Il 13 luglio Giovanni Zumbo dichiara ai Carabinieri: “so tutto, se mi pento scuoto Reggio Calabria”.

Da qualche tempo a Reggio Calabria e nei palazzi del potere politico romano si fa un gran parlare di Giovanni Zumbo, il commercialista, ex amministratore giudiziario di beni confiscati alla ‘ndrangheta di cui a lungo ho scritto sul Sole-24 Ore e su questo blog (si vedano da ultimi i post del 15 e 17 settembre, 5, 7 e 8 ottobre).

Le sue mezze parole setacciate nelle intercettazioni ascoltate, le sue mezze ammissioni, le sue mezze verità o mezze bugie sempre sussurrate nel ricevitore di un cellulare o captate nelle intercettazioni ambientali, lo fanno descrivere ai pm come un uomo vicino-vicino ai servizi segreti. Contiguo anche se da esterno, sembrerebbe anche a tener fede alle sue parole. Ma è davvero così?

E’ in grande confidenza con i Ros, almeno a quel che lui dice. E in grado di non avere segreti in alcune stanze della Procura di Reggio Calabria. Tutto ciò con uno scopo, secondo i pm, ben preciso: informare molti ‘ndranghetisti delle indagini e delle inchieste in corso, a partire dalla temuta cosca Pelle di San Luca. Vale a dire il gotha della ‘ndrangheta in grado di influenzare ogni cosa in regione e non solo.

Giovanni Zumbo è diventato dunque un anello di collegamento ritenuto vitale da quanti pongono l’accento sul fatto che tutto quanto sta accadendo a Reggio Calabria e in quella regione da qualche tempo a questa parte non può essere frutto della sola ‘ndrangheta. E di questo ne sono convinti – o sembrano convincersi – ormai tutti.

Tutti tranne il Governo. Almeno a vedere come ha risposto all’interpellanza parlamentare avanzata da 34 deputati di Pd, Idv, Fli e Mpa e a vedere le reazioni che sono scaturite dopo la veemente presa di posizione dell’onorevole Angela Napoli ad Annozero, che cercava di dire una cosa ovvia: la Calabria sta per esplodere e voi cantate, ballate e vi date alla pazza gioia.

Bene, come sapete da alcuni giorni sto scandagliando il decreto di fermo che ha condotto all’arresto, poche settimane fa, di Domenico Demetrio Praticò, indicato dai pm di Reggio come uno degli organizzatori della messa in scena che portò al ritrovamento di un auto piena di munizioni lungo la strada che avrebbe i 21 gennaio attraversato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita ufficiale.

In quel decreto di fermo, a meno che non sia un caso di omonimia (nulla dicono in proposito i pm), a pagina 95, nell’organigramma della cosca Latella, vale a dire dell’onorata società di Croce Valanidi, un Giovanni Zumbo viene indicato con il grado di “sgarrista”.

Zumbo, secondo la ricostruzione dei pm,  è la fonte confidenziale che tra il 20 e il 21 gennaio spiffera ai Carabinieri esattamente quale auto era imbottita di munizioni e dove era stata parcheggiata, in modo che fosse rinvenuta.

LE NOBILI MOTIVAZIONI

Ad un certo punto, scrivendo esplicitamente della “messa in scena” del ritrovamento dell’automobile, (pagina 141 del decreto) i pm affermano che per quanto riguarda le motivazioni che sottendono alle rivelazioni fatte da Giovanni Zumbo a Giuseppe Pelle, è evidente che Giovanni Ficara (si vedano i precedenti post per conoscerne il profilo, ndr) , sponsor di Zumbo presso Pelle, stesse perseguendo una strategia di accreditamento con uno dei principali capi cosca non solo della zona Jonica della provincia di Reggio Calabria ma dell’intera ‘ndrangheta, “al quale venivano offerte, in anteprima ed in esclusiva, notizie vitali sulle più importanti operazioni investigative in corso, dando la possibilità all’interlocutore, ancora una volta, di strumentalizzarle a fini di strategia mafiosa”.

