Cave e ambiente/1 Alla Lombardia il record di siti dismessi: 2888 – Il caso delle discariche di Brescia

La Lombardia è tra le regioni con il maggior prelievo annuale di materiale come sabbia e ghiaia. Ed è una cosa del tutto logica, sol che si pensi alla locomotiva, anche da punto di vista edilizio, che rappresenta.

La quantità di cave in funzione presenti è tra le più alte d’Italia: 558 siti, mentre quelle abbandonate e dismesse raggiungono livelli record con 2.888 cave.

Uno dei territori in cui le attività estrattive stanno segnando il paesaggio e la vivibilità dei cittadini è quello della provincia di Brescia, area del Paese dove decine di cave sono state trasformate in discariche, nonostante fossero previsti numerosi progetti per il ripristino ambientale principalmente ad uso agricolo.

Tra i Comuni maggiormente interessati ce ne sono alcuni in particolare nei quali le attività estrattive mostrano una massiccia presenza che ha inevitabilmente degenerato la qualità dei territori e del paesaggio: è il caso di Rovato, Ospitaletto e Montichiari, ma anche di Rezzato e Montirone per l’area tra Brescia ed il Lago di Garda.

Proprio a Montirone l’amministrazione comunale – ricorda il Rapporto di Legambiente di cui da alcuni giorni sto scrivendo e rimando dunque al recente archivio – ha recentemente fatto richiesta di togliere i vincoli di tutela ad una zona agricola limitrofa inserendo la stessa nel Piano cave della Provincia. Si tratta di un’area di 800 mila metri quadrati in un contesto che vede già il 15% delle aree agricole del territorio comunale adibito ad aree estrattive.

A Chiari invece, anche a causa delle cave di prestito necessarie per la realizzazione dell’Alta Velocità per Venezia e della nuova Autostrada Bre.Be.Mi., l’impatto sul territorio delle escavazioni è vistosi, con cave di pianura che si sviluppano sempre più in profondità e singoli siti estrattivi da oltre 1,5 milioni di metri cubi estratti.

Noa la vicenda che interessa Montichiari, dove già nel 1986 è stato autorizzato il primo centro di smaltimento comprensoriale di rifiuti speciali pericolosi, con una capacità di 2.216.057 metri cubi, ricavato nell’area di una cava dismessa. Oggi nello stesso territorio sono presenti altre mega-discariche tutte ricavate in aree precedentemente sfruttate per l’estrazione di materiali inerti.

Una situazione simile è quella riscontrabile ad Ospitaletto; qui, unitamente ai Comuni di Castegnato, Passirano e Paderno, il problema principale è rappresentato dalla possibile apertura di una discarica, l’ennesima all’interno di un’ex area di estrazione. Il sito in questione dovrebbe ospitare oltre 4 milioni di metri cubi di rifiuti, a testimoniare ancora una volta come quello della franciacorta sia una delle aree del Paese più penalizzate sia dalle attività estrattive sia dagli usi successivi di questi lembi di territorio che in questo modo non assisteranno mai ad un adeguato ripristino ambientale.

AI CONFINI

In Piemonte sono presenti 472 cave attive e 311 tra siti dismessi ed abbandonati. Si tratta quindi di una Regione con una notevole quantità di attività estrattive, diffuse sia nelle zone di collina sia in quelle di pianura.

Nell’area golenale del Ticino, tra le province di Novara e Varese, sono stati scavati negli ultimi anni milioni di metri cubi di terreno ed i conseguenti “crateri” creati sono stati utilizzati per il conferimento di rifiuti speciali. “Si tratta di una procedura purtroppo lecita e comune ad altre aree del Paese – secondo il giudizio di Legambiente e che vedrà un sicuro proseguimento se il Piano delle attività estrattive della Provincia di Novara (Paep) consentirà, come previsto, nei prossimi dieci anni di cavare 18 milioni di metri cubi di materiale in tre aree ben definite: il bacino dell'Agogna, quello dell'Est Sesia e quello dell'Ovest Ticino”.

Le principali località interessate dalle attività estrattive sono quelle di Romentino, Trecate e Cerano, tutti Comuni del novarese, da cui si preleva il 70% del materiale dell’intera Provincia.

Spostandoci di pochi chilometri, sul lato lombardo in provincia di Varese, si registra una situazione analoga, con numerose cave di inerti attive e progetti di ampliamenti.

In particolare nella Valle della Bevera, nelle vicinanze di Cantello, è nato un comitato di protesta che raggruppa decine di associazioni in seguito alla decisione di Provincia e Regione di ripristino ambientale della cava situata sulla collina Tre Scali, inattiva da ben 25 anni. In realtà il piano prevede una sistemazione ambientale che permette l’escavazione di 1,5 milioni di metri cubi di ghiaia per realizzare dei gradoni di 8 metri d'altezza l'uno per 4 di larghezza che partono dai 418 metri sul livello del mare fino a 320 metri. “Quest’opera è contestata – conclude il Rapporto di Legambienteanche per il concreto pericolo di danneggiamento delle falde acquifere che riforniscono oltre il 60% del fabbisogno idrico del capoluogo Varese. Ma risalendo il percorso del Ticino ed osservando le sponde del Lago Maggiore si incontrano altre gravi situazioni di degrado paesaggistico derivato dalle attività estrattive, sia in Lombardia sia in Piemonte. Si tratta di cave di marmo ed altre pietre ornamentali non più in attività e lasciate ad uno stato di completo abbandono”.

5 – to be continued (le precedenti puntate sono state pubblicate il 22, 25, 26 e 27 luglio)

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