New Bridge/2 Le (nuove) streghe di Benevento: cellule mafiose legate a Cosa nostra di New York – Narcoaffari con la ‘ndrangheta

E’ proprio vero che al mondo tutto è relativo: 18 pagine su 315 sono poche in valore assoluto ma sono un macigno in valore relativo.

Mi riferisco a 18 pagine contenute del decreto di fermo con il quale ieri la Procura della Repubblica di Reggio Calabria (le firme sono del capo Federico Cafiero De Raho, dell’aggiunto Nicola Gratteri e del sostituto Paolo Sirleo) con l’Fbi e la Procura distrettuale di New York ha smantellato un’organizzazione internazionale (l’ennesima) dedita al narcotraffico e le cui basi erano Reggio Calabria e New York. L’operazione, denominata New Bridge ha rivelato l’esistenza di un vero e proprio patto tra Cosa nostra americana (in particolare la famiglia Gambino) e la ‘ndrangheta di Gioiosa Jonica (in particolare la famiglia Ursino). Sono 17 le persone in Italia e 7 quelle negli Usa arrestate o fermate.

Torniamo a quelle 18 pagine che, da pagina 97 a pagina 109 del provvedimento, descrivono l’”organizzazione mafiosa beneventana”.

Un’organizzazione secondo l’accusa con sede a Montefalcone di Val Fortore, un buco di 1.627 abitanti a 830 metri sul livello del mare. Tutto qui. Segni distintivi (prima di questa operazione): nessuno.

Eppure è proprio in questo sperduto paesino che la Dda di Reggio Calabria ha scoperto chi promuoveva, organizzava e pianificava le attività, curando i rapporti con Cosa nostra americana e decidendo quali persone affiliare e presiedendo alle investiture. E ha scopeto un italo-americano di New York, collegato alla famiglia Gambino, che partecipava nel ruolo di promotore del gruppo beneventano, fungendo da ufficiale di collegamento e impartendo le direttive sulle attività dell’organizzazione.

In questo paesino dove si conosceranno tutti e dove tutti in un modo o nell’altro saranno imparentati, ad un certo punto ha trovato rifugio anche un altro siculo-americano che era stato cacciato dagli Usa come soggetto indesiderato per essersi macchiato di gravi rapine e false attestazioni sull’identità personale.

Nell’organizzazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti (il “ponte” tra Cosa nostra americana e la ‘ndrangheta calabrese con il protagonismo attivo dei cartelli della droga centro e sudamericani), sono emerse evidenze probatorie che spingono la Procura di Reggio Calabria ad affermare che «il gruppo dei beneventani, lungi dall’essere un mero gruppo di soggetti votati al crimine, è risultata essere una vera e propria organizzazione di stampo mafioso caratterizzata da un vincolo di affiliazione basato sulla forza di intimidazione che ne contraddistingue l’aspetto ontologico».

E’ un’organizzazione che dunque va alla ricerca anche di nuovi affiliati anche in vista di «numerosi e importanti lavori da poter compiere». Complessivamente gli affiliati oscillerebbero tra gli 8 e i 10 buona parte dei quali fermati con questa operazione che, se dovesse approdare in un’aula di Tribunale e superare indenne tutti gli eventuali gradi di giudizio, di fatto avrebbe smantellato la (presunta) associazione mafiosa.

Tutto il materiale probatorio convince i magistrati della Dda reggina che la compagine beneventana è autonoma, «seppur collegata a doppio filo con i newyorchesi, votata al crimine, con un organigramma, seppur allo stato non altrettanto complesso e variegato come quello della ‘ndrangheta e comunque dotato di riti di affiliazione, giuramenti di sangue che si pagherebbero con la morte, simboli di riconoscimento”.

Insomma, il materiale certamente non può essere dimostrativo della adesione dei sodali a un circolo culturale ispirato a regole bizzarre o a un mero sodalizio massonico; né possono ritenersi le frasi come espressioni ricollegabili a un innocuo pour parler.

Al contrario, le conversazioni si vanno a innestare nel solco di una palese logica mafiosa o ad essa assimilabile giuridicamente.

Peraltro le medesime conversazioni si vanno a inquadrare in un preciso contesto criminoso, il che permette di qualificare tale gruppo e ascriverlo al dettato normativo di cui all’articolo 416 bis.

Addirittura vi è una conversazione nella quale il Bar…omissis…, sede dell’organizzazione, sarebbe una sorta di succursale di Corleone e i cittadini proverebbero timore nei confronti degli affiliati.

Per cui deve ritenersi dimostrata l’esistenza di un’organizzazione di tipo mafioso nel comune beneventano». Il riferimento a Corleone (e non Capaci come per una svista è stato scritto nel decreto di fermo ndr) evoca purtroppo, nella mente di chi l’ha citata, l’onnipotenza della forza criminale anche fuori dai confini siciliani.

