Caso De Masi: lo “spunto” per una interrogazione parlamentare di Dalila Nesci (M5S) sui «crimini delle banche»

Monta l’interesse sul caso dell’imprenditore Antonino De Masi che ha annunciato la chiusura di alcune attività produttive per il 10 luglio con conseguente licenziamento di 101 dipendenti. Motivo? A parte le “sciocchezze” di essere perseguitato dalle banche e di vivere sotto scorta perché minacciato di morte, attende “solo” dal 2006 il Fondo di solidarietà per le vittime di racket e usura nonostante 14 sentenze a lui favorevoli da Tar e Consiglio di Stato (si vedano i post su questo blog del 1° e del 2 luglio).

Dopo l’interrogazione parlamentare della senatrice del Pd Doris Lo Moro, gli interventi di Angela Napoli, della Regione Calabria, di Confindustria e Cgil e in attesa dell’incontro domani in prefettura, oggi la deputata calabrese del Movimento Cinque Stelle Dalila Nesci vedrà pubblicata l’interrogazione parlamentare a risposta scritta al Presidente del Consiglio, al ministro delle Finanze e a quello della Giustizia, n 4/1099, depositata due giorni fa.

L’interrogazione – di cui Nesci è prima firmataria – è sui «crimini delle banche». Insomma, tutto un programma.

BANKITALIA: PUBBLICA O PRIVATA?

Le premesse dell’interrogazione sono lunghe ma interessanti perché ripercorrono alcune delle ultime vicende che hanno, come dire, inquinato il rapporto tra credito e clienti. E così, partendo dalla sentenza n. 2058 del 23 febbraio 2000 della Corte di cassazione, sezione I civile, che ha chiarito che la tutela del risparmio è interesse pubblico, riconosciuto in Costituzione all’articolo 47, cosicché l’attività bancaria nel suo complesso è soggetta a «tipiche forme di autorizzazione, vigilanza e trasparenza», la parlamentare ripercorre il procedimento Brontos, la cosiddetta scalata di Antonveneta, la truffa dei Parioli e la scalata di Bnl da parte di Unipol.

Proprio prendendo spunto da questa vicenda, Nesci torna a interrogarsi con forza sul ruolo di Bankitalia: arbitro o giocatore?

La Banca d’Italia è infatti – secondo la legge bancaria del 1936 – un istituto di diritto pubblico, come è stato ribadito nella sentenza 16751/2006 della Corte di Cassazione, anche se le quote di partecipazione al capitale della Banca d’Italia sono per il 94,33% di banche e assicurazioni private e per il restante 5,66% di enti pubblici.

«A parere degli interroganti – si legge nel testo – la riferita ripartizione delle quote pone alla base un reale problema di fondo, insuperabile nonostante la legge e il diritto, rispetto alla concreta autonomia dell’Istituto nella vigilanza che gli compete».

IL DECALOGO DELLA VERGOGNA

Fatta la premessa, Nesci si sbizzarrisce in un vero e proprio istruttivo decalogo (in realtà le doglianze sono 13) di quelle che sono alcune delle – vogliamo chiamarle con ironica bontà, stranezze? – di cui spesso le banche sono campionesse assolute. Ve le elenco per come appaiono nell’interrogazione:

1) la magistratura riconosce che istituti di credito applicano spese e commissioni ritenuti illegali, modificando poi le condizioni contrattuali con il cosiddetto «ius variandi», sicché il contraente privato risulta, anche a giudizio dell’Autorità garante della concorrenza, la parte più debole;

2) recenti statistiche sull’arbitrato bancario rappresentano che le vertenze trattate si concludono con il riconoscimento delle ragioni del cliente e il rimborso delle somme illegalmente sottratte, in oltre il 60% dei casi;

3) l’Autorità garante della concorrenza, per esempio nella As496 del 2 febbraio 2009, ha ribadito che l’obiettivo da perseguire è l’esistenza di mercati correttamente regolati, nei quali deve essere rigoroso il rispetto della legalità, poiché un ristretto gruppo di persone ha finora condizionato le scelte e imposto le strategie del sistema bancario;

4) la legge 108/96 ha in parte riformato l’articolo 644 c.p., disponendo che «la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurai» e che per la determinazione del tasso soglia (Teg, il Tasso effettivo globale) si tiene conto «delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito»;

5) contrariamente al dettato della legge e informandosi alle circolari della Banca d’Italia, le banche hanno spesso escluso dal calcolo del Teg le Commissioni di massimo scoperto (Cms) e altre spese, senza considerare l’effetto dell’anatocismo e dell’antergazione e postergazione delle valute;

6) in Italia vi sono 85 milioni di rapporti bancari, secondo quanto riferito da Anna Maria Tarantola, ex vicedirettore di Banca d’Italia, nell’intervento al ventennale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, tenuto il 19 marzo 2010;

7) se, anche in apparente buona fede, si addebitassero 10 euro a trimestre per ogni rapporto, si avrebbe un trasferimento di ricchezza di 3,4 miliardi all’anno;

