Il ministro Alfano risponderà sulla catena di ristoranti italiani in Spagna “La mafia si siede a tavola” – Il caso Touring club

Il caso è  noto da almeno due anni. Ricapitoliamolo per chi non ne ha letto in passato: in Spagna esiste una catena di ristoranti italiani dal nome ributtante e vomitevole: “La Mafia se sienta a la mesa”, vale a dire “La mafia si siede a tavola”. Cosa voglia significare non si sa. Che poi a spararle siano italiani in trasferta è cosa ancora più triste.

Anche in Austria, ricorderete, ci sono ristoranti (“Don Panino”) in cui i sandwich si chiamano don Greco, don Buscetta, don Corleone, don Mori. C’è anche quello di Giovanni Falcone che viene descritto così: «Si è guadagnato il titolo di più grande rivale della mafia di Palermo ma purtroppo sarà grigliato come un salsicciotto». Da brivido, ma i gestori su facebook si difendono così: «Nostalgia del cibo di casa». E già: la nostalgia, per qualcuno, si esprime pensando a Buscetta. Cose da pazzi!

Il brand mafia, il disgustoso brand mafia, insomma tira e non bastassero i mafiosi che già fanno della ristorazione un business gigantesco in giro per il mondo, riciclando e investendo, da qualche anno a questa parte ci si mettono dunque (anche) i nostri connazionali. Ma se pensiamo che c’è stato chi ha avuto (Gianfranco Miccichè) la geniale idea di proporre il cambio di nome dell’aeroporto palermitano “Falcone e Borsellino” di Palermo, intitolandolo che so, ad Archimede, allora ci si rende conto che tutto è possibile e che i primi a vergognarci delle nefandezze in casa nostra dovremmo essere proprio noi italiani.

La notizia, dunque, non è nuova.

Quel che, invece, la massa viene ora a scoprire è che il Touring club d’Italia (Tci), un ente no profit che da anni offre al Paese numerosi e preziosi servizi e promuove meritoriamente il turismo italiano all’estero ed estero in Italia, oltre che la valorizzazione del patrimonio culturale ambientale del nostro Paese, ha editato e rieditato la guida della città spagnola di Valencia, pubblicata nella collana ‘Cartoville’ nel 2009 e ristampata in anni successivi e attualmente in vendita nelle librerie. Alla pagina D della guida, si segnala e si pubblicizza il ristorante di Valencia “La mafia se sienta a la mesa”. Nella didascalia esplicativa della segnalazione si legge testualmente: «Quando la mafia si siede a tavola, il risultato è una cucina italiana curata; fotografie di mafiosi, pizza e pasta di tutti i colori e in tutte le salse; alla carta 20 euro».

Sul sito del Tci (in cui, a questa mattina, non c’è traccia di altro) si legge, a promozione della guida, che Valencia è «una città tutta da scoprire in questo album con 6 dettagliate carte pieghevoli. 10 luoghi di visita assolutamente da non perdere, 10 buone idee per scoprire la città più autentica. Di quartiere in quartiere, per tutti i gusti e tutte le tasche: una scelta di 60 luoghi da non perdere, una selezione di 150 indirizzi di ristoranti, caffè, sale da tè e da concerto, bar, teatri, negozi, mercati, alberghi. Tutti gli indirizzi posizionati in pianta con tantissimi suggerimenti pratici, buone idee e consigli per vivere al meglio la città».

L’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE.

A scoprire la novità, si fa per dire, “goliardica” (e in attesa della doverosa replica del Tci della quale questo blog darà conto non appena gli verrà comunicata) sono state le senatrici del Pd Lucrezia Ricchiuti (membro della commissione antimafia), Venera Padua e Pamela Giacoma Giovanna Orrù, che non a caso ieri  hanno presentato un’interrogazione al ministro dell’Interno Angelino Alfano, dal quale si attendono una risposta in Commissione. «Parte la squallida riproposizione dello stereotipo mafia-pizza-pasta, che continua ad affliggere la fama del nostro Paese all’estero (nonostante che i più efficaci e sapienti combattenti contro le mafie siano italiani, soprattutto meridionali) – si legge nell’interrogazione – e appare davvero paradossale che sia un ente italiano di promozione culturale a raccomandare un ristorante con simili connotati; a parere dell’interrogante, le autorità spagnole sarebbero ben contrariate (e a buona ragione) se in Italia aprisse un ristorante il  cui nome recasse riferimenti all’Eta».

Le senatrici chiedono ad Alfano se sia a conoscenza di quanto esposto, di quali informazioni disponga sulla proprietà del ristorante e se non ritenga di interpellare gli organi direttivi del Touring Club Italiano per sollecitare una riflessione interna, «su una segnalazione oggettivamente contraria all’ordine pubblico e agli sforzi di promozione della cultura della legalità che le istituzioni dello Stato portano avanti».

Quel che forse le senatrici non sanno è che il sito del ristorante mette in mostra il ricevimento di premi a go-gò, che aprono la strada ai festeggiamenti del 14esimo anno di attività del ristorante.

Chissà se le senatrici vorranno fargli gli auguri!

r.galullo@ilsole24ore.com