Il Vescovo di Locri non nomina mai la parola ‘ndrangheta a Polsi. Perché i mafiosi sono anche ricchi fedeli?

Ho avuto modo di apprezzare il Vescovo di Locri-Gerace monsignor Giuseppe Fiorini Morosini che il 2 settembre è stato ospite della mia trasmissione su Radio24Un abuso al giorno” (chi volesse può ascoltare la puntata su www.radio24.it andando nell’archivio del programma).

Le sue parole di condanna alla ‘ndrangheta sono state sì improntate alla prudenza ma in ogni caso piene di speranze nei confronti di un luogo, Polsi, il cui Santuario che sta celebrando in questi giorni la Festa della Madonna della Montagna è purtroppo anche un sito caro alle cosche (si veda in archivio il post che ho scritto due giorni fa su questo blog).

Mai, dunque, mi sarei aspettato che nella veglia notturna tra il 1° e il 2 settembre proprio a Polsi, pronunciasse una liturgia nella quale mai e poi mai ha pronunciato la parola ‘ndrangheta. Mai, come ha anche notato ieri sul Corriere della Sera il collega Fabrizio Caccia.

Leggere la liturgia, lo ammetto, mi ha lasciato un sapore molto amaro.

 

LUOGO SIMBOLO DELLA CALABRIA

 

Eppure monsignor Morosini, nel momento in cui la sua liturgia è entrata nel vivo dell’attualità, ha ricordato che Polsi “è uno di quei santuari da dove giustamente si guarda alla realtà della nostra terra, che non riesce a risolvere i suoi problemi, che non riesce a decollare socialmente ed economicamente, che soffre ancora della piaga dell’emigrazione dei suoi figli migliori, che non riesce a togliersi di dosso l’immagine di terra del male, dell’illegalità, della violenza, della sopraffazione”.
Illegalità è il massimo che evidentemente è stato possibile inserire in un contesto in cui non dico ‘ndrangheta ma almeno criminalità organizzata ci stava come i peperoni sui fusilli.

Monsignor Morosini, in vero, poco dopo sembra prendere quota quando afferma: “In questo Santuario si è consumata l’espressione più terribile della profanazione del sacro ed è stato fatto l’insulto più violento alla nostra fede e alla tradizione religiosa dei nostri padri. Polsi, luogo di fede sofferta e di speranze inespresse; Polsi luogo di pietà semplice e devota; Polsi scuola di religiosità semplice ed umile, è diventato luogo violato e profanato da conterranei e fratelli di fede, che hanno tradito la fede vera, pretendendo assurdamente di ricevere dalla Vergine Maria la benedizione sui loro patti illegali, sui loro progetti non certamente a favore della vita, sulla spartizione di un potere ingiusto”.

 

GLI OCCHI PUNTATI

 

Ahimè il discorso, dopo essere decollato, si è avvitato in una spirale dalla quale a mio giudizio non si è più ripreso. “Dopo che le televisioni di tutto il mondo hanno trasmesso le inconfutabili immagini di raduni illegali in luogo santo da parte di chi ha inteso fare un cattivo uso di esso con la pretesa di dare un fondamento religioso alle loro attività illegali – ha detto Morosini – oggi gli occhi sono rivolti su di noi, aspettando da questo mio discorso una forte ed energica presa di posizione. C’è forse attesa di che cosa dirà il Vescovo. Ci si chiede se si ripeteranno ancora raduni illegali accanto alle manifestazioni di fede”.

A NOI POCO IMPORTA

 

Chi scrive ha in mente la forza delle parole di monsignor Giancarlo Maria Bregantini, il predecessore di Morosini dal 1994 al 2007 prima di essere rimosso ed essere nominato Arvivescovo di Campobasso-Boiano.

Monsignor Bregantini ha marchiato con parole di fuoco contro le cosche questa terra e su queste a breve tornerò.

Ho avuto un sussulto nel leggere quello che ha pronunciato il Vescovo di Locri-Gerace poche ore fa. “Cari fratelli, se anche oggi ci saranno incontri e patti illegali, del tipo di quelli che hanno intercettato l’anno scorso le Forze dell’ordine – ha detto Morosini – a noi poco importa. Sono cose che non ci riguardano. A noi interessa contemplare il volto materno di Maria espresso nell’antichissima statua di pietra qui conservata e riascoltare le parole con le quali S. Paolo parla del mistero dell’Incarnazione, come mistero dell’accompagnamento di Dio con l’uomo…

