Esclusivo/ Nel ricorso il Grande oriente (Goi) descrive il «fantasma intellettuale» che ha ispirato la strategia di indagine di Rosy Bindi

Altro che mera istanza di revisione del decreto di sequestro in autotutela chiesto alla Commissione parlamentare antimafia!

Quello firmato dal professor  Giuseppe Bozzi è un vero e proprio annuncio di ricorso (articolato in ben 26 pagine) del Grande oriente d’Italia (Goi) contro il sequestro degli elenchi dei massoni calabresi e siciliani disposto dalla presidente Rosy Bindi (leggasi Commissione antimafia).

Il testo dell’istanza – di cui il Goi ha fatto conoscere pochissimo attraverso le agenzie, se non il termine perentorio di annullamento per autotutela dato alla stessa Commissione e che scade il 27 marzo – è ricchissimo di legittime mosse che, da qui a brevissimo, il Gran maestro Stefano Bisi effettuerà sulla scacchiera della battaglia legale.

Il Goi (come del resto le altre obbedienze) contesta praticamente tutto del decreto con il quale il 1° marzo lo Scico della Gdf di Roma ha sequestrato gli elenchi di ben quattro obbedienze massoniche.

Contesta cose note (la lesione dei diritti costituzionali alla libertà di associazione, ad esempio, la legge sulla privacy, il superamento dei poteri previsti per legge quando la Commissione fa ricorso ai poteri giudiziari, la mancanza di notitia criminis, messa peraltro in luce anche dalla Gran loggia regolare d’Italia nel suo ricorso, la lesione del diritto alla difesa) e cose meno note.

Tra queste la sottolineatura del modus operandi della stessa Commissione antimafia, a partire dalla sua presidente.

Nel ricorso, infatti, si legge testualmente (pagina 10) che il presupposto errato in partenza è l’accostamento della massoneria tout court alla mafia. «Questo accostamento che non possiamo che definire un fantasma intellettuale – scrive Bozziha ispirato la strategia di indagine rispetto alle finalità della Commissione, che è di competenza del presidente della commissione e il conseguente provvedimento cautelare».

E qui si richiama un’intervista rilasciata da Bindi alla Repubblica, edizione di Firenze, il 13 febbraio  2017 nella quale sottolinea che la Commissione non «fa la caccia » alla mafia bensì «al massone deviato che fa affari con la mafia». Per raggiungere questo obiettivo, avrebbe aggiunto Bindi secondo l’interpretazione del Goi, la Commissione «ha il potere di aggirare la mancanza di collaborazione» (che il Goi, così come la Glri e le altre obbedienze coinvolte hanno sempre negato, anzi hanno sempre asserito di aver fornito il massimo della collaborazione) .

Il decreto di sequestro, afferma il legale del Grande oriente – Palazzo Giustiniani, risulta paradossalmente coerente con queste convinzioni e ne costituisce la proiezione applicativa.

I legali del Goi  mi diranno se sbaglio ma Bisi dice in altre parole (al pari degli altri Gran maestri): «La massoneria non è mafia e dunque la caccia va fatta alla mafia e non alle obbedienze. Se c’è qualcuno che è mafioso sta alla Giustizia accertarlo e colpirlo e del resto la responsabilità penale è personale». Pensiero più che legittimo, più volte ribadito e che – ad esempio – la Dda di Reggio Calabria che pure sta indagando, non si è mai neppure sognata di avere.

La Commissione antimafia – prosegue infatti Bozzi – ha ritenuto di sottoporre ad indagine non un’organizzazione mafiosa ma (si badi bene: ma) il Grande oriente d’Italia per poi risalire, «con palese inversione logica, tramite l’acquisizione degli elenchi degli iscritti, quindi mediante un’indagine incertas personas, ad indeterminati soggetti mafiosi perché l’asserita ma indimostrata infiltrazione della massoneria sarebbe  “facilitata dalla riservatezza e dai vincoli di obbedienza che spesso caratterizzano le associazioni mafiose».

E’ deplorevole, insiste Bozzi per conto del Goi, che la Commissione antimafia abbia ritenuto che il diritto alla riservatezza non attiene ad un valore essenziale della persona che rientra nei diritti inviolabili dell’uomo (quindi costituzionalmente garantiti) ma invece un mezzo per «facilitare» inserimenti di indeterminati soggetti mafiosi nel Goi. Secondo questa prospettiva – conclude Bozzi – l’appartenenza ad associazioni massoniche sarebbe fungibile o addirittura sovrapponibile o alternativa al vincolo tra i mafiosi, per cui dall’appartenenza alle prime sarebbe lecito dedurre l’affiliazione mafiosa.

Non sono un giurista ma a questo umile e umido blog questa ultima riflessione appare esorbitante ma, ripeto, non sono né un giudice né un avvocato ma semplicemente un giornalista che, finché ci sarà democrazia, si avvarrà della libertà di espressione e critica nel sacrosanto rispetto di tutte le opinioni. A maggior ragione se divergenti dalla mia.

Vorrei – e parlo in generale – che tutti mi ripagassero con la stessa moneta: libertà di stampa è democrazia e intimidire (con me e con il Gruppo editoriale Sole-24 Ore) è un’operazione a perdere e controproducente

Il ricorso del Goi (pagina 20) accenna anche al rischio concreto della «prevedibile diffusione dei nomi degli iscritti», già sollevato ad esempio dalla Glri.

Ripeto ciò che ho scritto ieri: il rischio è gli elenchi che escano dalle stesse stanze delle obbedienze massoniche, per sete di trasparenza o per giochi “nelle” o “tra” le parti. Questo tutti devono saperlo e, in realtà, lo sanno.

Di una cosa potete stare certi cari lettori: nessun nome e nessun cognome uscirà mai dalla mia tastiera perché non mi presto e mai mi presterò a nessun gioco. L’unico gioco (che gioco non è ma è alta espressione della democrazia) che conosco è la libertà di informazione senza padroni se non il lettore e la mia coscienza sempre pulita.

E da domani – con riferimento a Trapani e provincia – qualora ci fosse ulteriore dimostrazione del rischio e del modo corretto di informare, sarete ancora una volta serviti.

r.galullo@ilsole24ore.com

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http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/02/16/rete-di-matteo-messina-denaro4-a-trapani-la-legge-imposta-dalle-logge-selvagge/)

  • Romano De Simone |

    Io sono stato gravemente danneggiato da delinquenti che si sono infilati nel GOI, dove stavo io, senza un minimo di intervento dello stesso GOI ad aiutarmi. Anzi, ad un certo punto detti delinquenti, quasi tutti calabresi, hanno dominato lo stesso GOI attivandolo contro di me e derubandoli di tre miei brevetti industriali, del valore di decine o centinaia di miliardi di Euro. A mio avviso il signor Bisi, lo sa fin troppo bene tutto quanto hanno fatto, e finge di non sapere, per non pagare il conto. Io comunque, entrato in massoneria GOI nel 1983, ne sono uscito nel 1990, in quanto già mi infastidivano. Pensavo di essermi liberato, ma non era così. Gradualmente il fastidio è diventato persecuzione, con vari omicidi anche di miei parenti, mentre BISI continua a fingere che tutto va bene.

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