Accreditamento disinteressato? Certamente no ma finalizzato, scrivono ancora i pm a pagina 148,  ad un apparentamento tra Giovanni Ficara e Giuseppe Pelle, indispensabile anche nell’ottica della contrapposizione con il cugino, Giuseppe Ficara.

Le conversazioni confermano, per i magistrati, l’assunto accusatorio e cioè che Giovanni Ficaracercava di collocare una ‘spina nel fianco’ dell’inconsapevole organo investigativo del Rono del Comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria, eventualmente anche ai danni del cugino rivale ricorrendo all’espediente del ritrovamento dell’auto piena di armi. Nel contempo, stringeva una salda alleanza la famiglia Pelle di San Luca, da poter tra l’altro spendere sul piano locale cittadino e far ‘pesare’ nei confronti dell’inviso parente, mettendo sul piatto della bilancia la possibilità di fornire notizie riservatissime e di fondamentale importanza sulle più importanti indagini in corso”.

Tutto ciò, con l’insostituibile collaborazione fornita, in entrambi i casi, da Giovanni Zumbo.

Insomma, come scrivevo anche nel post del 5 ottobre, a mio giudizio ci troviamo di fronte ad un dato di fatto: la centralità della cosca Pelle di San Luca nella ‘ndrangheta calabrese ai fini criminali ma anche (se non soprattutto) a quelli politici. E vedrete che questo ragionamento che sto conducendo ci tornerà utilissimo quando – tra qualche giorno – tornerò a scrivere dei contatti ravvicinati tra alcune cosche e alcuni politici.

SE PARLO VIENE GIU’ IL FINIMONDO

Al momento dell’esecuzione del fermo nei confronti di Giovanni Zumbo, il 13 luglio 2010 nell’ambito della cosiddetta operazione Il Crimine, alle ore 18 lo stesso Zumbo rende dichiarazioni spontanee. A verbalizzare presso il comando provinciale dei Carabinieri è il tenente Giuseppe Lumia, che  nella relazione di servizio sintetizza così le dichiarazioni spontanee :

“1) si sentiva (Zumbo ndr) uno stupido per aver commesso i fatti contestatigli nel provvedimento a suo carico, perché lui viveva dei proventi del suo lavoro e non aveva mai percepito del denaro in cambio delle suo operato;

2) loro (riferendosi a terze persone di cui non faceva il nome) lo avevano lasciato in pace per un po’ di tempo, ma poi, all’inizio del 2010, erano tornati ad inquietarlo e lui si era lasciato convincere a collaborare;

3) loro (idem come sopra) si erano rivolti a lui perché lui era Giovanni Zumbo che conosceva tutti ed era rispettato da tutti e sul versante ionico c’erano molti latitanti importanti tra cui Sebastiano Pelle e Giorgi. Lui era stato mandato da Giuseppe Pelle perché conosceva Giovanni Ficara dagli anni ’90, epoca in cui era stato amministratore giudiziario dei beni sequestrati alla cosca Ficara-Latella;

4) non avrebbe dovuto fidarsi di loro (idem come sopra)  perché – evidentemente – solo lui ne stava pagando le conseguenze, mentre loro se ne stavano uscendo puliti;

5) quello che stava confidando al sottoscritto non lo avrebbe ripetuto ai magistrati, precisando che lui era a conoscenza di ogni cosa successa a Reggio Calabria negli ultimi dieci anni e, semmai avesse deciso di pentirsi, le sue dichiarazioni avrebbero scosso l’intera città”.

Ora vi lascio con alcune riflessioni prima di darvi appuntamento ai prossimi post in cui analizzerò la presunta, vera, verosimile o falsa appartenenza di Giovanni Zumbo ai servizi segreti militari o civili.

Ve l’immaginate se, in un momento in cui sembra che due nuovi pentiti di ‘ndrangheta starebbero raccontando alcune cose ai magistrati reggini, cosa potrebbe succedere se Zumbo si pentisse, come (equivocamente) lascia intendere?

Dico equivocamente perché parla con i Ros dei Carabinieri ma dice che quelle cose non verranno ripetute ai magistrati. Ma come
può un uomo di esperienza come Zumbo lasciarsi andare a questa affermazione ben sapendo che lo scotto da pagare è alto?

