Modena si rivolta contro l’arrivo del boss dei Casalesi Egidio Coppola, che non vuole stare a Piacenza

Se decideste di aiutare un tossico a smettere di drogarsi lo mandereste a Scampia in mezzo agli spacciatori? Credo di no.

Se decideste di aiutare un alcolizzato a smetterla col bicchiere lo mandereste in una cantina? Presumo di no.

E se doveste mandare un camorrista in soggiorno obbligato lo mandareste in terra di camorra! Ma no, caro Galullo, che cosa ti passa per la capa?

Ebbene per la capa a qualcuno – incredibile ma vero – è passata quest’idea meravigliosa e oggi un’intera collettività insorge all’idea di ospitare Egidio Coppola.

La cosa straordinaria è che la terra di camorra non è Napoli e neppure Caserta ma, udite udite, la provincia di Modena. Per la precisione il paese che dovrebbe ospitare Coppola è Bomporto, neppure 10mila anime a pochi passi da Nonantola. Insomma: la cabina di regia dei Casalesi in Emilia-Romagna. Il regno incontrastato della camorra in questa meravigliosa regione.

Ma andiamo con ordine perché ne vale la pena.

CHI E’ COPPOLA

Egidio Coppola è il cognato di Walter Schiavone, per come menzionato dal collaboratore di giustizia Franco Di Bona nel processo Spartacus. Sua sorella Nicolina avrebbe dunque sposato il fratello di Francesco “Sandokan” Schiavone.

Vale a dire che stiamo palando del “gotha” dei Casalesi.

Cognato sì, cognato no (a parte quella indicazione di Di Bona non c'è alcuna altra traccia della parentela), Coppola, nel passato al carcere duro, è stato condannato per associazione camorristica a sette anni di reclusione dalla seconda sezione della Corte di Assise del tribunale di santa Maria Capua Vetere, presidente Catello Marano e giudice a latare Raffaello Maggi, estensore delle tremila pagine della motivazione della sentenza depistata il 9 giugno 2005. Coppola  risulta, secondo i giudici,  già appartenente alla organizzazione Nuova Famiglia (sentenza del Tribunale di Napoli del 17 novembre 1983) e al clan Bardellino (sentenza del 29 aprile 1986), pur se le condanne per tali affiliazioni risultano limitate all’anno 1982 (416 semplice). Inoltre, risulta condannato per possesso di armi relativamente a fatti risalenti al 1985. Insomma: un tipino raccomandabile.

Coppola – a cui è stato affibiato il piacevole e simpatico soprannome di “Brutus” – finisce di scontare l’ultima condanna e, comunque sottoposto al regime di sorveglianza speciale, che cosa fa? Se ne va in soggiorno obbligato proprio a Sorbara, una frazione di Bomporto, dove da tempo è insediata una simpatica cricca di persone conosciute dalla Giustizia. Vale a dire che finisce tra braccia amiche, visto che quella parte di provincia modenese sta alla camorra come Messi sta al gioco del calcio.

PERCHE? A BOMPORTO?

Ma chi lo manda a Bomporto? Bella domanda, visto che neppure il sindaco, Alberto Borghi (la cui intervista andrà in onda lunedì 2 maggio nella mia trasmissione “Sotto tiro” in onda su Radio24) lo sa. “Stiamo indagando – dichiara – e aspettiamo risposte. Dalle voci che abbiamo raccolto sembra che sia stato proprio lui a chidere di venire a Sorbara. Incredibile”.

No, caro sindaco, di incredibile non c’è nulla. Sua moglie, con i figli, si era già trasferita lì a dicembre, nonostante la residenza rimanesse a Camposanto, in provincia di Parma (nel cui carcere era recluso Coppola).

Una scelta causale? A leggere un’intervista con Coppola – sulla quale a breve torneremo – sì. Io non ci credo.

LA REAZIONE

Fatto sta che il sindaco Borghi si mette alla testa di un comitato spontaneo – sindaci della zona in primis – che chiede di scongiurare il pericolo. Il senatore Giuliano Barbolini, con un’interrogazione parlamentare, il 22 aprile chiede ai ministri dell’Interno e della Giustizia, Roberto Maroni e Angelino Alfano, lumi sulle iniziative che il Governo intende prendere e intanto definisce “assurdo che una figura che ha rivestito un ruolo di spicco nel clan dei Casalesi venga trasferita in un territorio dove può intessere rapporti ed attività di tipo criminoso dal momento che, secondo documenti trasmessi dal competente Comando dei Carabinieri al Comune di Bomporto, la persona in oggetto starebbe già operando per dare corpo a un reticolo di relazioni che sembrerebbero avvalorare le preoccupazioni precedentemente espresse”.

