Dia e imprenditori palermitani d’accordo: la politica e la Pa sono contigue e colluse con Cosa nostra

La Direzione investigativa antimafia, nella relazione sul primo gennaio 2013 (l’ultima disponibile) lo scriveva chiaro e tondo e ora, qualora servisse, giunge un’ulteriore conferma: Cosa nostra e politica sono sempre più vicine e colluse.

Partiamo dalla Dia. A pagina 11 scrive che: «L’aspetto più inquietante dell’agire mafioso continua ad essere rappresentato dalla contiguità – riscontrata in talune realtà territoriali – con settori della politica e delle amministrazioni locali, che realizza un circuito perverso di condizionamento e depotenziamento delle Istituzioni, con drammatiche conseguenze sullo sviluppo socio-economico. Nell’arco del semestre gennaio/giugno 2013, in Sicilia sono stati sciolti tre consigli comunali Augusta, Mascali e Polizzi Generosa, per tutelare l’integrità della pubblica amministrazione e ripristinare le condizioni di libero esercizio delle legittime prerogative istituzionali».

Passiamo ora alla conferma (l’ultima in ordine temporale) che giunge dal focus di approfondimento dell'Osservatorio economico della Provincia di Palermo, elaboratodalla Camera di Commercio in collaborazione con l’Istituto Tagliacarne e presentato poche ore fa nel capoluogo siciliano.

Per il 90,4% degli imprenditori palermitani i politici sono i più collusi con la mafia.

Uno su quattro pensa poi che la categoria professionale più vicina a Cosa nostra sia costituita dagli impiegati della pubblica amministrazione.

Del resto lo steso capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo, era stato chiarissimo il 17 marzo 2014 di fronte alla Commissione parlamentare antimafioa, dove si era recato in audizione: «Vediamo in tutte queste indagini che ogni comune ha il suo bravo gruppo mafioso, che ha un pacchetto di voti e lo distribuisce a suo piacimento, determinando l'elezione o la non elezione di determinati soggetti. Purtroppo, lo scioglimento del comune non risolve il problema. Finito, infatti, il periodo della gestione commissariale, sopportato come una periodica iattura, il gruppo mafioso riprende nuovamente il controllo, fa eleggere un nuovo sindaco incensurato, assolutamente insospettabile, una faccia pulita come si suol dire, e la vicenda riprende. Questo è un problema con cui tutte le commissioni antimafia, per quanto ne abbia memoria, si sono confrontate. L'attuale normativa sullo scioglimento dei consigli comunali è valida, anche se forse andrebbe ancora più rafforzata e incrementata – l’ipotesi già esiste – estendendo l'intervento anche ai semplici dipendenti a seguito di scioglimento del comune».

Secondo l’86% degli imprenditori intervistati, il connubio tra mafia e politica ha alterato lo sviluppo del territorio e per quattro su cinque (80,4%), anche la relazione Cosa nostra-imprese ha inquinato le traiettorie di crescita socio-economiche.

Per due imprese su tre, poi, le pratiche estorsive ed usuraie, spesso legate a minacce ed atti vandalici, costituiscono i comportamenti criminali più gravi. E, in particolare, per quanto riguarda l’usura le imprese non nascondono la potenziale responsabilità di una pubblica amministrazione che paga in fortissimo ritardo i propri debiti alle aziende.

La provincia di Palermo, si legge nel rapporto, si classifica ancora come «un territorio ad elevata intensità criminale» con «una vulnerabilità sociale ed economica» che la rende «terreno fertile per la criminalità, che nel territorio, si distingue per l'esercizio (di tipo militare) di un diffuso e capillare controllo delle attività economiche, politiche e amministrative, sviluppando contiguità con le imprese, le forze dell'ordine, la classe dirigente, i professionisti».

Secondo gli imprenditori intervistati, le attività legali ascrivibili alle organizzazioni criminali incidono sul Pil provinciale in misura del 10,8% mentre quelle illegali contribuiscono per il 9,5%.

I settori maggiormente interessati dalle interferenze mafiose sono quelli delle costruzioni (77,8%) e dei lavori pubblici (65,2%), seguiti più a distanza dal commercio (22,4%). Il 44,8% del campione di imprese ritiene che la criminalità organizzata aumenta la concorrenza sleale, mentre un imprenditore su tre attribuisce a questo fattore la mancata crescita dell'occupazione (34,6%).

Per contrastare l’illegalità, sottolineano l’importanza dell'approccio repressivo, cioè interventi delle Forze dell'ordine e maggiore severità delle leggi, ma anche di quello preventivo, ovvero politiche per la coesione sociale, promozione del senso civico e della cultura della legalità, che mirano soprattutto a sradicare la matrice socioculturale della criminalità.

r.galullo@ilsole24ore.com