Dico equivocamente perché lancia messaggi con quel “loro” intorno a cui i pm si avviteranno, come vedremo nel prossimo post. Anche perché le risposte che riceveranno dagli organismi preposti (e vedremo quali) lasciano aperte le porte a molte interpretazioni. Chi sono realmemte “loro”?

Dico equivocamente soprattutto perché dice esplicitamente (a chi lo dice? A chi manda, eventualmente, un messaggio?) che lui sa tutto di quel che è successo a Reggio negli ultimi 10 anni e se parla son dolori. Dolori amari.

Ed un’ultima riflessione: qualcuno può veramente credere che un commercialista di Reggio Calabria (per quanto abile, bravo, scafato e con le conoscenze giuste) ammesso e non concesso che se ne dimostri la colpevolezza, possa davvero essere quell’eminenza grigia, quel grande vecchio, quell’esponente della borghesia borderline con la mafia, che tesse le trame più oscure a Reggio e regione? No, al massimo può essere un pupo ma il puparo, i pupari vanno verosimilmente trovati tra quei “loro” ai quali Zumbo sembrerebbe lanciare volontariamente ed equivocamente dei messaggi di aiuto. Un sos che se verrà raccolto porterà presto l’inchiesta a sgonfiarsi, se verrà rifiutato porterà una nuova stagione di veleni e violenze. In questo ragionamento c’è una variabile “impazzita”: alcuni magistrati della Dda di Reggio non guardano in faccia a nessuno e andranno dunque avanti per la propria strada e se ne infischieranno dei messaggi esplosivi mandati a suocera perché nuora intenda.

E ora, lettori curiosi, vi do appuntamento al prossimo post nel quale le sorprese non mancheranno.

r.galullo@ilsole24ore.com

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  • Caesare |

    Caro Roberto,
    volevo segnalarti che “lo Zumbo” è nominato anche nel decreto di fermo dell’indagine “Il Crimine” e precisamente nello stralcio che tu hai pubblicato il 19 luglio sul blog.
    Riporto di seguito il passo in cui si fa riferimento a tale Zumbo Giovanni:
    “nella conversazione in trattazione, Nicola si domanda cosa aspetti il GULLÌ a passare di qua (nella locale OLIVETO o CROCE VALANIDI) anche in considerazione del fatto che “da questo lato” vi è già il cognato che indica con il nome Giovanni. Il cognato in questione si identifica in ZUMBO Giovanni il quale è cognato di Giacinto avendo sposato CUZZOCREA Mattia sorella di CUZZOCREA Caterina, sorella di Mattia.”
    Tu nel presente post dici che nel decreto di fermo relativo al ritrovamento della vettura con armi si fa riferimento ad un Giovanni Zumbo “sgarrista” della locale di Croce Valanidi. Se rileggi il passo che ti ho segnalato puoi verificare che tale riferimento anche lì risulta chiaro. Voglio dire che, al netto di omonimie, Giovanni Zumbo in due decreti di fermo viene indicato, una prima volta, come appartenente alla locale di Croce Valanidi o Oliveto (si tratta dell’inchiesta “ Il Crimine” e nel passo segnalato trovi anche riferimenti parentali); una seconda volta (nel decreto di fermo dell’auto con le armi) Zumbo non solo viene indicato come appartenente alla locale di Croce, gli viene anche attribuito la dote di “Sgarrista”.
    Insomma altro che informatore, commercialista, segretario del noto politico sottosegretario-di-giunta, qui si ha a che fare, certo al netto di omonimie, con un soggetto organico alla ndrangheta reggina e, con ogni probabilità, “ufficiale di collegamento” di questa con il variopinto mondo della masso-politica calabrese e nazionale (in cui sguazzano le figure istituzionali “deviate”: esponenti delle forze dell’ordine, dei servizi segreti, della magistratura, dell’amministrazione pubblica, ecc..)
    PS
    Ciao Fabio, sono Silvio

  • Fabio Cuzzola |

    Di cosa dovrebbe parlare Zumbo se è un informatore dei Servizi, che i Servizi già sanno e non vogliono che altri sappiamo?

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