Leggere che “sono cose che non ci riguardano” l’ho trovato imbarazzante. Così come ho trovato davvero strano leggere che “se altri vengono qui con l’illusione di poter dare un significato religioso alle loro attività illegali, che nulla hanno da condividere con la nostra fede cristiana, o a trasmettere poteri che sono espressione non dell’amore di Dio, è un problema loro e non nostro: questo sia chiaro una volta per sempre. La Chiesa ha parlato con estrema chiarezza e lo afferma nuovamente in questo momento in forma solenne: non c’è alcuna cosa che ci lega, cari fratelli che avete scelto la strada dell’illegalità per costruirvi la vita, le vostre ricchezze, il vostro potere, il vostro onore. Lo ripeto, non c’è nulla che possiamo condividere. I nostri cammini non si congiungono a Polsi, se mai si dividono ancora di più, si distanziano maggiormente, anche se in noi credenti rimane la nostalgia di avere anche voi come fratelli di fede, che dinanzi all’immagine della Vergine possano sentire l’invito di Gesù alla conversione”.

Ora – e ripeto ancora: nel rispetto massimo di Monsignor Morosini – posso apprezzare il fatto che il Vescovo sia stato chiaro nel diverso cammino intrapreso tra chi rispetta la legalità e chi no ma non riesco davvero a capire come possa essere considerato “un problema loro e non nostro”. Loro di chi?

E non lo capisco per due motivi. Primo perché il compito di ciascun pastore è (dovrebbe essere) quello di riportare (o cercare di riportare) a casa le pecore smarrite.

Ma il secondo motivo per il quale non capisco questo prendere le distanze è il fatto che monsignor Morosini come qualunque altro prete che opera in Calabria sa che l’omelia – ogni domenica o festa comandata –  non viene ascoltata solo dai puri di anima e di cuore ma anche dagli impuri di anima e di cuore. Che, anzi, sono sempre in prima fila, riempiono le “buste”, sollevano i baldacchini e portano la Croce in processione. E anche ammesso (e non concesso) che l’indifferenza sia il maggior disprezzo, è questo che si chiede a un pastore di anime (senza distinzione tra pure e impure?).

IL FUOCO DI MONSIGNOR BREGANTINI

 

Ma torniamo all’attuale Arvivescovo metropolita di Campobasso-Bioano, monsignor Bregantini. Il 2 aprile 2006, dopo un attentato che aveva distrutto diverse migliaia piantine di lamponi di una delle cooperative più attive del Progetto Policoro, quella della ''Valle del Bonamico'' nella Locride, fece leggere a tutti i parroci la seguente lettera in occasione della vicina Pasqua.

 ''Condanno nel più forte dei modi questa ripetuta violazione della santità della vita'  nella Locride. La condanno con la scomunica. Quella stessa scomunica che la Chiesa lancia contro chi pratica l'aborto, è ora doveroso, purtroppo, lanciarla contro coloro che fanno abortire la vita dei nostri giovani, uccidendo e sparando, e delle nostre terre, avvelenando i nostri campi, in applicazione estensiva del Canone 1398 Cjc, sentendo che questa grave sanzione giuridica ci aiuterà di certo a prendere sempre più coscienza del tanto male che ci avvolge, per poi saper reagire con fermezza e ulteriore impegno nel bene, nella difesa della vita, nella preghiera sempre più intensa per chi fa il male, nella formazione in parrocchia, seminando speranza nelle scuole, negli oratori, nei gruppi ecclesiali'… Per questo è necessario 'risvegliare le nostre coscienze, perché mai si lascino abituare al male, ma sempre possano attivare le necessarie forme di reazione, nella logica della Pasqua anche con le tante lacrime versate in questi giorni''.
La scomunica capite? E chi altri parlò di scomunica ai mafiosi? Il 9 maggio ’93 ad Agrigento, l’allora Papa Carol Wojityla Giovanni Paolo II si scagliò con un vero e proprio anatema contro la mafia e i mafiosi che chiamò per nome.

Ve li vedete voi Giovanni Paolo II o Monsignor Bregantini o il più umile e grande Don Peppe Diana dire in piazze intrise di Cosa Nostra, ‘ndrangheta e Camorra: “Le nostre strade qui si dividono e l’illegalità è un problema vostro?”.

