Dario Montana, fratello di Beppe ucciso dalla mafia, dà fastidio ai potenti: Asi siciliane sotto scacco

La calunnia è un venticello un'auretta assai gentile che insensibile sottile leggermente, dolcemente, Incomincia a sussurrar”.

Le parole, ovviamente, non sono mie ma del librettista Cesare Sterbini per il Barbiere di Siviglia di Gioacchino Rossini. Ben si adattano, però, a quanto sta accadendo a Dario Montana, commissario del Consorzio industriale di Catania e fratello di Beppe Montana, il commissario di Polizia ucciso da Cosa nostra il 28 luglio 1985. Due vite – una spenta dalla mafia – spese per la legalità.

Eppure a Catania, in questi giorni, c’è chi comincia ad attaccare Dario Montana che da quando si è insediato, il 13 dicembre 2010, ha fatto quel che nessuno aveva fatto prima: installato un servizio di videosorveglianza, riammesso nei lotti del Consorzio un’impresa che ha denunciato i boss e che era stata esclusa per motivi burocratici, denunciato alla Corte dei conti alcune aziende per presunti danni di oltre 14 milioni, aperto un dialogo continuo con Prefettura, Forze dell’Ordine e magistratura. Insomma: rotto il fronte dell’omertà che fino al suo insediamento era la regola.

E allora il sospetto è che, bocciata la legge siciliana che avrebbe dovuto riformare i consorzi industriali, si riaffaccino con forza in tutta l’isola appetiti mafiosi e inconfessabili.

POCHE CHIACCHIERE

In poco più di 8 mesi Dario Montana ha:

1)     ricostruito gli organi;

2)     fronteggiato le emergenze di natura finanziaria dell’Ente, a fronte di una possibile dichiarazione di imminente stato di insolvenza del Consorzio (il bilancio provvisorio aveva uno squilibrio di €. 18.255.247,69 e sono state avviate le procedure necessarie per indicare i mezzi finanziari per far fronte ai debiti che emergevano dai contenziosi ammontanti a €. 11.362.182,82, nonché provveduto a individuare un percorso virtuoso teso a ridurre l’esposizione dell’Ente);

3) affrontato le problematiche relative all’impianto di videosorveglianza;

4) riorganizzato gli uffici e ridotto la litigiosità all’interno dell’amministrazione.

Note e protocolli si sono sprecati.

Il primo atto d’indirizzo, del 22 dicembre 2010 aveva un oggetto che era già tutto un programma: “Denuncia alla Corte dei Conti debiti fuori bilancio” indirizzata al dirigente generale, ai dirigenti d’area e ai responsabili del procedimento. Con questo atto è stata richiamata l’attenzione sull’obbligo di denuncia alla Corte dei conti, evidenziando le conseguenze dell’omessa o ritardata denuncia.

Poi è toccato, il 2 marzo 2011, alla “Regolamentazione accesso uffici consortili”, con la quale è stato invitato il dirigente generale a regolamentare l’accesso agli uffici fornendo i criteri applicativi. Chiara la motivazione “Si rappresenta la necessità di procedere senza indugio alla richiesta di regolamentazione, sia al fine di regolare l’accesso di utenti e visitatori e di assicurare adeguati livelli di sicurezza degli uffici, sia al fine di rendere concreto ed esigibile il principio di trasparenza dell’azione amministrativa e di prevenire ogni possibile fenomeno di infiltrazione criminale”.

A ruota il monitoraggio del contenzioso, la verifica dei protocolli di legalità sottoscritti e l’aggiornamento sulle denunce presentate alla Corte dei conti e alla Procura (tre casi).

I PRESUNTI DANNI

Nel periodo di attività della gestione commissariale sono state presentate denunce per supposti danni, alla procura regionale della Corte dei conti, per un valore di 14 milioni e sono in corso approfondimenti istruttori e valutazioni da parte degli Uffici per altri presunti danni, procedure espropriative e collaudi.

E, come se ci fosse bisogno di porre ancora l’accento sulla rivoluzione apportata e sposata appieno dall’assessore Venturi, Montana ha adottato un atto d’indirizzo con il quale si dispone la trasmissione automatica al comando della Guardia di finanza di tutte le richieste di cessione di ramo d’azienda.

A fine 20o1, come scrivevo sinteticamente in testa, Montana ha riammesso la ditta Acim, oggetto di una pesante vicenda estorsiva e intimidatoria, denunciata dalla ditta stessa che ha così contribuito alla condanna degli estorsori, compreso quel Totuccio Pace fratello di Domenico, killer del giudice Rosario Livatino.

