Nell’era di twitter, un’interdittiva antimafia a Reggio Calabria “balla” per 7 mesi. Botte e risposta tra Pdci e Comune

L'antefatto nella drammaturgia greca è una situazione pre-formata che dà il via all'episodio iniziale del dramma. Esiste – per trasposizione – anche nella cinematografia.

Si usa la rievocazione del passato che scopre l'antefatto della vicenda: è il cosiddetto flash-back. Con questa premessa, andiamo all'antefatto in Calabria.

Quattro anni fa la ditta "Caridi costruzioni" di Reggio Calabria si è aggiudicata i lavori per la messa in sicurezza di sei scuole della città: Nosside di Ravagnese, Cassiodoro di  Pellaro, Lombardo Radice di Catona, Salice di Catona, Gallico Marina e Montalbetti  di Reggio.

La Prefettura, a seguito di un’istruttoria, ha disposto l’interdizione antimafia nei confronti della ditta.

La Prefettura ha comunicato l’interdizione antimafia – denuncia il Partito dei comunisti italiani, Pdci, attraverso il suo segretario cittadino Ivan Tripodi – il 2 febbraio 2012.

La revoca dell’appalto sarebbe avvenuta solo il 4 settembre 2012.

Pertanto sarebero trascorsi sette mesi prima della semplice applicazione di una disposizione  interdittiva della Prefettura.

Quanti lavori negli ultimi anni l’impresa interdetta ha effettuato per il Comune di Reggio Calabria senza esibire l’apposita certificazione antimafia, si è chiesto infine il Pdci?

E ora veniamo all'episodio iniziale del dramma o, se preferite, al primo flash back.

Il 7 settembre il Pdci denuncia che "una delicatissima disposizione della Prefettura in materia di interdizione antimafia non è stata recepita e, addirittura, è stata messa in discussione dall’amministrazione comunale di Reggio Calabria.  Un comportamento illecito che somiglia ad  un vero e proprio sovvertimento dei poteri dello Stato democratico".

E citando (per paradosso e con ironia) le affermazioni del Comune, il Pdci ricorda che ci sono voluti sette mesi per fare "una complessa valutazione di tutti gli elementi acquisiti mediante gli accertamenti disposti per il tramite delle forze di Polizia".

Il partito – scomparso dagli schermi della politica parlamentare ma attivo da queste parti – non si capacita del perché l’amministrazione comunale abbia aspettato 7 mesi per compiere un banale atto dovuto di rescissione del contratto con la ditta interdetta. "Purtroppo la spiegazione, nella sua tragica drammaticità, è semplice – spiega Ivan Tripodi visto che ormai le infiltrazioni mafiose nel Comune di Reggio sono arrivate a tal punto che si è giunti, forse, a  pensare di poter anche distorcere la legge per favorire imprese in odore di mafia. Anche questa vicenda costituisce una nuova palese certificazione del livello delle penetrazioni e delle infiltrazioni mafiose nel Comune di Reggio Calabria. E’, pertanto, necessario chiudere rapidamente il "modello-Reggio": un fallimentare e putrido sistema di potere che ha distrutto e raso al suolo la città provocando una bancarotta etica., morale e finanziaria". 

Accuse a dir poco gravissime. Parole pesanti come macigni.

SECONDO ATTO

E difatti non poteva non esserci un secondo episodio (o flash back) con il Comune protagonista che lo stesso giorno, alle 20.33, diffonde un comunicato stampa con il quale ricorda innanzitutto di aver agito secondo legge e riservandosi di agire a tutela della propria immagine.

Poi entra nel merito. E il merito è che la giunta non c'entra, casomai c'entrano gli uffici. Seguite.

