Sanità in Calabria: nei Pronto soccorso infermieri dimettono pazienti al posto dei dottori (ma c’è chi lo denuncia)

La scorsa settimana per la mia trasmissione radiofonica “Sotto tiro” in onda alle 6.45 su Radio 24 (chiunque la può ascoltare comodamente cercandola su www.radio24.it) ho avuto il piacere di intervistare  la dottoressa Angela Riccetti, dal 1° agosto 2007 responsabile medico del Pronto soccorso di Praia a Mare (manderò in onda l’intervista domani, martedì 22 febbraio).

Per chi non avesse la (s)fortuna di conoscere Praia a Mare, vi informo (conoscendo quei posti come le mie tasche) che è una ex perle nell’Alto Tirreno cosentino.

Dico ex perla perché tutta quella fascia (da Maratea a Paola, passando per Diamante, Belvedere, Sangineto, Cittadella, Cetraro e via di questo passo) negli anni Settanta/Ottanta è stata devastata da un sacco edilizio senza precedenti. Non solo. Quel buontempone dello Stato ha pensato di mandare proprio a Scalea in soggiorno obbligato diversi camorristi che con gli anni hanno cementato affari e amicizie con le cosche cosentine, a partire dalla cosca Muto di Cetraro, di cui si parla sempre troppo poco ma che nel silenzio è una delle peggiori della Calabria.

Quanto vi racconto è per inquadrare socialmente la zona, che è altresì ricca di scansafatiche (si lavora qualche mese d’estate negli alberghi e poi per il resto ci si fa mantenere da mammà o dalle pensioni familiari generosamente elargite negli anni anche a chi potrebbe correre la maratona di New York), teppaglia variamente assortita e larghissimo ricorso all’impiego pubblico (perlopiù uffici postali, comuni e comunità montane minuscole dove si lavora niente e si fa la bella vita).

E la brave gente, direte voi? Ce n’è, ce n’è, solo che – come avviene purtroppo in gran parte del Sud e particolarmente in Calabria – è schiacciata da quella poltiglia miserevole di malapolitica, malaffare, massoneria deviata e ‘ndrangheta. Condita qua e là da un sindacato parassitario e colluso e da una Chiesa silente.

Bene. Sulla dottoressa Riccetti delle due l’una: o è una pazza visionaria e allora va rinchiusa in un Ospedale psichiatrico giudiziario e gettata la chiave non prima di essersi fatti restituire tutti gli stipendi ricevuti (con interessi salati) e tante scuse agli infermieri (con relativo risarcimento del danno per le gravi e non provate accuse) oppure è un’eccezione che conferma la regola in una sanità e in una pubblica amministrazione che in Calabria sono allo sbando e allo sfascio. Insomma: è uno di quei rarissimi casi di dirigenti che andrebbero messi sotto vetro e portati in giro per la Calabria dicendo: “Visto che anche da noi esistono persone oneste, incorruttibili e capaci? Ma se le lasciamo sole, visto che oltretutto sono così rare, da beni preziosi li trasformeremo in fenomeni da baraccone- A voi, cari concittadini calabresi, la scelta”.

Tertium non datur, perché la dottoressa Riccetti ha avuto il coraggio di denunciare a destra e manca (dall’Azienda ospedaliera alla politica e ora forse manca solo la magistratura) una cosa che – se fosse vera – ha dell’incredibile: alcuni infermieri nell’Ospedale di Praia a Mare dimettono i pazienti falsificando gli atti. Gli infermieri capite? Non i dottori! Direttamente loro in Pronto Soccorso! Ma in quale altro posto al mondo (Sud d’Italia escluso) trovate queste storie così avvincenti ed emozionanti?

Il 26 giugno 2008 Riccetti viene informata per iscritto che gli infermieri di turno quella mattina, senza che il medico in servizio ne fosse a conoscenza, visitarono e quindi dimisero una piccola paziente, “falsificando la firma del sanitario”, dichiara testualmente Riccetti.

Vista la comunicazione, la gravità e la rilevanza penale del fatto, Riccetti informò la direzione sanitaria “per i provvedimenti che la stessa ritenesse di dover assumere”, scrive la responsabile del Pronto soccorso che prosegue: “poiché continuavano a verificarsi ancora gravi fatti nel servizio, sempre nei turni in cui erano presenti gli stessi infermieri, e poiché non era stato assunto alcun provvedimento dalla Direzione Sanitaria di Presidio, a giugno 2009 informai di nuovo la stessa Direzione Sanitaria e nel contempo inviai la lettera, per conoscenza, alla Direzione Generale dell’Asp di Cosenza”.

La cosa si sbloccherà, finalmente, penserete voi! Ingenui che non siete altro! Nei giorni successivi Riccetti riceverà graziosi cadeau: in primis una busta con tre proiettili a mezzo posta, a domicilio, tanti quanti i componenti della famiglia, per la quale presentò denuncia contro ignoti.

