Nicola Gratteri/3: «Oggi la ’ndrangheta vive con noi e si nutre con noi» – Il ruolo della massoneria deviata

Cari amici di blog, da giorni sto analizzando con voi alcuni passaggi dell’audizione del procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, resi in Commissione parlamentare antimafia il 14 aprile.

Con la solita eccezionale schiettezza, quando si è trattato di parlare di politica e mafia, Gratteri non si è certo tirato indietro, sapendo perfettamente che di fronte si trovava anche parlamentari calabresi.

Nel servizio di due giorni fa abbiamo visto il suo pensiero sulla politica calabrese, ritenuta debole, e il perenne dilemma della politica locale se ceder o meno al voto di scambio. Ieri abbiamo visto come, secondo il procuratore antimafia, si formano le liste elettorali in Calabria (e non solo).

Oggi cambiamo pagina e leggiamo un “ritorno” di Gratteri sull’evoluzione della ‘ndrangheta.

L’incipit è duro, perché richiama gli errori che furono commessi (e amplificati da una stampa nel migliore dei casi ignorante in altri “galoppina”) nell’ormai famosissima (e ripeto spesso io, comunque importantissima) operazione Crimine/Infinito sull’asse Milano-Reggio Calabria (o il contrario, fate voi).

«Quando sono state condotte l'operazione Crimine a Reggio Calabria e l'operazione Infinito a Milano – ha infatti dichiarato Gratteri – è stato commesso un grave errore di valutazione. È stato detto, in sede di conferenza stampa, che è stato scoperto il Riina della Calabria, Oppedisano Domenico, e che era stata scoperta la cupola, come nel caso di cosa nostra. Questa è una sciocchezza. La ’ndrangheta non è piramidale come Cosa nostra. All'interno di un locale di ’ndrangheta nessuno può interferire.
Il crimine di San Luca, che è erroneamente stato rapportato alla cupola di cosa nostra, non è altro che il custode delle regole. Il crimine è il custode delle dodici tavole. Il crimine esiste per presiedere il rispetto delle regole. Il crimine interviene quando c’è una faida all'interno di un locale, come è successo a Locri nel 1989
».

Per rafforzare il concetto (è Gratteri e non l’umile cronista che leggete, a parlare di “grave errore” e “sciocchezze”) , ricorda che da aprile 1970 (a seguito di una sentenza del Tribunale di Locri colpevolmente dimenticata), si conosce l’unitarietà della ‘ndrangheta, Gratteri ribadisce che, appunto «esiste l'unitarietà della ’ndrangheta, ma ripeto che sulla vita economica, politica e strategica all'interno del locale nessuno può interferire, a meno che non si vìolino le regole della ’ndrangheta e il crimine di San Luca non intervenga per dirimere la faida». Come sapete (chi mi segue lo sa) non è un caso che l’unitarietà della ‘ndrangheta è un tema che poco mi appassiona ma al quale molto grato sono se serve (come è accaduto con un punto ormai pressoché fermo posto in sede di appello del processo Crimine a Reggio Calabria) per mettere un punto fermo giudiziario e andare oltre per attaccare frontalmente la ndrangheta 2.0 che corre molto più velocemente delle stesse verità giudiziarie.

Mentre l’audizione si appresta alla conclusione Gratteri dirà ancora: «Il capo crimine non fa business, non fa affari. È il custode delle regole. Qual è l'importanza del custode delle regole? La differenza è che, se si arresta un camorrista, ci vogliono uno schiaffo per farlo parlare e due per farlo stare zitto. Se si arresta un calabrese, uno ’ndranghetista, si fa vent'anni di carcere e sta zitto, perché sa che dovrebbe parlare prima di 200 parenti, poi degli amici e poi degli amici degli amici. Per questo motivo non ci sono collaboratori nella ’ndrangheta ».
Tracciato questo quadro (visto che non c’ero e non lo so, sarebbe stato meglio se Gratteri avesse anche ricordato chi, in sede di conferenza stampa spacciò il Crimine per la cupola e il Riina della Calabria don Mico Oppedisano: a proposito, viste le intdegne critiche che mi sono piovute addosso negli anni da chi ha volutamente inteso stravolgere il senso del mio pensiero, non chiamerò più don Micovenditore di piantine” visto che non lo chiama più così neppure lo storico inventore della definizione, vale a dire…lo stesso Gratteri!!!) il procuratore aggiunto di Reggio Calabria ha parlato anche di evoluzione della ‘ndrangheta.

A sorpresa (ma solo per chi non studia e si fa affabulare dalle veline pronto-consumo spacciate ovunque dalle classi dirigenti di questo Paese) Gratteri ha affermato l’ovvio (ma l’ovvio non è conosciuto da chi non studia).

