Il memoriale di Nino Lo Giudice/2 Il «brillante puro» Giuseppe Lombardo entra a sorpresa nelle premure dell’ex pentito

Cari lettori, da ieri mi sto dedicando alla lettura e all’analisi (per quel poco che un giornalista cialtrone può) di alcune parti del secondo memoriale di Nino Lo Giudice, inviato anche questa volta con squilli di tromba a mezzo mondo.

Se avete letto il mio post di ieri al quale rimando, saprete che non mi appassiona (non mi appassionò neppure nel primo memoriale) la parte in cui il nano spara a zero contro la “cricca”, chiamata questa volta “squadra antimafia”, composta a suo scrivere da magistrati e investigatori che lo hanno indotto a mitragliare tutto e tutti e a inventarsi o avallare un fiume di balle.

Sapete come la penso e l’ho sempre pensata: ritenevo non credibile Lo Giudice prima, quando sparava a palle incatenate contro Alberto Cisterna e schizzava di fango altri magistrati, non posso ritenerlo credibile ora che sgancia bombe atomiche su Pignatone Giuseppe, Prestipino Giarritta Michele, Ronchi Beatrice e Cortese Renato.

Visto che la coerenza è una virtù alla quale professionalmente e personalmente tengo sovra ogni cosa, non lo ritengo del tutto credibile anche se – come ho sempre pensato e dunque scritto – ha sempre abilmente mischiato, sotto un’abilissima regia, menzogne a parti di verità.

DONADIO

In questo secondo memoriale ne spara alcune davvero straordinarie: come il fatto di essere stato minacciato di morte dal magistrato della Dna Gianfranco Donadio. Conosco personalmente Donadio e – sono pronto a mettere la mano sul fuoco – non sarebbe in grado neppure di minacciare l’uccisione di una zanzara morta. E’ un magistrato pacato e preparato. Poi avrà le sue idee – come tutti – che tanto hanno agitato ultimamente le Procure di mezza Italia e la stessa Dna ma certo è che quell’accusa è incredibile e già nel primo memoriale è stato oggetto di pesanti accuse che, come sempre, non sta ai giornalisti verificare.

Ma torniamo a noi e ad un passaggio che reputo – posso dirlo? – raggelante nel memoriale “autoeterodiretto” del nano.

Tra il rusco e il brusco, nel secondo capoverso del suo memoriale, Lo Giudice tira fuori, scrivendola in grassetto e dunque volendo volontariamente dargli una evidenzia superiore alle altre, la seguente frase stranamente preceduta da una parentesi tonda: «(Uno dei magistrati onesti che ho conosciuto è il dr. Giuseppe Lombardo, è un uomo in ogni senso, ha bisogno di essere sostenuto da parte di tutti i suoi colleghi. Non bisogna lasciarlo solo, sostenetelo!!!!!!Perchè è importante per tutti. Non è un corrotto, o tragediatore, né un vigliacco…..Ma un vero uomo prezioso. Un brillante puro)». Anche la sottolineatura dell’ultimo periodo è originale nella lettera fatta pervenire all’avvocato Giuseppe Nardo.

In lingua italiana una parentesi tonda indica la presenza di una proposizione all’interno di un periodo, legata ad esso solo a livello concettuale e non grammaticale. Ora è vero che non si può chiedere di filosofeggiare o ricordarsi di quanto imparato alle elementari ad un uomo che fugge da tutto e da tutti ma sfugge l’eventuale nesso apparente tra quanto scritto prima di questa frase – in cui Lo Giudice dice che con le sue dichiarazioni non getta fango sul alcuno e che per affermare certe cose ci vogliono due palle così – e quel che segue, in cui il pentito di essersi pentito parla del suo allontanamento da Macerata e scrive che è stata una sua scelta solo sua.

Si faccia attenzione ad un’ultima cosa: mentre Lo Giudice – nel corso del memoriale – si rivolge più volte a magistrati e avvocati con la premessa: «A lei dr…..», nel caso di Lombardo non c’è nulla di tutto ciò, appare dunque una frase sospesa nel nulla, eppure è lo stesso Lo Giudice che scrive di aver conosciuto Lombardo e dunque avrebbe potuto, rispettosamente, rivolgersi a lui nello stesso modo in cui ha fatto con gli altri.

