Indovinello dell’estate: a Matera esiste la mafia? Risposta: ora sì, ora no, ora sì, ora no!

Cari amici di blog come state? Andate bene l’estate? Io l’ho passata lontano dal blog per scrivere qualche inchiesta sul Sole-24 Ore e per studiare (cosa che i giornalisti difficilmente fanno), in modo da ritrovarmi con voi alla ripresa del lavoro con temi interessanti da sottoporvi.

Per questo ho cambiato l’agenda all’ultimo minuto e per alcuni giorni vi racconterò una storia che, se non facesse piangere, sarebbe tutta da ridere. Talmente (in)credibile che ho deciso di raccontarvela in più puntate, così come merita.

La classe dirigente di questo Paese si riempie la bocca di lotta alle mafie, ciancia di passi in avanti nella guerra al crimine organizzato, blatera di successi e poi…E poi leggi che la Commissione parlamentare antimafia (merito suo e sapete quanto sia critico nei confronti di questo organismo, da anni e anni bloccato da veti incrociati e nomine, tra membri e consulenti, da brivido) il 24 giugno chiama in audizione il capo della Procura di Matera, Celestina Gravina. Il perché della chiamata lo riassume bene il presidente della Commissione Rosy Bindi senza tanti fronzoli:

1) «una certa lontananza tra fatti verificatisi che vengono definiti “spie” della presenza della criminalità organizzata – mi riferisco allo spaccio di droga, all’usura, a danneggiamenti, a incendi, a estorsioni – e una sorta di negazione da parte sia del Comitato sicurezza, sia della stessa Procura nella riconduzione di questi fatti a segnali di presenza della criminalità organizzata»;

2) «una sorta di incomprensione o di non comunicazione tra la Dda di Potenza e la procura di Matera, con particolare riferimento alla scarsa adesione al protocollo di intesa sulle indagini che riguardano la criminalità organizzata».

Più chiaro di così si muore. Ricapitoliamo per il volgo: 1) la mafia nella Provincia di Matera non esiste nonostante da anni organizzazioni e associazioni, come ad esempio Libera, gridino il contrario; 2) la Procura di Matera ignora la Direzione distrettuale antimafia di Potenza.

Non male come premesse per la lotta alle mafie non credete?

Bene. Anzi male e allora vediamo dopo gli atti di “accusa” , la legittima “difesa” in modo che ciascuno possa formarsi la propria opinione.

 

PAROLA AL PROCURATORE

Il Procuratore (dal 2010) Gravina parte dall’ultima relazione Dia in suo possesso, che dedica al contesto lucano tre righe della sua relazione: «Dopo l’incisiva disarticolazione giudiziaria subita negli anni dalla locale criminalità adesso il contesto lucano è soltanto sottoposto alla pressione di gruppi appartenenti a macrofenomeni limitrofi, anche se limitata a singole progettualità».
Le stesse cose che Gravina aveva scritto in una relazione alla Dna. Ovviamente, reati avvengono, dice Gravina di fronte a Bindi, «ma elementi per desumere un radicamento stabile e strutturato nella regione di questo tipo di gruppi effettivamente non ci sono, perché, come dicevo prima, parlano i fatti, i processi, le sentenze».
E giù con lo snocciolamento:
1) di 51 imputati in un processo del 2011 del Tribunale tutti sono stati assolti. È stato condannato solo il collaboratore di giustizia;

2) di una serie di elenchi di processi per estorsione con l’articolo 7 della legge 1991 vi è stata assoluzione totale ovvero esclusione dell’articolo 7, esclusione poi confermata nei gradi successivi del giudizio.
3) si sono, inoltre, verificati annullamenti in Cassazione di qualche condanna che c’era stata.

4) nel 2012 non è neanche arrivato al tribunale di Matera un processo che vedeva imputate 65 persone davanti al Gup per traffici di stupefacenti insistenti nel Metapontino e associazioni varie. Tale processo ha visto 65 proscioglimenti del Gup perché il fatto non sussiste.
5) l’ultima sentenza riguarda 15 imputati per traffici d’armi aggravati dall’articolo 7 a Matera, che hanno avuto un’assoluzione totale.