Confesercenti, che a Modena è molto battagliera, si schiera con i sindaci. Che proprio oggi, sabato 30 aprile, hanno sfilato per la legalità e contro questa decisione.

Confesercenti “teme la riorganizzazione sul territorio di gruppi ed attività criminose. Occorre non vanificare i risultati raggiunti fino ad ora da Magistratura e Forze dell’Ordine”.

IL TERRITORIO

E non si può certo dire che Modena sia una provincia in cui la camorra non prospera e non minaccia. Sei pannelli fotografici della mostra "Scampia. Volti che interrogano" sono stati danneggiati esattamente una settimana fa all’interno della chiesa della Beata Vergine Addolorata di Modena. Lo ha reso noto il parroco, don Paolo Boschini. L’ho sentito poche ore fa (tra qualche giorno manderò in onda la sua intervista nella m ia trasmissione). “E’ inutile nascondersi – dice – la camorra qui c’è. Non sono un eroe ma la denuncio. Il gesto delle croci tracciate sui manifesti è un gesto chiaramente intimidatorio. Ma sa qual è la cosa strana?” Mi dica, padre. “Che ancora adesso – risponde don Boschini ci sono persone che mi avvicinano e mi dicono di non parlare di camorra”.

Omertà, omertà e omertà. Questo è ciò che le mafie chiedono, la parola d’ordine per svolgere i propri traffici. La parola fa paura. E fanno paura anche le foto della mostra curata da Davide Cerullo, che proprio a Nonantola risiede.

PAROLA DI COPPOLA

Il 21 aprile la Gazzetta di Modena intervista Egidio Coppola e titola: “Ho pagato, ora voglio poter vivere – Chiedo ai sindaci di mettermi alla prova. Ho chiuso con quelli là”. Nell’intervista dice di non sapere che in un bar di Sorbara si svolgevano riunioni di Casalesi, che se lo avesse saputo non sarebbe lì e che i boss dei clan, dalle sue parti, li conoscono tutti e che, infine, nel carcere li impari a conoscere ancor di più.

Ma a un certo punto….A un certo punto il collega Alberto Setti gli chiede: “Coppola, ma lei non dovrebbe essere a Piacenza? Ecco la risposta: «A Piacenza ho vissuto un po', anni fa, quando decidemmo di lasciare la Campania. Sono stato sette anni a Follonica, poi per una questione vecchia di una dozzina d'anni mi hanno arrestato. Ero in carcere a Parma. Mia moglie e i miei figli nel frattempo hanno lasciato Follonica. Per essere più vicini a me, hanno preso la residenza, incluso il sottoscritto, a Camposanto, vicino a parenti. Ora abbiamo solo chiesto di spostare la residenza da Camposanto a Sorbara, dove abbiamo trovato casa in affitto».
E Piacenza…?”, incalza il collega Setti. “«E' la città scritta ancora negli atti in mano alla Commissione di Santa Maria Capua Vetere, che sono datati. A Piacenza oggi non saprei dove stare…».
Non so se il collega Setti gli abbia chiesto di Piacenza perché sapeva che la Procura distrettuale antimafia di Bologna – per la prima volta – sta accendendo i riflettori proprio su quella provincia nella quale, da tempo e in maniera silenziosa, le mafie stanno investendo. In particolar modo la ‘ndrangheta.

E allora viene il sospetto – che nella spartizione geografico-territoriale degli affari mafiosi – Coppola “non possa” andare a Piacenza e “possa” invece restare a Bomporto, provincia di Caserta a dispetto del sindaco e delle migliaia di persone che con le mafie non vogliono avere nulla a che fare e che si sono stufate di avere ciò che di più caro anno, luoghi e affetti, inquinati dai camorristi.

 r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica alle 0.15 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.

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    troppe chiacchiere morte , troppa filosofia ! siete dei perditempo . il camorrista non va buttato un galera o trasferito in territori dove puo riprodursi coe una sorta di metatstasi a spese del comune , ma va inviato ai lavorti forzati , come si fa in America .
    non c’è verso stiamo spianando la strada al fascismo più biego che sempre di più mi è simpatico.

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