Le balle di Bossi e la vera storia di un’indagine partita a Reggio Calabria dalle ceneri di un’altra inchiesta del 1999

Questo pezzo, firmato con il collega Angelo Mincuzzi con il quale sto seguendo l’indagine che sta terremotando la Lega Nord, è uscito la scorsa settimana sul Sole-24 Ore. Lo ripropongo per coloro i quali non avessero letto il giornale.

Corre l’anno 2009. Un pm della Procura antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, decide di lavorare sotto traccia sul versante economico, patrimoniale e finanziario delle cosche De Stefano, Condello e Tegano. Come dire il gotha – famiglia Libri a parte – della ‘ndrangheta reggina.

Senza dare nell’occhio, questo magistrato che sa bene che le radici della trimurti arrivano ben oltre i confini calabresi e italiani, ordina alla Direzione investigativa antimafia (Dia) di seguire le tracce di alcune intestazioni fittizie di esercizi commerciali nel centro di Reggio, riconducibili alle tre famiglie. La Dia di Reggio Calabria non lavora al buio.

 Lombardo dispone infatti che gli investigatori vadano a studiarsi gli atti del procedimento penale 215/99 della Dda, all’epoca istruito da un altro giovane pm: Alberto Cisterna. Quel procedimento non avrà la sorte che la Procura auspicava ma contiene la trama che – nel 2009 – tornerà di attualità.

Il pm Lombardo vuole che la Dia presti particolare attenzione a tre nomi finiti in quella indagine di 10 anni prima: Romolo Girardelli, detto l’ammiraglio, attualmente indagato nell’indagine che coinvolge l’ex tesoriere della Lega, Francesco Belsito, di cui sarebbe stato socio attraverso il figlio Alex, con l’accusa di aver espatriato soldi dei De Stefano; Vittorio Antonio Canale, che nel frattempo si è stabilito in Francia e Paolo Martino, residente a Milano, uomo dai numerosi contatti politici, finanziari e imprenditoriali. Da Lombardo sono considerati la longa manus dei De Stefano con i quali condividono la passione per l’estrema destra. Reggio Calabria è la patria di Ciccio Franco, alla cui ombra sono cresciuti politici ancora in pista che oggi tremano all’idea della piega che l’indagine delle tre Procure (oltre a Reggio, Milano e Napoli) possa prendere.

Seguendo quella pista, la Dia passa mesi in trincea. I riscontri non mancano. Non solo in Calabria. Seguendo le mosse di Paolo Martino, la Procura e la Dia arrivano a Milano dove il raggio di azione si amplia a nuovi personaggi che – come i precedenti – arrivano dalla Calabria e coltivano la stessa passione per un passato politico che non c’è più.

Uno di questi , in particolare, viene seguito per mesi e – quando gli investigatori stanno per gettare la spugna – improvvisamente porta gli inquirenti a battere una pista svizzera dove si incrociano uomini vicini alla Lega Nord o di essa addirittura dirigenti e uomini vicini alla cosca De Stefano o di essa addirittura diretta espressione.

La Procura di Reggio Calabria – e siamo nel 2011 – si ritrova così a gestire un filone del tutto inaspettato e allora, solo allora, entrano massicciamente in scena le Procure di Milano e Napoli. Carte, documenti, memorie, server e pc che in questi giorni sono stati sequestrati daranno ancora moltissima linfa all’inchiesta che – nonostante un “parto” di 13 anni – appare ancora alle battute iniziali.

Lombardo applica il metodo che caratterizza le sue indagini. “Solo investigando con profili professionali altamente qualificati – dichiara al Sole-24 Orescandagliando tra gli intrecci societari e imprenditoriali, facendo rivivere inchieste ben fatte che per vari motivi non hanno portato ai successi auspicati e scambiando dati e informazioni in tempo reale tra Procure, è possibile giungere a risultati significativi”.

Per questo appaiono difficilmente riferibili a indagini così lunghe e strutturate e dunque non strumentalizzabili nei tempi e nei modi, le parole dell’ex segretario della Lega Nord Umberto Bossi, secondo il cui parere l’indagine "sa tanto di organizzato, noi siamo nemici di Roma padrona, ladrona e farabutta".