6) la Procura ha iscritto 14 procedimenti per usura. Adesso ne sono in piedi due. Nessuno di questi procedimenti è stato iscritto per denunce veicolate da queste associazioni. Sono tutti fatti singoli e personali. Dei 12 procedimenti definiti 8 sono stati archiviati dal giudice perché usura non c’era. Si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, della cosiddetta usura bancaria e, quindi, non di fatti descrivibili nell’alveo di associazioni criminali. Quattro sono stati i rinvii a giudizio.
«Questi sono i fatti, per me» conclude Gravina prima di aggiungere, poco dopo che «criminalità organizzata che preme su centinaia di aziende agricole del Metapontino io non la vedo. La sento gridata, la leggo sui vari gazzettini e vedo che ci si oppone, anche con mezzi poco ortodossi, all’espletamento doveroso delle aste per le vendite immobiliari. Che cosa posso dire dell’usura nutrita dalla criminalità organizzata? La procura non ha elementi. Io non so chi sia venuto da lei a nome di questi soggetti, ma da noi non vengono. Che cos’altro? Sugli incendi e sul danneggiamento a scopo di incendi,  incendi poi non sono; a volte sono episodi miratissimi, piccoli danneggiamenti».

Il finale è col botto: «Bisogna stare molto attenti. Io ho cercato, da quando sono arrivata a Matera, vista la storia, per la quale da quindici anni non c’è più una condanna per 416-bis con riferimento alla provincia di Matera, di impostare in termini pragmatici, concreti, efficaci ed efficienti il lavoro della polizia giudiziaria, tentando anche di migliorare la cultura e l’approccio, nonché di dimenticare dei modi un po’ ottocenteschi che passano per il sentito dire».

Passo e chiudo ma Rosy Bindi non è certo tipo da lasciare l’ultima parola.

 

PAROLA ALLA BINDI

Ammesso e non concesso che le mafie non accendano i fuocherelli, se poi è un fuocherello distruggere intere piantagioni, avete trovato i responsabili di questi fatti o no? Dell’usura avete trovato i responsabili o no? Del traffico di droga avete trovato i responsabili o no? Un altro sintomo chiaro e netto è che, se non si trovano gli autori, forse gli autori sono loro: questa la raffica di domande poste, seguite da questo commento: «Non credo che la Dda di Potenza, che segnala la necessità di indagini, lo faccia perché vede dappertutto la mafia anche dove non c’è. Lei ha cercato e non ha trovato. Il dubbio che non abbia cercato bene non viene? Questa situazione permane, non si ferma. Le notizie arrivano. Io non leggo i commenti, guardo i fatti, come lei guarda i fatti.  
Benissimo. Se non si trovano i responsabili e tutte le Dda, anche delle regioni limitrofe, sostengono nei loro rapporti che
la Basilicata è usata quanto meno per passaggi, quanto meno per incontri, quanto meno anche per deviare, qualcosa vorrà dire. Non solo, aggiungo anche un altro elemento. Lei dovrebbe sapere meglio di me che qualche condannato per 416 bis è uscito dal carcere e non sembra aver rinunciato a esercitare il suo controllo nel territorio, così come stanno uscendo altre persone che erano in carcere per questo reato. C’è un’attenzione particolare a questo aspetto?
Tornando alla domanda iniziale, avete trovato i responsabili dei fuocherelli, i responsabili del piccolo spaccio, i responsabili della piccola usura? Devo farle necessariamente la domanda
».

INTERROGAZIONI PARLAMENTARI

Il veleno, però, Rosy Bindi lo lascia nella coda: «Noi non siamo il Csm, però un’altra domanda non posso non fargliela: lei sa che ci sono sul suo operato alcune interrogazioni presentate da parlamentari che riguardano una sorta di inerzia della Procura rispetto ad alcune denunce ed esposti che sarebbero arrivati? Per noi anche questo collegamento diventa importante.  
Anche nella scorsa occasione, quando, quindici anni fa, ci trovammo di fronte in Basilicata a qualche cosa di totalmente inatteso – questa non è sociologia criminale; sono gli atti processuali che ne parlano – e anche in quella circostanza il radicamento tanto forte e violento fu legato alla sottovalutazione di sintomi che si erano precedentemente verificati.
  