Nel corso dei mesi ha ricevuto: taglio delle gomme dell’autovettura, biglietti minatori nello spogliatoio dell’Ospedale, nelle tasca del camice e, in questi giorni, un biglietto con tre cappi fatti probabilmente con il sangue, oltre ad “azioni persecutorie e intimidatorie da parte della Direzione ospedaliera, finalizzate a far dimettere la sottoscritta, tutte circostanziate e dimostrabili (disposizioni di servizio, lettere al Commissario dell’Asp, abuso di provvedimenti disciplinari, etc.)”, come dichiara al Sole-24 Ore.

Nel frattempo, comunque, la Direzione generale istituì una commissione disciplinare. Bene, ripenserete voi, finalmente la luce! Eccome no: alla fine del proprio lavoro la commissione ritenne di assegnare ad altri reparti quegli infermieri, in attesa di un approfondimento dei fatti, per palese incompatibilità ambientale e lavorativa.

Riccetti inviò un’informativa anche all’ufficio valutazione rischio clinico dell’Asp di Cosenza. “Ma quanto deliberato dalla commissione aziendale – dichiara testualmente Riccettivenne disatteso dal Direttore sanitario del Presidio ospedaliero di Praia a Mare senza ragionevole motivo. Per cui intervenne la Direzione generale dell’Asp per dare corso al deliberato, che prevedeva l’allontanamento dal reparto di quegli infermieri”.

Dopo un periodo di tranquillità e regolare funzionamento del servizio, il Direttore sanitario del Presidio, con gli ordini di servizio del 22/04/2010 e del 30/06/2010, aveva infatti disposto il rientro nel reparto di Pronto soccorso degli operatori in questione , “determinando di fatto una situazione di incompatibilità ambientale e lavorativa all’interno del Pronto soccorso che la sottoscritta segnalava al nuovo Commissario dell’Asp di Cosenza”, afferma ancora Riccetti.

Un’ulteriore commissione disciplinare interna, disposta dal Commissario, con nota Asp n. 52898 del 10/05/2010, ribadì le stesse conclusioni (depositate il 03/06/2010) a cui era pervenuta la prima commissione e che davano ragione sulla sussistenza di una incompatibilità ambientale e lavorativa e pertanto concludeva: “nelle more che si completino i procedimenti penali e disciplinari in corso, nel rispetto dei ruoli istituzionali, si ritiene opportuno che le parti in causa non si trovino a condividere lo stesso ambiente di lavoro, al fine di evitare il reiterarsi di situazioni di incompatibilità, trattandosi di un servizio che opera spesso in condizioni di emergenza – urgenza, è senza dubbio auspicabile che il clim
a lavorativo sia improntato alla collaborazione ed alla fiducia di tutte le figure professionali presenti
”.

Conclusioni a tutt’oggi disattese -  chiude Riccettiin quanto il Direttore sanitario del Presidio di Praia a Mare si rifiuta di attenersi alle disposizioni derivate dalle conclusioni della commissione medesima e richiamate all’esecutività con ulteriore disposizione del 01/12/2010, dal Commissario dell’Asp di Cosenza. Oggi, la situazione ambientale e lavorativa all’interno dell’Unità operativa di Pronto soccorso è estremamente preoccupante e pericolosa non solo per la sottoscritta ma anche per gli altri operatori e soprattutto per le conseguenze negative che potrebbe provocare sugli utenti che si rivolgono al servizio”.

Ora avete capito amati lettori perché delle due l’una? O la dottoressa Riccetti ha ragione e allora che la scure amministrativa e giudiziaria si abbatta sugli infermieri e su quanti le hanno ostacolato la vita oppure ha torto e allora sia messa alla pubblica gogna e gli infermieri in questione riabilitati e risarciti! Il Governatore Beppe Scopelliti, commissario per la Sanità in Calabria, avrà modo e tempo di intervenire nei confronti dell’ Azienda sanitaria cosentina?

Chissà se il Governo risolverà il quesito. Eh si perché il deputato cosentino del Pd Franco Laratta ha pensato bene di presentare un’interrogazione urgente al ministro dell’Interno e a quello della Salute proprio per sapere che iniziative il Governo intenda prendere per vederci chiaro in questa storia.

Pensate anche voi – come me – che i due ministri e il nostro Esecutivo saranno in tutte altre vicende affaccendati? Forse sì ma il compito del giornalismo è quello di accendere i riflettori su queste storie anche se l’amara conclusione è che in questa storia molti calabresi hanno perso un’altra occasione per dimostrare che sono un popolo civile come gli altri.

r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica alle 0.15 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.

