Telefonata del 27 novembre 2013: «Matteo Messina Denaro comanda tutta Palermo e tutta la Sicilia di Trapani»

Amati amici, da ieri sto analizzando alcuni aspetti dell’operazione con la quale la scorsa settimana la Dda di Palermo (con il procuratore aggiunto Teresa Principato e i pm Marzia Sabella e Paolo Guido), coinvolgendo tutte le forze dell’ordine, ha inferto un duro colpo alla rete che protegge il superboss Matteo Messina Denaro.

Con il servizio di ieri abbiamo visto cosa sta accadendo alla successione (reggenza) al vertice del mandamento di Castelvetrano (regno trapanese del boss latitante dal ’93) mentre la prossima settimana andremo a spigolare su dolorosi aspetti di natura economica che questa operazione ha svelato.

Rompendo definitivamente e coralmente il fronte – non a caso Polizia di Stato, Carabinieri, Gdf e la Dia sono state tutte coinvolte nell’operazione – investigatori e inquirenti hanno infatti deciso di lasciare il “re” nudo. Quest’operazione – che si aggiunge ad altre fatte in precedenza – ha infatti spogliato Matteo Messina Denaro di uomini e risorse.

Oggi, semplicemente, rendo noti i lettori di questo umile e umido blog che, nonostante i durissimi colpi inferti e 20 anni trascorsi a sottrarsi alla cattura, fino a oggi a comandare è sempre lui, Matteo Messina Denaro.

Anche le ultime evidenze investigative provano come a Matteo Messina Denaro sia stata e sia stabilmente garantita, nonostante la persistente condizione di latitanza, la tempestiva e piena cognizione delle questioni di interesse del mandamento  mafioso e l’esercizio delle prerogative di valutazione e decisione legate alla sua riconosciuta funzione di vertice.

E questo lo possiamo affermare (non certo io ma gli inquirenti) perché lo apprendiamo dalla viva voce dei familiari.

LA TELEFONATA

 

Indiscutibile è, al riguardo, l’eloquenza di uno stringato scambio di battute intercorso tra Giovanni Santangelo e Rosa Santangelo (rispettivamente fratello e sorella della madre del latitante e che non sono indagati) nell’ambito di un recentissimo colloquio del 27 novembre 2013. Quello scambio di battute viene intercettato dalla sala ascolto della Procura di Palermo e messo, con nonchalance, nell’ordinanza.

Rosa Santangelo dichiara con riferimento, per la Dda di Palermo e per il Gip Maria Pino, a Matteo Messina Denaro: «Lo informano! Lo informano! Lo tengono informato!».

Ed ancora, con un’espressione che sintetizza efficacemente la nitida percezione del ruolo di assoluto rilievo che il latitante riveste in termini di continuità in seno a Cosa nostra, così si esprime Giovanni Santangelo: «Rosa … vedi che lui comanda tutto Palermo, tutta la Sicilia di Trapani, tutta la provincia …». Lui, vale a dire Matteo Messina Denaro, comanda tutto…E’ chiaro?

Del resto anche l’ultima relazione della Dia, sul primo semestre 2013, spedita tre giorni fa al Parlamento, conferma il ruolo di padre-padrone (nella provincia di Trapani, a partire dal mandamento di Castelvetrano) di Matteo Messina Denaro.

Analoga straordinaria efficacia è contenuta per investigatori e inquirenti nel tenore categorico della direttiva che Patrizia Messina Denaro (sorella del latitante, arrestata la scorsa settimana) ha recepito direttamente dal fratello latitante e riferito il 19 giugno 2013 al coniuge detenuto Vincenzo Panicola: «Che nessuno lo tocchi! Lasciatelo stare … dice … più danno può fare! Di più … per dieci volte … una catastrofe. Perciò se qualcuno ti chiede, gli dici: lasciatelo stare». Questa era la disposizione, destinata a valere in ambito carcerario, resa da Matteo Messina Denaro a tutela di Giuseppe Grigoli. In ambito carcerario – si legge a pagina 62 dell’ordinanza – Giuseppe Grigoli era stato definito “sbirro” ed era stata valutata l’eventualità di una rivalsa anche violenta nei suoi confronti. Grigoli aveva (avrebbe) giustificato la propria condotta processuale innanzi agli altri detenuti affermando di essere stato «autorizzato a fare così» da Matteo Messina Denaro al fine di «salvare i beni».

 

NULLA QUAESTIO

Ora un pizzico di storia recente per ricordare come stanno le cose nel vertice di Cosa nostra. I Ros dei Carabinieri il 7 settembre 2008 documentarono l’incontro tenutosi a Campobello di Mazara tra Francesco Luppino (ritenuto dagli inquirenti un esponente di rilievo della famiglia di Campobello di Mazara) e gli esponenti di Cosa nostra palermitana G.C. (reggente della famiglia mafiosa di San Giuseppe Jato), A.S. (capo del mandamento di Belmonte Mezzagno), G.Di M. (organico alla famiglia mafiosa di San Cipirrello), S.C e G.A. (entrambi investiti di funzioni apicali in seno al mandamento di Villagrazia – Santa Maria di Gesù).

In quell’occasione Cosa nostra palermitana ricercava  – tramite la qualificata interlocuzione di Francesco Luppino, all’epoca portavoce, secondo gli inquirenti, di Matteo Messina Denaro – l’assenso dello stesso Matteo Messina Denaro al progetto di ristrutturazione di Cosa nostra e di ricostituzione della commissione provinciale, vera e propria cabina di regia di Cosa nostra.

Il 10 settembre 2008, dialogando con S. C. e G. A., G.S. ha così efficacemente delineato l’argomento: «Ognuno si prende il suo mandamento e facciamo le cose belle sistemate… all’ultimo ci sediamo e cerchiamo di fare una specie di commissione all’antica…».

Nulla da fare, però. La riunione e anche un secondo tentativo effettuato nel 2011, andarono a vuoto e così formalmente a capo della Commissione provinciale, mai più riunita dopo l’arresto di colui il quale era al vertice, vale a dire Totò Riina, resta dunque lo stesso Riina.

L’intercettazione del novembre di quest’anno, tra i congiunti di Matteo Messina Denaro, ci fa però capire che Palermo e Trapani (nonostante tutto quanto è successo) sono ancora “Cosa sua”.

Alla prossima settimana

2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata ieri, 19 dicembrehttp://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2013/12/in-galera-francesco-guttadauro-nipote-prediletto-del-boss-matteo-messina-denaro-i-giochi-sullasse-pa.html )

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