Questa Commissione è tornata, glielo confesso, da Matera con un po’ di preoccupazione
».

Curiosi di sapere come va a finire? Seguitemi domani.

r.galullo@ilsole24ore.com

1 – to be continued

  • Nicola Piccenna |

    martedì 15 aprile 2014

    Incompatibilità funzionale e ambientale per Celestina Gravina, Procuratrice a Matera!
    Premessa
    Nella difficile situazione in cui versa l’amministrazione della giustizia nella provincia di Matera, ci sembra opportuno segnalare alcuni elementi concreti e tangibili che dovranno una buona volta essere affrontati se si vuole restituire credibilità ad un sistema giudiziario che non mostra più di averne alcuna. Non si tratta di esaurire l’argomento, poiché ciò richiederebbe molte pagine ed ogni sforzo in tal senso va contemperato tra quello che un lettore medio è disposto a leggere e quanto un magistrato o parlamentare sarebbe tenuto a leggere nell’esercizio delle sue funzioni di organismo requirente e/o vigilante.
    Il sentire comune, anche tra gli addetti ai lavori, è che il magistrato come il parlamentare non leggono quello che dovrebbero (cioè tutto) ma quello che leggerebbero se fossero comuni cittadini chiamati ad esprimere una semplice opinione e non già ad esercitare un ruolo fondamentale per la tenuta dell’ordinamento democratico dello Stato. Per questo motivo, qui non si esaurisce l’argomento, rinviando all’ampia documentazione già cristallizzata in atti giudiziari che, pur nella non condivisibile determinazione ultima che li ha visti “scomparire” in fumose archiviazioni se non in scandalose assoluzioni, mantengono tutta la validità storica e documentale dell’epoca trista che stiamo vivendo e delle figure luminose che l’hanno affrontata senza piegarsi ai soprusi inevitabilmente commessi per tacitarle.

    Una chiave di lettura invariata: Avvertenza di Leonardo Sciascia ed.1972
    Ho scritto questo racconto nell’estate del 1960. Allora il Governo non solo si disinteressava del fenomeno della mafia, ma esplicitamente lo negava. La seduta alla Camera dei Deputati, rappresentata in questa pagina, è sostanzialmente, nella risposta del Governo ad una interrogazione sull’ordine pubblico in Sicilia, vera. E sembra incredibile: considerando che appena tre anni dopo entrava in funzione una commissione parlamentare d’inchiesta sulla mafia. A quel momento, sulla mafia esistevano inchieste e saggi sufficienti a dare al Governo e all’opinione pubblica nazionale la più precisa informazione: non ancora pubblicata, ma nota nei risultati, l’inchiesta parlamentare sulle condizioni economiche e sociali della Sicilia (1875) e quella parallela, condotta di propria iniziativa da due giovani studiosi, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino (e questi doveva poi arrivare, nel 1906 e nel 1910, a presiedere il Consiglio dei Ministri); gli scritti di Napoleone Colajanni; il saggio di un ex funzionario di Pubblica sicurezza, Giuseppe Alongi, intitolato “Maffia”; le memorie dell’ex prefetto Cesare Mori che negli anni del fascismo era stato mandato in Sicilia per reprimere, con pieni poteri, ogni manifestazione mafiosa. Ma di opere letterarie, romanzi racconti teatro, ce n’erano soltanto due: una di livello popolare, ed era popolarissima, che rappresentava un mondo di piccoli mafiosi di quartiere – ladri soverchiatori violenti: ma non privi di sentimento e suscettibili di redenzione – che si intitolava “I mafiusi di la Vicaría” (commedia in dialetto di Giuseppe Rizzotto e Gaspare Mosca; e la Vicaría era il carcere di Palermo, allora famoso quanto oggi quello dell’Ucciardone); l’altra, “Mafia”, pure scritta per il teatro, in italiano, da Giovanni Alfredo Cesareo (professore all’Università di Palermo, poeta e traduttore di Shakespeare), che rappresentava una borghesia che assumeva la mafia quasi come una ideologia e la praticava come regola di vita, dei rapporti sociali, della politica. Entrambe le opere, a livello diverso, erano un’apologia non della mafia come associazione delinquenziale (che in questo senso si negava che esistesse), ma di quello che il più grande studioso delle tradizioni popolari siciliane, Giuseppe Pitré, chiamava “il sentire mafioso”: cioè di una visione della vita, di una regola di comportamento, di un modo di realizzare la giustizia, di amministrarla, al di fuori delle leggi e degli organi dello Stato. Ma la mafia era, ed è, altra cosa: un “sistema” che in Sicilia contiene e muove gli interessi economici e di potere di una classe che approssimativamente possiamo dire borghese; e non sorge e si sviluppa nel “vuoto” dello Stato (cioè quando lo Stato, con le sue leggi e le sue funzioni, è debole o manca) ma “dentro” lo Stato. La mafia insomma altro non è che una borghesia parassitaria, una borghesia che non imprende ma soltanto sfrutta. Il giorno della civetta, in effetti, non è che un “per esempio” di questa definizione. Cioè: l’ho scritto, allora, con questa intenzione. Ma forse è anche un buon racconto. (Leonardo Sciascia)