 

 

IL SANTUARIO NON SI CHIUDE

 

Ora non si può certo pensare o dire che monsignor Morosini non sia un uomo di mondo abituato a che fare con gli immondi. E non si può dunque non apprezzare, a fronte din una, come dire, timidezza dialettica, alcune uscite “teatrali” che hanno caratterizzato la sua liturgia, come quando ha detto che “come Vescovo non mi sento, miei cari fedeli, come mi è stato chiesto direttamente e indirettamente in questi giorni sulla stampa, di interrompere questa vostra tradizione di fede, di chiudere il Santuario, d
i proibire la processione; per dire e dimostrare che cosa? Che chiudiamo questo santuario perché qui alcuni compiono azioni illegali e sanciscono patti di morte? Dovrei umiliare la vostra fede e la vostra devozione, carissimi fratelli qui presenti, per dire all’Italia che la Chiesa prende provvedimenti? Contro chi? Contro la vostra fede sincera? Contro la vostra devozione? Contro la vostra speranza? No, non lo farò mai; tradirei la mia missione di Vescovo e di guida religiosa; umilierei tutti voi, dei quali ogni anno constato la devozione mentre sfilate dinanzi alla Vergine; vedendovi piangere dinanzi ad essa e raccogliendo insieme agli altri sacerdoti le vostre confidenze nelle confessioni
”.
Non si può certo dire che manchino nella manica del monsignore gli assi. Che cala uno dopo l’altro. Leggete questo: “Voi siete la verità e la realtà Polsi! Voi e la vostra fede siete la grandezza di questo giorno e di questo Santuario”.
E poi l’effetto obbligatorio e finale: “La Madonna ci voglia benedire”.

Per la cronaca: tra le mani che si sono fatte il segno della croce a Polsi c’erano anche quelle che grondavano sangue. Tra le bocche che hanno ospitato il sangue e il corpo di Cristo c’erano anche quelle di chi detta ordini di morte e sofferenza. Tra le fronti bagnate dall’acqua santa c’erano anche quelle che hanno elaborato o elaboreranno strategie di morte. Tra i cuori  passati dai segni liturgici c’erano anche quelli di chi cuore non ha.

Che la Madonna ci benedica. “Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani, le tue mura sono sempre davanti a me.
I tuoi costruttori accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te (Is 49
)”

r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Martedì 7 settembre sarò in collegamento telefonico con il nuovo ciclo di “Perfidia” in onda in Calabria su Telespazio alle ore 21.30. Il programma è condotto da Antonella Grippo

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  • arnaldo pascoli |

    caro Galullo,
    niente nomi solo cognomi, quindi non pubblichi.
    può un sostituto procuratore condurre tutta la sua carriera di inquirente in terra di mafia nello stesso distretto ?
    o meglio spostarsi indenne solo fra i distretti della stessa regione, la Calabria nello specifico ?
    e può poi passare, per meritata anzianità, alla Corte d’appello nella stessa regione ?
    Può insomma prima inquisire e poi giudicare in appello se non gli stessi procedimenti, gli stessi gruppi criminali ? la risposta è si.
    Ma se appena arrivato un nuovo valente procuratore, il 3 gennaio mettono l’ordigno in corte d’appello anzichè in procura per festeggiare la sua promozione, che vuol dire ?
    l’avvertimento è chiaro, vista la mole di processi che stanno arrivando in appello, appunto.
    e visto che ci balocchiamo da anni con le fughe di notizie, le connivenze etc. mi pare chiaro sia il senso dell’ordigno di agosto sia come fosse amichevolmente condotta la procura prima.
    maddai !

  • lustig |

    Caro Roberto, aggiungo soltanto un commento ai tuoi articolo.
    A volte, sentendo parlare certi esponenti del clero e della politica di queste prese di distanza dall’illegalità, torno indietro di 35 anni, ai tempi delle BR.
    Ricordi le due scuole di pensiero? Chi li definiva terroristi assassini (i mons. Bregantini di allora) e chi compagni che sbagliano… caro…
    Un saluto ed un augurio di buon lavoro.

  • galullo |

    Caro Attilio Spano,
    il mondo è bello perchè è vario. L’Italia, poi, non ne parliamo: finchè ci sarà uno straccio di democrazia ognuno è libera di pensarla come vuole.
    Il senatore Marcello Dell’Utri considera lo stalliere mafioso Mangano un eroe: cosa vuole che sia il suo preferire altri a mons. Bregantini costretto a lasciare la Calabria perchè ormai era stata decisa la sua morte?
    Per la cronaca: finchè ci sarà democrazia continuerò a citare mon. Bregantini e considerarlo un pastore di vita.
    Roberto Galullo

  • Attilio |

    ..per la cronaca… il monsignore ora “relegato” ad arcivescovo di Campobasso, calpestando le vittime della mafia aveva intenzione di dedicare una scuola elementare ed una strada ad un pentito di mafia… dobbiamo ancora citarlo? o non sarebbe forse il caso di stendere un velo pietoso sulle azioni del succitato?

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