IL DIAMANTE BRILLANTE

Il diamante è la materia prima che viene estratta. E il brillante è il tipo di taglio che viene dato al diamante, che deve avere almeno 57 faccette.

Ancora. Il brillante ha una caratteristica straordinaria: immerso nell’acqua ne esce perfettamente asciutto mentre immerso nei grassi ne esce sporco ma senza che alcuna parte aderisca. Gli acidi, inoltre, gli fanno un baffo.

Infine: è durissimo come poche altre cose in natura. Si può dunque distruggere ma non scalfire.

Ergo, una definizione perfetta per il pm Lombardo: quando si immerge con le sue indagini nel fango della cupola mafiosa ne esce senza sporcarsi ma pronto a depositare i rifiuti sul tavolo delle accuse da provare in giudizio. E visto che Lombardo non si può scalfire si può solo distruggere. E per distruggere un «uomo in ogni senso» – come scrive ancora Lo Giudice – ci sono in Calabria, affermo io, due modi: 1) ucciderlo; 2) delegittimarlo. Quest’ultimo è lo sport preferito a Reggio che può contare anche su sponde inaspettate per far ruotare vorticosamente il fango.

Chi segue questo umile e umido blog e legge il Sole-24 Ore sa che da anni – in beata solitudine nazionale – ho seguito con grandissimo interesse le attività di questo magistrato che è stato a lungo considerato né più né meno che un “ragazzino” visionario. La sua visione – quella follia lucida che solo i retti possono perseguire – era ed è che oltre quella cortina fumogena fatta di riti e rituali a Polsi c’è un cerchio magico di sistemi criminali in cui la ‘ndrangheta appare come un’agenzia di servizi pronta all’uso.

Una follia lucida e straordinaria (non ordinaria dunque) che seguo con passione perché le mafie sono questo: un sistema in cui convivono anime marce di cui sempre più fanno parte cosche, uomini e apparati deviati dello Stato, massoni deviati e professionisti al soldo. Un cerchio magico in grado di indirizzare, scegliere e progettare: vite, morti, progressioni, arretramenti, premi e punizioni. L’Italia non sarebbe al livello in cui si trova se il fungo nucleare di questa cupola mafioborghese non fosse prima esploso in alto per poi depositarsi pian piano a terra ed allargare il suo spettro mortale.

RIFERIMENTO ASETTICO

Il riferimento apparentemente asettico a Lombardo – la cui vita è costantemente in pericolo – non va sottovalutato perché la sua attività può (ripeto: può) essere la chiave di volta per scardinare alcuni meccanismi che le sue indagini stanno mettendo a fuoco: le carriere politiche studiate a tavolino fin dagli anni Settanta soprattutto dalla cosca De Stefano per entrare nella stanza dei bottoni della politica e delle tesorerie di partito; i percorsi studiati a tavolino per entrare nelle municipalizzate e nelle stanze dei Municipi; le strade per entrare nella finanza, nell’imprenditoria, nelle professioni e nel commercio in mezza Italia senza sporc
arsi le mani; il matrimonio tra ‘ndrangheta ed estrema destra; l’evoluzione dei sistemi corruttivi; il modo in cui agevolare e poi distruggere l’ingresso in Calabria di capitali privati; i collegamenti con Cosa nostra e via di questo passo.

Quel passaggio dice frasi che possono essere lette con un continuo doppio senso.

«Ha bisogno di essere sostenuto da tutti i colleghi», scrive Lo Giudice (o almeno pone la sua firma ad un dattiloscritto) e questo passo può essere letto sia come un invito alla Procura tutta a stringersi a coorte (ma quale credibilità e autorità ha Lo Giudice per un tale appello?), che come una presa di coscienza che, fino a non molto tempo fa almeno, Lombardo era solo e isolato. E ora che la Procura conta su un capo come Federico Cafiero De Raho che ha dato nuovo impulso alle indagini di Lombardo, anche grazie a un abbrivio di gioco di squadra, quell’isolamento pian piano si sta rompendo.