«Nel merito – si legge nella nota – è opportuno comunicare ai cittadini l’operato degli uffici competenti su tali procedure che, strumentalmente, si vorrebbe addebitare in capo alla giunta, per legge organo di governo e non di esecuzione di atti dovuti nel procedimento amministrativo avviato. L’esecuzione dei lavori in questione, riguardanti interventi straordinari nelle scuole risultavano già sospesi, antecedentemente alla decisione interdittiva. Alla notifica della comunicazione prefettizia, l’Ufficio ha perfezionato le attività gestionali relativamente alla revoca dell’appalto dei lavori di messa in sicurezza di alcune scuole, mantenendo la sospensione dei lavori e predisponendo nel contempo la revoca di tutti gli altri rapporti di lavoro che la ditta in questione aveva in essere, in seguito ad aggiudicazioni formalizzate dopo gare d’appalto esperite a norma di legge».

TERZO TEMPO

L'indomani controreplica e terzo episodio dell'ennesimo dramma sul suolo reggino. Leggete la parte saliente al netto del colore e delle reciproche sfide di calcare con piacere le aule giudiziarie. "Risulta patetico il tentativo – si legge nel cuore del comunicato stampa firmato ancora da Tripodidi scaricare sui non meglio identificati "Uffici Comunali" quelle che sono categoriche responsabilità politiche ed amministrative in capo al sindaco e all’amministrazione, perché, com’è noto, se un dirigente omette l’adozione di atti d’ufficio dovuti, l’amministrazione comunale non può  assolutamente fare finta di nulla. Ma, anzi, deve provvedere immediatamente, assumendo tutti gli atti  straordinari che il caso richiede. Tutto questo ovviamente non è avvenuto al Comune di Reggio. Non è, quindi, un caso se per il Comune di Reggio Calabria, dopo il lavoro della Commissione d’accesso antimafia, si intravede l’imminente scioglimento del Consiglio Comunale per inquinamento mafioso. A meno che la giunta Arena non ci accusi di diffondere, anche in questa circostanza, notizie false e tendenziose..."

Questi i fatti e le parole che lasciano più di un interrogativo al netto del fatto che – come afferma ufficialmente il Comune – i lavori della ditta erano già sospesi prima dell'interdittiva e revocati poi.

L'interrogativo fondamentale è però questo: come è possibile che in un qualunque comune italiano possano passare sette mesi o anche un solo mese o anche due soli giorni dal momento della comunicazione prefettizia a quello dell'interdizione amministrativa?

Nell'era di twitter, dove basta un cinguettio per comunicare e decidere, a me sembra qualunque comunicazione vitale per la collettività amministrata che non venga deliberata e resa nota entro 24 ore al massimo, sia un delitto morale. E poco mi cala se a prenderla debba essere un organo politico o uno amministrativo.  A me – questo – pare un dramma.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • giuseppe arena |

    E’ la conferma semmai ce ne fosse bisogno, che in Calabria non esiste la democrazia. Necessita una legge che annulli le elezioni e il potere passi in mano ai Prefetti (o altro istituzione non politica). Facciamo un referendum e vediamo quanti calabresi la pensano così.

  • Franco Macchiano |

    Il “Modello Reggio” è in realtà un “Modello reggini”. Sono reggini coloro che commettono questi scempi, sono reggini quelli che hanno votato questa classe politica, sono reggini i non-oppositori che siedono in consiglio comunale, sono reggini i cittadini che non hanno più una coscienza civica che li spinga a protestare in piazza.
    Reggio ha avuto il dono della terra e del mare, ma non quello degli uomini.

  • Antonio Bianchi |

    Dott. Galullo, sono un suo affezionato lettore e seguo le sue battaglie. Sono un calabrese senza speranza. Quest’ultima vicenda è incredibile. La mafia comanda indisturbata e, per mezzo di politici e burocrati, decide che la Prefettura non conta nulla. Più infiltrazione di questa…Siamo ben oltre il semplice inquinamento. Galullo, le chiedo: cosa altro deve succedere prima che il governo sciolga il comune di Reggio Calabria? E perchè il Pd tace sia in Calabria che a Roma? Non era il partito della legalità? Bravo e coraggioso Tripodi, purtroppo voce solitaria e a rischio isolamento. Ma chi glielo fa fare?

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