Alfredo Ionetti, di famiglia con il “supremo” boss di ‘ndrangheta Pasquale Condello, patteggia (con i figli) la pena a Forlì

Ionetti Paolo 8 mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena. Ionetti Daniele 1 anno e 4 mesi di reclusione con sospensione condizionale della pena. Ionetti Alfredo 2 anni e 2 mesi di carcere con sospensione condizionale della pena.

Siamo a Forli dove la Procura (attraverso i sostituti procuratori Fabio Di Vizio, Marco Forte e il capo della Procura Sergio Sottani) il 25 maggio ha spedito all’ufficio del giudice per le indagini preliminari il consenso al patteggiamento per padre (Alfredo) e figli della famiglia Ionetti.

Si concluderà verosimilmente così un primo filone dell’indagine che la Procura di Forlì ha condotto contro la famiglia di Alfredo Ionetti di cui ha accertato il forte legame con il “supremo” Pasquale Condello non tanto e non solo perché nel 2009 il figlio Daniele ha sposato la figlia del “supremo”, Caterina Condello e perché è legato da vecchia amicizia con Bruno Morabito, il suocero di Pasquale Condello.
Alfredo Ionetti e i figli furono arrestati il 13 gennaio di quest’anno a Cesena con l’accusa di continuare a gestire le aziende che gli erano state confiscate ed erano state affidate a due amministratori giudiziali (Rosario Spinella e Francesco La Camera di Reggio Calabria, di cui vi parlerò in alcuni prossimi post).
Per rendere semplici e sintetiche le accuse della Procura che hanno portato a questo primo patteggiamento è bene che i lettori sappiano che Alfredo Ionetti era accusato di continuare a gestire allegramente le attività commerciali sequestrate nonostante dovesse esserne assolutamente escluso. È come se – per fare un paragone che possa essere compresso immediatamente – un amministratore di condominio avesse continuato a gestire immobili e conti correnti e flussi finanziari attivi e passivi nonostante fosse stato estromesso dai condòmini. E’ come se un allenatore esonerato avesse continuato a guidare la squadra che aveva un nuovo mister o come se il capitano di una nave volesse continuare a reggere il timone anche in presenza di un licenziamento da parte dell’armatore.

Gli inquirenti hanno trovato un elenco impressionante di bonifici, contatti e compravendite gestite in prima persona da Alfredo e dai suoi figli.

I tre – però – secondo l’accusa facevano anche altro e per non farsi mancare nulla finanziavano società, anticipavano somme e – in poche parole – avevano contatti continui con banche e finanziarie (non potendolo e non dovendolo ovviamente fare visto che, teoricamente, c’erano due amministratori giudiziari).

Paradossalmente meno gravi (lo dico ovviamente con una carica ironica che spero tutti siano in grado di cogliere) le altre accuse, a partire dal fatto che Alfredo Ionetti ha violato la prescrizione di “vivere onestamente” e di “rispettare le leggi”, tanto che i due pm accertano che dal 2008 al 2010 non dichiara 48mila euro e non versa Iva per circa 18 mila euro.

Credo che nell’ipotesi investigativa ricostruita e poi provata splendidamente dai pm Di Vizio e Forte, una coppia ormai collaudatissima, sia molto importante la violazione della prescrizione di “non dare ragione di sospetti” e di “non associarsi abitualmente alle persone che hanno subito condanne o che sono state sottoposte a misure di prevenzione” da parte dell’ottantenne Alfredo Ionetti.

Ionetti – che durante gli interrogatori dirà di non sapere cosa sia la ‘ndrangheta – nel periodo preso in esame dalla Procura ha instaurato e conservato relazioni economiche con persone condannate, come del resto testimoniato dal rilascio di effetti cambiari intestati ad Alfredo Ionetti, poi  incassati regolarmente. Ma ad Alfredo Ionetti piaceva anche mantenere rapporti pericolosi come ad esempio rapportarsi con frequenza con persone pregiudicate.

Tutto questo – signori miei – accade a Cesena. Tutto questo – signori miei – consideratelo un gustoso aperitivo rispetto a quel che scriverò nei prossimi giorni su questa vicenda (ma se intanto volete approfondire la vicenda potete farlo collegandovi sul sito www.corrieredellacalabria.it e leggere in archivio le puntualissime cronache del collega Lucio Musolino, l'unico nella coraggiosa Calabria giornalistica ad averne scritto nei mesi scorsi).

1– to be continued

A seguito del decreto della Corte di Appello depositato il 24 settembre 2012, di cui entro in possesso oggi 25 ottobre 2012, posso ricordare che già le sentenze del 17 luglio 2008 con la quale il Gup assolse Ionetti, quanto la sentenza definitiva del 18 dicembre 2009 del Tribunale di Reggio Calabria, avevano escluso che i beni fossero riferibili al Condello, assolvendolo dalle accuse di intestazione fittizia e riciclaggio in concorso con Ionetti per insussistenza del fatto. I beni confiscati – si legge nel decreto – sono riconducibili a Alfredo Ionetti.

r.galullo@ilsole24ore.com

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