    Gli aspetti immediatamente percepibili
    La recrudescenza della criminalità in provincia di Matera è da attribuirsi anche al mancato esercizio dell’azione penale della Procura della Repubblica di Matera per i reati contro la Pubblica Amministrazione.
    Per averne contezza, è sufficiente verificare presso la citata Procura della Repubblica quali sono stati i procedimenti avviati e conclusi con sentenza di condanna negli ultimi dieci anni. Se ne concluderà che i reati dei “cosiddetti colletti bianchi” a Matera non vengono perseguiti. Usando l’espressione dell’interrogazione parlamentare presentata il 12/3/2014 dal senatore Felice Casson e sottoscritta da altri 15 senatori della Repubblica Italiana: “La sensazione concreta che traspare da queste non-azioni e omissioni è che nella città di Matera non esista o sia stata abrogata ogni forma di tutela penale della salute dei lavoratori”. In tutta sincerità, non è solo la salute de lavoratori a mancare di tutela penale nella città di Matera!
    I brogli elettorali di Scanzano Jonico (Mt): anno 2005. Nel giugno 2005 vengono effettuati numerosi arresti durante le operazioni di voto relative alle elezioni del consiglio regionale della Regione Basilicata. Nei seggi di Scanzano Jonico (Mt), alcuni presidenti di seggio, scrutatori e altri coinvolti nell’ipotesi delittuosa avevano tolto dalle urne le schede votate dai cittadini sostituendole da quelle “votate” dai presidenti e dagli scrutatori (poi) arrestati. Tutto sotto gli occhi delle telecamere piazzate dalla Procura Antimafia di Potenza. A distanza di nove anni, poche settimane fa, l’ultimo residuo stralcio di quell’inchiesta è stato archiviato per intervenuta prescrizione. La Procura di Matera, dopo aver archiviato tutto il resto, aveva chiesto il rinvio a giudizio per alcuni indagati “residuali” ma l’atto è risultato viziato da nullità. La Procura che redige un atto nullo, lo Stato dovrà risarcire gli arrestati per “ingiusta detenzione” anche se era documentata in audiovideo l’azione criminosa! Scanzano Jonico è uno dei territori dove più alta è l’incidenza delle azioni criminose che preoccupano l’opinione pubblica in questi giorni.
    Le inondazioni nel Metapontino (altra area calda in quanto a reati e azioni chiaramente intimidatorie) e nell’agro di Matera: a) Ottobre 2013: quattro morti e ingentissimi danni all’agricoltura ed alla viabilità; b) Agosto 2013: un morto sulla variante dopo il crollo del ponte “Craco-Peschiera”; c) Marzo 2011: migliaia di ettari di terreno compromessi e l’economia agricola paralizzata; d) Novembre 2011: due morti nei pressi di Matera. Sette morti e ingentissimi danni all’agricoltura, alla viabilità, all’economia della regione. Fatalità meteorologiche, dicono concordemente la Prefettura e la Procura di Matera. Mentre le indagini svolte dalla Procura di Matera per accertare la responsabilità delle mancate opere di manutenzione dei canali e delle opere di bonifica (che competono al Consorzio di Bonifica di Bradano e Metaponto) e delle aste fluviali (che competono alla Regione Basilicata) sono state chiuse perché non è stato possibile individuare i funzionari responsabili dei vari servizi.
    Crollo di una palazzina nel centro di Matera: due morti e gravissimi disagi alle famiglie. Sono in corso le indagini, condotte da un Sostituto Procuratore noto alle cronache disciplinari del CSM per aver abusato delle sue funzioni dal 2007 al 2013 e inamovibile continua ad esercitare presso la Procura della Repubblica di Matera. Si può aver fiducia che svolga con terzietà ed efficacia il compito che il ruolo impone? Le famiglie avevano segnalato al Comune ed ai Vigili del Fuoco l’esistenza e l’estendersi di preoccupanti lesioni nei muri portanti dell’edificio. Saranno morti per fatalità o per responsabilità di “colletti bianchi” inetti o irresponsabili?
    Processo (in corso) contro il dirigente e la commissione di gara della Provincia di Matera per l’affidamento di un appalto pubblico. Il Procuratore Capo tiene per sé il procedimento chiedendone l’archiviazione. Il Giudice delle Indagini Preliminari dispone il rinvio a giudizio coattivo. Il Procuratore Capo esprime il suo disappunto in udienza ma fa molto di più. Durante la deposizione del Maresciallo della Guardia di Finanza che ha svolto le indagini, Celestina Gravina lo attacca e lo offende contestandogli l’inopportunità e persino l’incompetenza a svolgere quelle indagini. Sarebbe utile leggere la trascrizione integrale della deposizione, anzi, sarebbe ancor più utile ascoltare la registrazione: i toni e l’incalzare della D.ssa Gravina. Non credo che dopo questa esperienza, alcuno avrebbe dubbi sulla assoluta incompatibilità di Celestina Gravina con il ruolo che è chiamata a svolgere a Matera! Durante una delle udienze del processo, la strada “incriminata”, costata oltre quattro milioni di euro per soli 2 Kilometri, è crollata: beffa finale contro un sistema giudiziario di cui non vergognandosi la Procuratrice, dovremmo vergognarci noi tutti che poco facciamo per impedirLe di dileggiare le istituzioni ed i cittadini (tutti uguali davanti alla Legge).

