La mafia liquida e carsica che si infiltra e penetra nelle amministrazioni locali: ma siamo in Piemonte, non in Calabria!

Cari amici di blog, ieri abbiamo visto insieme un passaggio dell’operazione Colpo di coda con la quale, a Torino, il 25 ottobre la Procura ha inferto un colpo duro alla ‘ndrangheta che ormai, anche in Piemonte, fa il bello e il cattivo tempo.

Ci sono alcuni passaggi dell’ordinanza che sono stati esaltati da un certo tipo di pubblicistica (alla quale non appartengo) e altri che sono stati solo parzialmente riportati.

Come ad esempio quello – che ha permesso, giustamente, anche una titolazione roboante ad alcuni media – in cui il gip Giuseppe Salerno che ha firmato l’ordinanza Gip su richiesta dei pm Monica Abbatecola e Roberto Sparagna, “la ‘ndrangheta ha determinato, invece, l’esito complessivo delle elezioni amministrative comunali svoltesi in Chivasso nel 2011 consentendo l’elezione di un sindaco che assicurasse al sodalizio criminale non solo appalti e commesse pubbliche, ma anche di entrare “fisicamente” nella giunta e di ampliare il proprio giro di affari e di influenze nelle attività economiche direttamente (o indirettamente) gestite e ciò con l’avallo delle istituzione anche sopracomunali o con il connivente silenzio di non penale rilevanza ma di certa censura”.

Già questo – sia ben chiaro – basterebbe da solo a far riflettere gli italiani (a partire dai piemontesi) sul livello di penetrazione (altro che infiltrazione!) al quale è giunta la ‘ndrangheta, ma è il ragionamento complessivo del Gip e dei pm che merita di essere disvelato.

Ciò che, tuttavia, crea maggiore allarme – si legge nell’ordinanza – è la capacità della “mafia liquida” di infiltrarsi nel tessuto politico della società ove la stessa ha già posto solide radici organizzative, determinazione che era già emersa nell’operazione denominata Albachiara: nell’indicata prospettiva, si ricorda la discussione intercorsa tra Gangemi Domenico e Garcea Onofrio il 28.02.2010 circa l’affiliazione nei ranghi della ‘ndrangheta di Caridi Giuseppe, amministratore comunale presso la cittadina di Alessandria”.

La “mafia liquida” rende bene l’idea perché contemporaneamente disegna la capacità di infiltrarsi e penetrare (coma fa l’acqua nelle pareti) e la capacità di essere carsica (come fa il fiume nel Carso che si immerge per poi riemergere).

IL CONTROLLO DALL’INTERNO

Vale lo stesso discorso di cui sopra: basterebbe questo per continuare a riflettere ma, vi prego, continuate a leggere con me.

Come risulta anche dalla vicenda che ci occupa – si legge ancora nell’ordinanza – alla ‘ndrangheta oggi interessa controllare dal di dentro le istituzioni pubbliche, nascondendosi in essa, così come si nasconde nelle attività imprenditoriali ed economiche, alterando al contempo la vita democratica e la libera concorrenza: da antistato, la ‘ndrangheta si fa essa stessa Stato e diventa quanto mai subdola e pericolosa per l’ordine pubblico e per la pacifica e libera convivenza civile, specie quando lo Stato, per debolezza, incapacità, interesse o connivenza, consente, rimanendo inerte spettatore oltre che preda, la scalata al potere rappresentativo di soggetti portatori di interessi configgenti”.

Eccola lì la “mafia liquida e carsica” che abbiamo visto affacciarsi qualche riga più su. Gli accertamenti degli investigatori e degli inquirenti sui locali di ‘ndrangheta operativi a Chivasso e nella zona di Livorno Ferraris hanno consentito di documentare l’interessamento degli affiliati al sodalizio alle elezioni del sindaco e del consiglio comunale di Chivasso tenutesi il 15 e 16 maggio 2011: l’attività di ascolto autorizzato e i numerosi servizi di osservazione effettuati hanno fornito “una plastica dimostrazione – si legge ancora nell’ordinanza – circa le condotte dei partecipi alla compagine finalizzate a infiltrarsi all’interno dell’amministrazione comunale facendo nominare quale componente della nuova Giunta un soggetto legato alla loro consorteria”.

Secondo la Procura la strategia comune posta in essere dagli appartenenti ai due locali di ‘ndrangheta fosse inizialmente quella di cercare di inserire vari candidati nelle molteplici liste presentatesi, tentando di far entrare nella lista del Pdl il candidato XY e, successivamente, preso atto del mancato accoglimento degli esponenti del Pdl chivassese nel candidarlo, gli stessi affiliati decisero di non schierarsi nelle liste di uno dei due candidati a sindaco che risultavano chiaramente favoriti, ma di favorire la lista capeggiata dal candidato TZ, dell’Udc. Il progetto mirava a rendere necessario il ballottaggio, evitando che una delle due liste favorite potesse vincere al primo turno e, così, a far diventare decisivo per la vittoria dell’uno o altro schieramento e quindi per la designazione del sindaco, l’apporto del sodalizio delinquenziale che poteva contare e controllare il voto di circa 300 elettori.

Ottenuto, poi, il risultato di costringere le forze politiche al ballottaggio, forti dei voti raccolti e chiaramente determinanti per la vittoria al secondo turno, i sodali contattavano gli esponenti dei due partiti maggiori allo scopo di verificare quale delle due coalizioni avrebbe offerto loro le cariche più importanti nella nuova giunta comunale in cambio dell’appoggio elettorale.

LUCIDA STRATEGIA

Ciò che maggiormente sconcerta  - scrivono i pm nella richiesta di misura preventiva – è la spudoratezza del comportamento degli ‘ndranghetisti, i quali, nella “delicata” fase di scelta del partito da appoggiare, non hanno mai inserito nella discussione idee politiche o programmatiche proprie di ciascun schieramento, dimostrando, al loro interno così come all’esterno e, quindi, discutendo con i rappresentanti politici capaci di decisione, alcun riguardo alle idee politiche rappresentate. Tale “modus operandi” non poteva non insospettire gli interlocutori, il cui atteggiamento non è mai stato di chiusura e di censura, ma di accettazione o di rifiuto per mero e diretto calcolo di interesse e di peso numerico, non essendovi traccia alcuna di una presa di posizione decisa, ma piuttosto emergendo uno sconfortante contesto di tolleranza, dove il mancato accordo non rappresentava mai una denuncia, neppure implicita, ma lasciava per il futuro aperta la porta e la prospettiva di nuovi incontri. In detta situazione, la ‘ndrangheta trova il suo humus più fertile ove prosperare certa che anche le forze politiche che in un determinato e preciso momento, per mera convenienza, avessero declinato l’apparentamento con il sodalizio in uno successivo sarebbe state pronte a rivedere, per la medesima convenienza, la loro decisione”.

Così, alla fine, l’associazione decideva di appoggiare la coalizione di centrosinistra dietro la promessa di un assessorato, di un consigliere comunale e di altre cariche di rilievo: l’intera operazione elettorale conseguiva il successo sperato.

C’è altro da aggiungere? Non credo. Solo che – lo ricordo – siamo in Piemonte e non in Calabria. Ma – ormai – c’è tanta differenza?

2 -the end (la precedente puntat
a è stata pubblicata l’8 novembre).

r.galullo@ilsole24ore.com