COSA C’E’ SOTTO

In pieno agosto l’assessore regionale rilascia una serie lunghissima di dichiarazioni raccolte dall’Agenzia Italpress: «Non voglio entrare in polemica con coloro che di fatto hanno bloccato la riforma delle Asi, anzi colgo l'occasione per evidenziare che le azioni che si sono intraprese hanno fatto uscire allo scoperto i tanti comitati di affari e le relative collusioni con la mafia che si annidano all'interno dei Consorzi Asi siciliani. Sostenere, però, che l'elezione di Cicero abbia fatto cadere la riforma delle Asi è quantomeno fuorviante. Cicero è stato eletto democraticamente presidente dall'assemblea dell'Ente e non da me. La sua azione commissariale è stata apprezzata da tutte le componenti politiche, sindacali e imprenditoriali del territorio».

Queste le prime dichiarazioni prendendo spunto dalle critiche seguite alla nomina di Alfonso Cicero a commissario straordinario delle Asi di Enna e Caltanissetta.

Marco Venturi aggiunge: «Vorrei sapere se è stato sbagliato sostenere che i Consorzi si sono trasformati in carrozzoni clientelari e luoghi dove si fanno affari con soggetti collusi con la mafia, che invece di sostenere lo sviluppo delle imprese lo ostacolano. Per esempio: si dovrebbe sapere che i siti del Calderaro a Caltanissetta, o a Catania in cui aveva sede la vecchia Zir, sorgono in aree con forti problematiche ambientali e idrogeologiche che si conoscevano benissimo sin da allora. Come mai sono state realizzate in quei luoghi? Quali interessi si annidavano su quei terreni? Sono le denunce degli intrecci tra mafia, politica e affari, ciò che Cicero ha fatto in qualità di commissario dei consorzi di Caltanissetta ed Enna, il motivo della mancata approvazione della riforma delle Asi? Una riforma 32 articoli approvati e due, fondamentali, impallinati col voto segreto importante, anche e non soltanto mediaticamente, che avrebbe fatto risparmiare alla Regione circa 4 milioni di euro l'anno, in una fase storica drammatica per l'Italia dove si chiedono sacrifici ai lavoratori ed ai pensionati per superare una crisi economica senza precedenti. Cicero, tra le diverse circostanziate denunce sottoposte all'autorità giudiziaria, ha alzato il velo degli intrecci mafia, politica e affari. Un esempio su tutti riguarda la scandalosa gestione del frigomacello, costruito dal’'impre
nditore colluso Pietro Di Vincenzo, costato 20 miliardi di vecchie lire e regalato agli imprenditori madoniti Giaconia, la nota azienda che spazia dalla macellazione delle carni alla grande distribuzione. Una struttura immensa del valore di locazione di 240 mila euro annui concesso a 25 mila euro violando ogni procedura di legge. Per non parlare di un lotto concesso in comodato d'uso ad una ditta poi sequestrata per reati di mafia, di cui il prestanome, attualmente agli arresti, era un noto pericoloso affiliato al clan dei Madonia. Tali gravi intrecci, e altro, si sono consumati al tempo della presidenza di Umberto Cortese, durata ininterrottamente 35 anni, uomo di assoluta fedeltà dell'ex assessore alla sanità Bernardo Alaimo di cui Cortese era anche suo segretario particolare
».

Infine la stoccata finale. «È noto – ha puntualizzato Venturiche il debito prodotto dalle Asi è di circa 100 milioni di euro; gli sprechi per gli 800 componenti dei consigli generali sono sotto gli occhi di tutti; gli stipendi d'oro degli 11 direttori, circa 150 mila euro annui, suonano come una provocazione allo stato di grave difficoltà economica che colpisce la collettività. Tutto questo spreco coperto dalla politica in cambio di nessuna risposta all'economia siciliana. L'Irsap (l'Istituto regionale per lo sviluppo delle attività produttive, ndr) avrebbe cancellato tutti questi sprechi – conclude Venturi – dotando la Sicilia di un organismo snello e capace di incidere realmente nell'economia di ogni territorio. Sostenere che a molti, di maggioranza e opposizione, compreso alcuni esponenti del Pd, fanno comodo alcuni privilegi legati ai sottogoverno delle Asi non è un atto di accusa ma è la realtà dei fatti».

Insomma è chiaro che chi tocca le aree di sviluppo industriale rischia di fare una brutta fine. Se poi c’è il venticello…..

r.galullo@ilsole24ore.com

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