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  • claudio |

    Egregio Dott. Galullo vorrei precisare che l’indagine “Reale 3” è una delle ultime inchieste che riguardano Vincenzo Cesareo e sottolineare che è stato raggiunto da un “provvedimento restrittivo” emesso dalla Procura di Reggio Calabria su richiesta della DDA. Certamente non è uno sconosciuto agli inquirenti: intercettazioni telefoniche con il Boss Franco Muto e sotto inchiesta della guardia di finanza per atti illeciti compiuti nel ruolo di Direttore Sanitario. I due fratelli di Cesareo Vincenzo ( Carmen e Roberto) ed il cognato Delfino Lucieri (già condannato), furono arrestati e tutt’ora sono imputati nell’ambito dell’operazione AZIMUT della DDA di Catanzaro a seguito della quale furono arrestati oltre 70 soggetti affiliati al Clam Muto. Cesareo Vincenzo fu sospeso dalla carica di Consigliere Provinciale nel 1990/91 proprio perchè ritenuto affiliato al Clam Muto dalle Forze dell’Ordine, dal Prefetto e dall’allora Ministro degli Interni. Proprio nei mesi scorsi ( 14.10.10) il giornale L’Unità ha riportato le gravissime notizie riferite alle presente affiliazioni al Clam Muto di Cesareo Vincenzo di cui al procedimento penale N. 527/06 della DDA di Catanzaro. Come divulgato da numerosi altri giornali e su internet, del soggetto se ne sta occupando la Commissione parlamentare Antimafia in relazione alla candidatura del 2010 alla carica di Consigliere Regionale. Sicuramente nei prossimi mesi avremo ancora sue notizie.

  • PIPPO |

    Finalmente……………qualcuno che denuncia con cognizione di causa……………Forza Calabria SVEGLIAMOCI

  • Totonno |

    Perdonate l’intromissione, ma Vincenzo è il Dr. Cesareo indagato a margine dell’operazione antimafia “Reale 3”?
    Ovvero, è colui che secondo il GIP della Procura di Reggio Calabria si sarebbe recato a casa di Giuseppe Pelle, a capo dell’omonima Cosca della Locride, chiedendogli il sostegno elettorale?
    Solo per capire chi sta scrivendo cosa…

  • pasquale montilla |

    Direttore ,
    la sanita’ calabrese e’commissariata. Nessun direttore sanitario nominato dalla “nuova” politica inutile e probabilmente trasversale potra’ cambiare con determinazione ed efficacia questa configurazione attuale fallimentare.
    Il sistema e’ blindato e qualunque operatore sanitario che prova a protestare legittimamente con eleganza subira’ una sorta di originale ma efficace delegittimazione professionale.
    La collega e’ semplicemente vittima di questo sistema e la sanita’ calabrese fatta anche di gente sana e intellettuamente onesta sottoposta al solito volgare giro nell’inferno.Quello che e’ successo a lei nel bene e nel male e’ comunque un aspetto marginale rispetto all’orrore del cinismo politico-sanitario che a volte si e’ costretti a subire.
    La Calabria appare sempre di piu’ una vittima in un pronto soccorso sfortunato e non credo che la piu’ selezionata e non clientelare colonia di infermieri specializzati possa dimetterla in buona salute.
    dr.Pasquale Montilla

  • galullo |

    Egregio dott. Cesareo nel ribadire che nessuno (tantomeno chi le scrive) ha mai messo in dubbio che l’Ospedale di Praia a mare sia un gioiello sanitario (non era infatti quello il motivo del servizio e il giudizio spetta comunque in primis all’utenza oltre che a voi operatori), ribadendo dunque che nessun nocumento può ricevere da quanto un giornalista riporta raccontando un fatto con tanto di nome, cognome e accuse, ribadendo infine che nessuno (tantomeno chi le scrive) ha la benchè minima idea di giocare al massacro (anche perchè mi sono limitato a riportare un caso ben specifico e non altro, laddove il massacro che comunque non reintra nel mio dna giornalistico implica uno spargimento di sangue mediatico), a testimonianza della libertà di questa umile agorà che anche lei fortunatamente frequenta, la invito a scrivere un articolo, che pubblicherò ben volentieri, in risposta alle accuse della dottoressa Riccetti. Accuse che oltretutto non sfiorano lei dott. Cesareo, essendo le stesse indirizzate al caso, ripeto, specifico e puntuale, di firme falsificate in presenza di inconsapevolezza da parte dei medici preposti.
    Un suo articolo sarebbe il modo migliore di alimentare un confronto e aiutare l’opinione pubblica a formarsi un giudizio.
    Infine vorrei sottolineare che io non ho messo in relazione le intimidazioni all’attività. Le ho solo descritte. A farlo, semmai, e se rieterrà nelle sue denunce alla magistratura e agli organi preposti, sarà la stessa dottoressa Riccetti e ad appurarlo saranno le forze dell’Ordine. Certo è che le coincidenze sono coincidenze.
    Cari saluti
    Roberto Galullo

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