni. Consentitemi di dire che mi sembrano favole. È vero che in Calabria ci sono zone del mare particolarmente inquinante, ma è un inquinamento che viene da terra, non dal mare. In alcune zone, soprattutto del cosentino, da Paola, Amantea e Diamante fino a Scalea, ci sono dei gravi fenomeni di inquinamento del mare, ma è inquinamento che viene da terra. C’è l’urbanizzazione selvaggia e non ci sono fogne».

Nessun dubbio dunque: le navi dei veleni sono favole e i loro affondamenti, di conseguenza, leggenda.

Fine della storia? Spetterà (anche) alla Commissione parlamentare dirlo ma intanto ciò che si può notare è che, a fronte di questa nettissima presa di posizione di Pennisi, nessuno, neppure tra i parlamentari calabresi presenti (Dorina Bianchi dell’Ncd ex Ccd, Udc, La Margherita, Pd e Pdl,per citarne una, che pure aveva fatto una domanda innocente sulla gestione dei rifiuti nella sua regione) ha alzato un dito e avanzato obiezioni, a maggior ragione in un consesso che nella scorsa legislatura era stato oltremodo critico nei confronti dei risvolti oscuri di una vicenda che non è semplice come appare (rimando ai link in fondo alla pagina per approfondire il tema).

r.galullo@ilsole24ore.com

1 – to be continued

(relativamente alle navi dei veleni si leggano anche

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2013/02/07/navi-dei-veleni-il-capitano-natale-de-grazia-tocca-i-fili-e-muore-mafie-massoneria-deviata-e-servizi/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2013/02/07/navi-dei-veleni-il-capitano-natale-de-grazia-tocca-i-fili-e-muore-mafie-massoneria-deviata-e-servizi/

  • Eeeerer |

    Triste dover constatare che la nostra societa sia volta ad un implosione perché non tutelata.
    Può darsi i costi di distruzione dei rifiuti non sia nullo e semplice da affrontarsi, ma se vi fosse più armonia nella gestione delle questioni di Stato con l’evoluzione, sicuramente si potrebbe quanto meno auspicare ad una soluzione dei problemi in un prossimo futuro …. Ma l’omertà e’ peggio dell’indifferenza

  • Roberto Galullo |

    Grazie ma non sono calabrese. Sono fieramente romano.

  • Alessandro |

    Grazie a Roberto Galullo uno dei pochi giornalisti calabresi che non si è piegato alla lobby politico-affaristico-‘ndranghetista calabrese!

  • bartolo |

    Beh…galullo, durante il processo nel quale i giudici hanno ritenuto provata la mia affiliazione al clan Iamonte, tra un pianto e l’altro, ho trovato anche la forza di ridere. È stato quando un pentito in videoconferenza parlava del pericoloso capo cosca Natale Iamonte e dei suoi incontri con Garbaciov, Reagan, Andreotti e, tra gli altri sodali, anche i di lui comproprietari del parco giochi più importante del mondo, Disneyland, nella capitale francese. Ad immaginare il “pericoloso” macellaio melitese alle prese con siffatti sodali intenti a programmare il futuro-criminale del mondo, il sorriso prendeva il posto del pianto, lasciando invariate, invero, le lacrime. Subito di nuovo pianto, quando l’allora Super Procuratore Nazionale antimafia, Vigna, al cospetto di queste evidenti bufale, ritenne di audire personalmente questo mitomane chiedendo l’immediato rafforzamento della sua protezione.
    Poi, dopo quello a dirotto per la condanna di primo grado, ancora risata. Successe quando per caso lessi che il medesimo boss-macellaio, in persona, questa volta in veste di marinaio navigato, salpava le onde del Basso Ionio reggino a bordo di un gommone per raggiunge un transatlantico pieno zeppo di rifiuti tossici e quindi affondarlo facendo esplodergli dentro la stiva un ingente carico di tritolo. Pur abitante della costa, Natale Iamonte, che io sappia, in vita sua, non ha mai raggiunto neppure la battigia, del mare, e immaginarlo al largo davanti casa propria intento ad accendere una miccia che gli avrebbe avvelenato i tanti amici che egli teneva (ne tiene ancora?) anche sott’acqua, mi aveva fatto scappare, appunto, un fragoroso sorriso.
    Prima, ovviamente, del pianto definitivo con la sentenza della Cassazione.
    Piuttosto, mi chiedo, considerata l’autorevolezza e competenza della fonte che oggi smentisce: perché solo dopo tanti anni?

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