8) visto che nel sistema quattro banche detengono il 50% di tali rapporti, con un semplice errore di 10 euro si trasferirebbero nelle casse – e conseguentemente nelle tasche di qualcuno, presto individuabile – 1,7 miliardi all’anno;

9) l’uso di software gestionali per la rilevazione delle operazioni di versamento e prelievo, per l’annotazione di spese e valute e per la rendicontazione trimestrale del saldo è sovente programmato, secondo denuncia-querela penale visionata dagli interroganti, in modo da applicare forme di anatocismo vietate dalla legge e trarre in errore i clienti;

10) le circolari della Banca d’Italia citate hanno soltanto fini statistici, come chiarito dallo stesso Ente in una nota di risposta a un privato (protocollo n. 0849617/11 del 14 ottobre 2011) e confermato dal Tribunale di Alba nella sentenza del 18 dicembre 2010, estensore magistrato Luca Martinat, per cui «al fine dell’individuazione elemento oggettivo del reato di usura, le istruzioni della Banca d’Italia non assumono carattere vincolante per il giudicante, il quale conserva sempre il potere di sindacare la correttezza e la conformità delle predette istruzioni al dettato legislativo»;

11) la Corte di Cassazione, nella pronuncia n. 12028 del 19 febbraio 2010 – e in maniera analoga nella sentenza del 14 maggio 2010, n. 28743 – ha esplicitato che «il tenore letterale del comma 4 dell’art. 644 c.p. impone di considerare rilevanti, ai fini della determinazione della fattispecie di usura, tutti gli oneri che un utente sopporti in connessione con il suo uso del credito»;

12) con pronuncia a sezioni unite n. 24418 del 2 dicembre 2010, la Corte di Cassazione ha stabilito la definitiva nullità di ogni forma di capitalizzazione degli interessi per contrasto con l’articolo 1283 c.c., quindi, con sentenza n. 9695/2011, ha ribadito che è «illegittima la capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi di conto corrente bancario passivo per il cliente»;

13) in ordine alle cosiddette  «valute fittizie», possono qualificarsi come espediente per allungare i giorni di prestito di somme e ridurre quelli di deposito, per quanto desumibile dalla sentenza di Cassazione n. 13143 del 10 settembre 2002, in cui, in materia di revocatoria fallimentare, è scritto che «la copertura o meno del conto va accertata con riferimento al saldo disponibile, quanto agli addebiti degli assegni tratti sul conto corrente, in ragione delle epoche della loro registrazione da parte della banca, e non al saldo per valuta».

IL CASO DE MASI

Fin qui le doglianze sulle quali molto c’è da riflettere. Se infatti, fino al punto 6 ci troviamo di fronte ad una critica feroce ma supportata da molti fatti e lo stesso si può dire per i punti da 10) a 13), i punti 7) e 8) appaiono addirittura dirompenti e chiamano in causa una cattiva fede ed errori che – se provati di volta in volta – sarebbero criminali. Il punto 9 poi, di per se è esplosivo perché dice, chiaro e tondo, che spesso («sovente» non è altro che un sinonimo) i software gestionali contabili sono “taroccati” a scapito dei clienti ma trovandoci di fronte ad una denuncia penale di cui Nesci dà notizia, non resta che attendere gli esiti.

Arriva poi nell’interrogazione il momento di affrontare il caso De Masi, le cui aziende hanno patito condotta usuraia da parte di alcune banche (e lo dicono le sentenze). La Corte di cassazione, con decisione n. 46669/11 del 23 novembre 2011, lo ha certificato, ritenendo presidenti e cda coinvolti negli sforamenti nell’usura e stabilendo, ai fini risarcitori, che l’azione civile potrà essere espletata contro gli istituti di credito, benché non accertato il responsabile penale della condotta illecita.

Lo stesso imprenditore De Masi ha denunciato alla magistratura quanto capitatogli, utilizzando l’espressione «disegno criminale».

E giù poi con una serie di richiami (alcuni sbagliati sulla primogenitura giornalistica di alcune denunce) sul costo dei servizi bancari, sui relativi aumenti, sui dividendi agli azionisti, sulle voci nascoste negli estratti conto, sui disservizi, sull’uso distorto della Commissione di massimo scoperto (Cms), sui controlli (anche informatici) interni alle banche, sui cavilli di sapore leguleio perlopiù impossibili da scorgere e capire, sulle commissioni sproporzionate, sull’atteggiamento poco professionale, sugli intrecci finanziari tra azionisti e i conflitti di interesse, sul costo del denaro e via di questo passo, al punto da elencare, a titolo di esempio, sei recenti sentenze di vari Tribunali che hanno condannato banche a risarcimenti nei confronti di clienti. Il tutto senza dimenticare le recenti indagini della magistratura (a partire dalla vicenda Mps e corollari, derivati compresi).

Ancora una volta si legge nell’interrogazione che «secondo denuncia querela visionata dagli interroganti, da letture di bilanci bancari e da verbali di assemblea, a volte notarili, emergono fatti inquietanti, per esempio soci che parlano di ruberie e bilanci truccati, nonché di addebiti arbitrari ai correntisti».