    Negazione dell’obbligatorietà dell’azione penale. La Procura di Matera e, segnatamente, la Procuratrice Celestina Gravina, ignora il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale gestendo il proprio ufficio come una proprietà privata di cui rende conto solo a sé stessa. (si allega documentazione specifica, oggetto di Procedimento Penale a carico della D.ssa Celestina Gravina pendente presso la competente Procura di Catanzaro. Evidenza della incompatibilità ambientale e funzionale in cui versa la Procuratrice d.ssa Celestina Gravina.
    Conclusioni
    Un gruppo cittadini italiani, rispettosi della Legge e testardamente protesi alla difesa delle Istituzioni, manifesta il proprio disappunto per la trascuratezza con cui è stata sino ad oggi affrontata la grave situazione in cui versa l’amministrazione della giustizia nella Provincia di Matera ed in particolare il degrado istituzionale in cui opera la Procura di Matera ed il suo massimo responsabile, D.ssa Celestina Gravina.
    Confermando la massima disponibilità per fornire evidenza documentale e probatoria di tutto quanto appena accennato innanzi, attendono formali risposte, tra gli altri, i signori:

    Nicola Piccenna, Viale del Ciclamino n. 10 – 75100 Matera – cell: 393.2542005
    Carlo Gaudiano, Via Gioberti n. 1 – 75100 Matera – cell: 339.3938687
    Francesco Michele Zito, Via La Pira n. 2 – 74013 Ginosa (Ta) – cell: 340.8134434

  • fabio |

    lavoro a matera da circa un anno………. c’é una calma piatta molto inquietante

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