«L’evoluzione della ’ndrangheta – ha dichiarato Gratteriè avvenuta nel 1969 , quando c’è stata una rivoluzione interna alla ’ndrangheta con la creazione della Santa. La Santa consiste nella possibilità per uno ’ndranghetista di essere affiliato anche alla massoneria deviata. Questo è servito alla ’ndrangheta per avere contatti con i quadri della pubblica amministrazione e, quindi, con medici, ingegneri e avvocati.
Un collaboratore di giustizia ci ha spiegato che «all'orecchio del Gran Maestro» possono essere affiliati tre incappucciati. Ciò vuol dire che questi sono conosciuti solo al Gran Maestro. Lo stesso collaboratore ci ha spiegato che anche alcuni magistrati hanno partecipato a riunioni della Santa. Su questo, però, non siamo riusciti ad avere riscontri
».

E poco dopo Gratteri ancora dirà: «Oggi noi abbiamo gente incensurata che gestisce la cosa pubblica in modo mafioso. Il mafioso non va a chiedere la mazzetta, ma è lì; è una persona pubblica, un medico o un ingegnere».
Parlando di massoneria deviata (le logge coperte e non ufficiali sono il collante della ‘ndrangheta 2.0), Gratteri confermerà che «è nata nel 1969-1970 con la Santa. Lo stesso ’ndranghetista, al contempo santista, partecipa alla massoneria deviata per entrare nei quadri della pubblica amministrazione. Per arrivare a questo c’è stata una guerra sanguinosa in provincia di Reggio Calabria. È stato ucciso Antonio Macrì, ed è stato ucciso Don Mico Tripodo, nel carcere di Poggio Reale, da due cutoliani, per conto dei De Stefano di Reggio Calabria».

Semplice, lineare, efficace. Perfetto. Eccola la nuova ‘ndrangheta che si evolve. Non da oggi. Dal 1969. Pensate quanti anni sono stati persi per rincorrere la “vecchia” ‘ndrangheta, quella che si alimentava solo di rapimenti e droga. «Oggi, invece la ’ndrangheta vive con noi e si nutre con noi»: ancora una volta, di fronte ai commissari antimafia, parole e musica (mortali) di Gratteri che io, umilmente, mi limito a sottoscrivere a pieno.

r.galullo@ilsole24ore.com

3 – to be continued (le precedenti puntate sono http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/05/nicola-gratteri1-la-politica-calabrese-ha-il-dilemma-se-cedere-o-m
eno-al-voto-di-scambio-nelle-ultime-ore-dal-voto.html

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/05/nicola-gratteri2-nelle-liste-elettorali-vengono-scientificamente-inseriti-rappresentanti-delle-cosch.html)

  • b |

    Egregio Dottore,
    leggendo il suo pregiato blog ,noto che ogni riflessione sul concetto di criminalità organizzata risente delle diverse esperienze caratterizzate, di volta in volta, da visioni, linguaggi, comportamenti e condizionamenti ambientali completamente distanti e diversi fra loro.
    Questa pluralità di visioni, in gran parte inevitabile dato il carattere trasversale del fenomeno criminale, trova oggi riscontro nei fatti di criminalità organizzata che vedono, ancora una volta, Genova e la Liguria al centro di vicende oscure che hanno ad oggetto uomini e pezzi dello Stato.
    Ho scritto ,”ancora una volta”, perché , già fra il 2001 ed il 2008 ,senza che nessuno se ne sia accorto ,da Genova a Roma, la criminalità organizzata dei colletti bianchi ,tramite il Legislatore genovese , ha prevalso sulla volontà degli italiani .
    La tecnica è stata la stessa di quella emergente dalla vicenda SCAJOLA: l’eccesso di difesa in favore di potenti amici criminali al fine di esercitare influenza e dominio sulle istituzioni dello Stato. La “guardia”,pertanto, deve essere mantenuta alta perché,altrimenti, nell’indifferenza su Genova e la sua criminalità organizzata gli italiani si giocano,oltre che la Giustizia,anche, la Democrazia.

  • bartolo |

    beh galullo, secondo me tra i meriti di questo post non è trascurabile quello di far comprendere anche ai non addetti ai lavori il motivo della decisione attribuita a napolitano di depennare qualche nome dall’attuale lista dei ministri. impossibile da comprendere invece è: cosa sia questa ndrangheta post ’69: concordo sul fatto che non sono coloro che hanno ereditato lo scettro dagli assassinati macrì e tripodi, intenti a riunirsi con cadenza annuale a polsi per discettare sulle immutate ed immutabili regole scritte durante la dominazione spagnola. Invero, durante le mie notti insonni di perseguitato dall’antimafia reggina, mi assilla il pensiero che il nuovo capo di questa Entità così evoluta, astuta, intelligente, diabolica; capace di infiltrarsi nelle istituzioni per piegarle alle necessità del crimine mondiale, sia proprio lui l’insospettato ed insospettabile, procuratore gratteri.

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