LA PIU’ GRANDE TRUFFA DI TUTTI I TEMPI

Alla luce di tutto ciò, Nesci ritiene che «una normale prosecuzione dell’attività di intermediazione bancaria potrebbe rivelarsi, se non ci fossero verifiche e azioni del governo e del parlamento, la più grande truffa di tutti i tempi, anche a stima della situazione economica e finanziaria in cui attualmente si trova il Paese».

E così la storia dell’imprenditore De Masi appare come paradigmatica della gravità della situazione in tema di lavoro, credito bancario e depressione economica del Mezzogiorno, «nonché dell’urgenza di tutelare in Italia il risparmio come interesse pubblico, secondo l’articolo 47 della Costituzione, a partire dall’istituzione di una speciale commissione parlamentare che accerti i comportamenti delle banche nella loro attività di intermediazione».

Non solo una Commissione parlamentare d’inchiesta. Nesci va oltre chiedendo come e con quali risultati gli organi preposti alla vigilanza sono intervenuti sulle questioni della determinazione dei tassi contra legem, dell’anatocismo, delle valute, dello ius variandi, della trattenuta (illecita) dei rimborsi raccomandata dai sindacati, della variabilità, ex abrupto e arbitraria, delle condizioni di conto corrente in relazione al cliente, della nullità dei contratti di mutuo con interessi usurari.

E visto che l’appetito parlamentare vien facendo politica, Nesci chiede al Governo e ai ministri «quali misure, nell’ambito delle rispettive competenze, i Ministri interrogati intendano intraprendere a tutela del risparmio come interesse pubblico, secondo Costituzione, e per rimuovere tutte le possibilità, ampiamente descritte in premessa, di sottrazione di denaro in danno dei titolari di conti correnti; la loro singola valutazione in ordine alle ripartizione delle quote della Banca d’Italia, di cui sono proprietarie le banche che la medesima controlla; quali misure ritengano necessarie in favore delle vittime di usura bancaria, in particolare laddove queste abbiano responsabilità d’impresa e quindi di lavoratori e salari».

Insomma, un atto di coraggio da parte di una giovane parlamentare oltretutto figlia di una terra dove il coraggio è l’eccezione. Non resta che sperare in un coraggio uguale (ma non contrario, che altrimenti annullerebbe il primo) da parte del Governo nel fare luce sulle denunce. E – soprattutto – dare risposte che siano in grado di cambiare (o cominciare a cambiare) il corso dei rapporti tra comuni mortali e banche.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • marco |

    parlate piuttosto della sentenza 350/2013
    che dichiara che la maggior parte dei mutui è nulla perchè contiene usura,nonostante i 4 punti di maggioranza, anomalia italiota , oltre che il 25% europeo
    quando se ne parlerà fuori da striscia e dalle iene, a settembre, ci sarà da ridere…

  • gabriele |

    la dimostrazione che Banca d’ Italia è un’ entità controllata direttamente ed in maniera rilevante dalle banche e dalle assicurazioni, con una ridotta percentuale pari al 5% da Enti pubblici, è visionabile dallo stesso sito ufficiale dell’ istituto di vigilanza che alla voce partecipanti al capitale menziona, nell’ ultimo aggiornamento 27/05/2013, la composizione del suo capitale sociale. Per visionare quanto appena detto bisogna andare sul sito http://www.bancaditalia.it e nella stringa delle ricerche inserire le parole “partecipanti al capitale” e si scopre come i maggiori istituti di credito ed assicurazioni italiani posseggono la maggioranza del capitale dell’ istituto che dovrebbe vigilare.

  • GALULLO |

    Caro Siniscalchi spiace che Lei non abbia letto l’articolo ma solo commentato. Da parte mia cronaca e critica. Forse se li è persi questi due passaggi. Al netto di questo vorrei capire quanti sono d’accordo con lei sui diversi canali di approvvigionamento del credito (eccezion fatta per le Poste spa che si comportano e si comporteranno sempre più da banca). Lei ha un materasso così grande da poter far prestiti a mezza Italia? Se si a sua volta diventerebbe banca (l’esercizio abusivo è vietato per legge). Per essere anche con lei ancor più chiaro: mi sembra, comunque, che nell’interrogazione ci siano dei punti condivisibili, altri meno e a altri degni di approfondimento e trovo riduttivo fare commenti come quelli di Zocca su Bankitalia (vogliamo parlare del potere ispettivo? O forse per Zocca questo è slegato dalla “natura” doppia della stessa Bankitalia nei confronti della quale nutro non solo grande rispetto ma ho anche avuto la fortuna di conoscere degli alti e straordinari dirigenti?). Per la cronaca ancora: il caso, lo spunto era il caso De Masi la cui valenza (anche all’interno dell’interrogazione) a qualcuno sembra essere sfuggito.

  • Mario G. |

    Gentilissimo Blogmaster, mi duole dover sottolineare l’acritica adesione ad un capolavoro di grUllismo militante come questa interrogazione: manca solo che chiedano di abolire il sognoraggio e poi sarebbe completa.
    Una sola annotazione: non è obbligatorio chiedere soldi alle banche, se sono così cattive si può fare a mano di trattare con loro

  • Enzo |

    IL CASO GRIMALDI SOLI CONTRO TUTTI: <a

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