«Non bisogna lasciarlo solo, sostenetelo!!!!!!Perchè è importante per tutti» scrive ancora Lo Giudice (valgano le osservazioni precedenti). Dice però «sostenetelo», rivolgendosi apparentemente a colleghi pm e collettività e non scrive «sosteniamolo», però poi dice che è importante «per tutti».

«Non è un corrotto, o tragediatore, né  un vigliacco…ma…», come a dire – e sfido chiunque a smentirlo – che cercare di avvicinarlo è impossibile. Infatti è «un vero uomo prezioso».

Insomma, il messaggio – che per chi segue le vicende di questo pm era chiaro già da tempo – è ancor più chiaro nonostante l’abilissima scrittura che legittima a credere (ancora una volta) che la farina del sacco abbia diversi mugnai.

Ergo, quel passaggio nella lettera – comunque lo si legga e qualunque interpretazione si voglia dare – è un messaggio di allarme per la vita di Lombardo, incontrovertibile.

Lombardo – è questo il messaggio – rischia ora più che mai la pelle perché è stato a lungo l’unico a scassare la minchia della cupola mafioborghese e a maggior ragione diventa più pericoloso ora che allunga le sue indagini a Milano e giù in Sicilia.

E visto che i simboli – come ha ricordato recentemente in un incontro pubblico in Calabria la scorsa settimana il pm Nicola Gratteri – sono tutto, ricordo ancora una volta che il primo memoriale è stato fatto consegnare da Nino Lo Giudice nel corso di un ennesimo momento vitale del processo Meta nel corso del quale avrebbe dovuto ancora deporre Peppe De Stefano. Il memoriale venne consegnato in aula poco prima della deposizione di Peppe De Stefano all’avvocato di Pasquale Condello, il “supremo” che tanta parte, direttamente o indirettamente, ha avuto e ha nella vita (come del resto i De Stefano) della famiglia Lo Giudice. E la pubblica accusa in quel processo è Giuseppe Lombardo.

Ora – come ho scritto ieri – se è una coincidenza è una coincidenza perfetta: le due cosche regnanti sono state protagoniste (involontarie?) del colpo di scena che ha sparigliato le carte sul tavolo.

E non può sfuggire un’ultima coincidenza: nel memoriale, Lo Giudice si spertica per rassicurare che con la cattura del “supremo” lui non ha nulla a che vedere così come ha dovuto subire le domande sul figlio di Pasquale Condello, Francesco (non sta ovviamente a me accertare se è vero o falso) e che (pagina 11 del memoriale, primo capoverso) lui dei De Stefano non sa proprio nulla. Anche quest’ultima cosa non posso certo appurarla io e spero proprio – come ho scritto ieri – che Lo Giudice si consegni a Cafiero De Raho per resettare tutto e ricominciare da zero. E per salvarsi la vita.

2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata ieri 26 agosto)

r.galullo@ilsole24ore.com

  • bartolo |

    straordinario, galullo. la storia della ndrangheta fatta dai pentiti è identica alla storia della magistratura italiana governata dal csm e dalle correnti che lo compongono. straordinario veramente, prendere atto inconfutabilmente che mentre un elevato numero di innocenti sono stati massacrati dalla magistratura sulla base di falsi riconoscimenti fotografici e false dichiarazioni di pentiti; quando, invero, queste ultime prendono la direzione tra le diverse fazioni di magistrati s’impone, alto e giusto, immediatamente, lo stato di diritto. ieri le garanzie giuridiche hanno posto al riparo da qualsiasi tragedia cisterna e compagnia; oggi, com’è giusto sia, neppure saranno iscritti sul registro degli indagati pignatone, prestipino, ronchi e cortese.
    art. 3 della costituzione:
    tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali…
    vorrei chiedere agli eminenti costituzionalisti, di cui l’italia è piena, se tra le condizioni personali e sociali dei cittadini italiani rientrino pure gli appartenenti all’ordine giudiziario… diversamente, bisogna rendere esplicito che i magistrati sono esenti da responsabilità penali, o quantomeno, nei loro confronti le garanzie debbono essere maggiori rispetto ai comuni mortali.

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