Rapimento di Aldo Moro/2 Il ruolo di Nirta, massone, estrema destra, legato alla cosca De Stefano, servizi segreti e Stato: serve altro?

Amati lettori di questo umile e umido blog, da ieri scrivo della relazione (pressoché conclusiva) della Commissione di inchiesta parlamentare sul rapimento e la morte di Aldo Moro. Nella seduta del 20 dicembre 2016 – come sempre presieduta dal Pd Giuseppe Fioroni– è stato presentato un ricco elaborato che – tra le tante cose – tocca anche il nervo scoperto del ruolo della criminalità organizzata nelle fasi (quante? quali?) di quei drammatici giorni che segnarono per sempre la storia della democrazia italiana.

La  possibile  presenza  in  via  Fani  di  Antonio  Nirta,  detto “due nasi”, esponente  della ’ndrangheta, secondo la Commissione parlamentare d’inchiesta deve essere valutata alla luce di alcune circostanze emerse nel corso dell’inchiesta e, in particolare, al coinvolgimento nell’inchiesta sul traffico di armi di Giorgio De Stefano (si veda anche quanto scritto ieri e per questo rimando al link a fondo pagina).

Saverio Morabito, collaboratore di giustizia, elemento della malavita milanese e già inserito in posizioni di vertice nella ’ndrangheta, escusso nel 1992 dal sostituto procuratore di Milano Alberto Nobili, aveva riferito che alcuni dei membri di spicco della ’ndrangheta sarebbero stati inseriti nella massoneria ufficiale, come ad esempio proprio la famiglia Nirta di San Luca.

Di questa famiglia, sempre a dire di Morabito, faceva parte Antonio Nirta, che avrebbe avuto contatti con la Polizia o con i servizi segreti e – secondo quanto Morabito avrebbe appreso, tra il 1986 e il 1990, da Domenico Papalia e da Paolo Sergi – avrebbe partecipato al sequestro Moro. Morabito non precisò se Antonio Nirta fosse tra «quelli che hanno operato materialmente in via Fani […] se abbia preso parte al rapimento materiale o è stato uno di quelli che sparava». E qui a soccorrere è una nota Dia recentissima: 7 agosto 2015.

LE FOTO DEL 16 MARZO

Non va dimenticato che il 13 luglio 2016 il presidente Fioroni disse testualmente: «Possiamo affermare con ragionevole certezza che il 16 marzo del 1978 (giorno del rapimento, ndr) in via Fani c’era anche l’esponente della ‘ndrangheta Antonio Nirta. Il comandante del Ris, Luigi Ripani ha inviato l’esito degli accertamenti svolti su una foto di quel giorno, ritrovata nell’archivio del quotidiano romano Il Messaggero, nella quale compariva, sul muretto di via Fani, una persona molto somigliante al boss Nirta. Comparando quella foto con una del boss, gli esperti sostengono che la statura, la comparazione dei piani dei volti e le caratteristiche singole del volto mostrano una analogia sufficiente per far dire, in termini tecnici, che c’è l’assenza di elementi di netta dissomiglianza».

All’epoca, ricorda la Commissione, l’onorevole della Dc Benito Cazora, oltre a aver riferito al pubblico ministero Luigi De Ficchy di contatti con un criminale comune di origine calabrese, Francesco Varone (detto Rocco) , che avrebbe segnalato via Gradoli, nel corso del sequestro fece una telefonata a Sereno Freato, a capo della segreteria di Moro, segnalando la necessità di avere proprio quelle foto del 16 marzo, perché dalla Calabria («da giù») gli sarebbe stato comunicato che in una foto si individua un personaggio a loro noto.

IL RAPPORTO CON DELFINO

Ma la nota della Dia del 7 agosto 2015 (la Commissione non specifica se Dia nazionale o calabrese) a proposito di Nirta sottolinea che all’epoca furono evocati rapporti «equivoci» con ambienti istituzionali.

Alcuni pentiti raccontarono infatti gli stretti rapporti di Nirta con l’allora colonnello dell’Arma Francesco  Delfino,  originario  di  Platì,  che  avrebbe  ricevuto da  Nirta  informazioni relative a sequestrati nell’hinterland milanese che venivano “liberati” con operazioni di polizia dopo che avevano già pagato il riscatto.

Sempre secondo le dichiarazioni di questi collaboratori di giustizia, già acquisite dalla Commissione Stragi, Nirta sarebbe stato legato al colonnello Delfino in quanto simpatizzante della destra eversiva e, in virtù di questo legame ideologico, che condivideva  con  la  famiglia  De  Stefano,  avrebbe  tentato  di  inserire  nel  contesto ’ndrangheta l’eversione di destra, in ciò agevolato dal colonnello Delfino, massone e legato alla P2.

Lo stesso Morabito, nel colloquio con il pm Nobili, aveva esternato il convincimento che Nirta “due nasi” fosse stato confidente del colonnello Delfino. Quest’ultima circostanza era stata smentita  dallo stesso Delfino  nell’interrogatorio  reso  ancora al  pubblico  ministero  Nobili  l’11 novembre 1993. Il 25 novembre 1994, il giudice per le indagini preliminari Guido Piffer del Tribunale di Milano archiviò il procedimento instaurato nei confronti dell’ufficiale, non senza perplessità, ricorda oggi la Commissione parlamentare d’inchiesta, sulla veridicità delle sue dichiarazioni.

I pubblici ministeri di Roma hanno in seguito esaminato Delfino nell’ambito del processo Moro quinquies, ricevendo dichiarazioni conformi alle precedenti. Sergi ha negato di aver effettuato tali rivelazioni, così come ha fatto Domenico Papalia (che, secondo Morabito, aveva confermato le rivelazione di Sergi, senza parole ma con eloquente espressione). Sempre nell’ambito del procedimento 16033/93, il collaboratore di giustizia Antonio Sestito, di estrazione ’ndranghetista, ha dichiarato che, allorquando chiese a Francesco Molluso un mitra per uccidere tale La Rosa, apprese da quest’ultimo che si trattava di un’arma “sporca”, perché aveva sparato durante il sequestro Moro. Ma Molluso ha smentito il tenore di quella conversazione

NIRTA IN “SINTESI”

In sostanza, Antonio Nirta – di cui pur numerosi  brigatisti,  esaminati  sul  punto,  hanno  escluso il coinvolgimento nell’affaire Moro – è tratteggiato dalla Commissione parlamentare presieduta da Fioroni come «’ndranghetista presente in via Fani, massone, di estrema destra, legato alla famiglia De Stefano, implicato in sequestri di persona e collegato al colonnello dei Carabinieri Francesco Delfino».

Per ora mi fermo ma domani proseguo

r.galullo@ilsole24ore.com

2 – to be continued

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