Tremate, tremate, le streghe sono tornate. Solo che partono da New York e fanno tappa nella provincia di Benevento nel nome degli affari del narcotraffico.

r.galullo@ilsole24ore.com

2 – to be continued

(Si legga la prima puntata in http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/02/new-bridge1-lfbi-di-new-york-colpita-dal-funzionario-corrotto-nel-porto-di-gioia-tauro-a-botte-di-200mila-euro.html

 

  • leonardo agrella |

    Che la vita non sia un sondaggio è certo, ma si potrebbe quantomeno confrontare se quanto scritto dai magistrati sia vero o no, oltre che fare un semplice copia e incolla. Mi riferisco naturalmente alle intimidazioni o appalti pilotati. La mia non è la difesa di persone o reati, ma di un popolo, che si sente giudicato e accusato a sua insaputa. Mi sarò espresso male, ma ripeto che stimo il Dott. Gratteri del quale conoscevo i libri prima di questa vicenda, e personalmente lavoro affinché la cultura e la conoscenza, di cui il giudice parla spesso, sia da motore e cuore di una civiltà migliore. Ma come ha detto lo stesso Gratteri La notte degli arresti: “la ndrangheta va nei piccoli centri che riesce meglio a controllare perché isolati…” . Allora non isolateci ancora di più licenziando la notizia come l’ennesimo caso di malavita del sud Italia, perché è proprio il falso che ci isolerà ancora di più, intimidendo i pochi che credono ancora che una comunità possa migliorare anche con gli errori.
    Leonardo Agrella

  • galullo |

    Signor Agrella sul perchè la Procura prima e il Gip poi (che ha firmato l’ordinanza) scrivano e parlino di “timore” deve chiederlo direttamente a loro se crede, non certo a me che mi sono limitato a riportare i passi del provvedimento. Ma se l’hanno scritto avranno le loro ragioni, non crede? Ragioni che, ovviamente, dovranno essere poi sviluppate in un’aula di Tribunale. Certo è che la sua è una strana idea di giustizia, visto che chiede una specie, mi par di capire, di sondaggio tra i cittadini per capire se si ha timore o meno di una famiglia piuttosto che di un’altra. Non siamo in un sondaggio tv, Agrella. Per il resto mi pare che la sua sia un’accorata difesa delle persone indagate: per carità di Dio, non mi permetto di sostituirmi ai giudici e quindi avrà le sue ragioni ma certo è che mi sorpremde quando, imitando i nostri politici che hanno case senza saperlo, dice che ci sono “affiliati” a propria insaputa. Questa mi mancava ed è splendida! saluti

  • leonardo agrella |

    Bé Signor Roberto è quasi tutto vero ciò che scrive sull’autorevole quotidiano, nell’articolo dedicato all’operazione New Bridge, e come molti miei compaesani le avranno scritto non siamo altro che un paesino di montagna del beneventano, dove nulla succede, di poche anime quasi tutte imparentate, dove tutti sanno tutto di tutti, e quale enorme sgomento ha scaturito questa vicenda, dato che si usano termini ai quali non siamo certo abituati.
    Tanti sono e saranno i particolari da chiarire, uno su tutti che mi sta più a cuore: IL TIMORE che gli abitanti di Montefalcone avrebero nei confronti di questa presunta associazione mafiosa.
    Quello che non riesco minimamente a capire è come si possa scrivere una falsità simile senza neppure chiedere a uno solo degli abitanti, senza chiedere o informarsi sullo stato reale delle cose. Se qualcuno si fosse degnato di farlo, forse, avrebbe scoperto che l’atteggiamento e le movenze da “guappi del quartiere” era e rimane una caratteristica goliardica e scanzonatoria di tutta un’intera famiglia, considerata dagli abitanti tutt’altro che intimidatoria. Si sarebbe, forse, potuto notare(se qualcuno si fosse degnato di chiedere) che nessuno degli arrestati ha mai avuto a che fare con appalti pubblici perché alcuni dei membri della presunta associazione mafiosa sono e rimangono anche enormemente ignoranti, e incapaci solo di pensare a una truffa ai danni dello stato; pilotando le gare d’appalto! A Montefalcone di Valfortore! Si fa una gara se va bene ogni 2 anni. Che avrebbero dovuto pilotare. Forse si erano affiliati a loro insaputa. E spero però che questa scusante valga per loro come per la maggior parte degli uomini di governo i quali vengono chiamati a rispondere spesso di reati di cui non sanno mai nulla. Si potrebbero definire “i mafiosi del beneventano a loro insaputa”, e forse qualcuno noterebbe anche l’assurdità di una vicenda che ha sconvolto un “BUCO” di paese distruggendo in una notte sola anni di storia e di serenità, trascinando tutta un’intera comunità allo sbaraglio perché non sappiamo e non capiamo a cosa bisogna credere e di chi ci si più fidare. Concordo sul fare pulizia e scardinare le nuove mafie e le nuove associazioni ndranghetiste, stimo e apprezzo come tutti il lavoro di Gratteri e dei suoi colleghi, che reputo eroi, ed è proprio per avvalorare il loro sforzo che bisogna fare chiarezza e dare certezze alla comunità oltre che alle famiglie.
    Distinti saluti

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